In un mio precedente post (link) rimarcavo l'esigenza per il governo Monti di operare le misure indispensabili a salvarsi (cioé scongiurare il default) nonostante queste stesse misure possanno poi in un secondo momento risultare di ostacolo.
Per i mercati questo secondo momento è difatti già arrivato. Metabolizzata nel giro di un paio di giorni la manovra, il dito accusatore si è spostato dall'elevato debito in termini assoluti alla bassa crescita (ed a breve decrescita, del 2012, stando a tutte le previsioni) che potrebbe comunque rendere insostenibili i rapporti deficit/PIL e debito/PIL.
Quindi? Cosa se ne deve dedurre, che la manovra di Monti è già un fiasco?
In realtà no, ma per capirlo è necessario conoscere la differenza tra debito e deficit. Entrambi favoriscono l'approssimarsi della bancarotta, ma in modo differente.
In soldoni, il deficit misura quanto sono sostenibili i tuoi conti hic et nunc, il debito racchiude la storia degli errori fatti anche in precedenza. Il deficit (o il suo opposto, ovverosia l'avanzo primario) è lo squilibrio tra entrate ed uscite al netto degli interessi sul debito. Il deficit crea debito, e sul debito si pagano gli interessi, e se i tassi di interesse crescono velocemente il debito diventa insostenibile e non si riesce più a finaziarsi: bancarotta.
Già in passato ho evidenziato che la bancarotta raramente sopraggiunge per l'aver raggiunto un livello di debito esorbitante. Per dirne un paio, Argentina ed Irlanda hanno fatto bancarotta nell'ultimo decennio con debito pubblici attono al 60% del PIL. Quesllo italiano attualmente è al 120% e quello giapponese è oltre il 200% del PIL, eppure allo stato attuale né Italia né Giappone hanno fatto bancarotta.
La verità è che anche con un debito medio-basso si rischia il default se il deficit è alto: un deficit alto rende l'amministrazione pubblica sempre più dipendente dai prestiti, e questo genera sospetto sulla capacità di lungo periodo di far fronte ai propri debiti.
Praticamente tutte le nazioni che nel corso della storia hanno fatto bancarotta, la hanno fatta arrivandoci con deficit altissimi e fuori controllo.
Per questo Monti fa bene a fare tutto il possibile per ridurre il deficit, perché già facendo questo si rende più improbabile la bancarotta.
Certo, è possibile che questo non possa bastare, perché anche in presenza di avanzo primario gli interessi sul debito italiano sono tali da poter obbligare il governo a fare nuovo debito per ripagare gli interessi sul debito preesistente. E' una possibilità, non si può negare.
Ma anche in questo caso è bene abbassare il debito, anzi, forse ne è la ragione principale.
Immaginiamo per un attimo lo scenario della bancarotta tipica: abbiamo un governo che non riesce a pagare gli interessi, e che non ha soldi in cassa per mandare avanti la machina pubblica senza chiedere in prestito altri soldi; soldi però che nessuno vorrà prestare perché, se non ti riesce di pagari i tuoi debiti oggi, figurarsi domani...
Ecco, azzerando il deficit questo scenario (tipico di quasi tutte le bancarotte viste fino ad oggi) non si avvererà. Perché se l'Italia azzera il suo deficit, anche se non riuscisse più a far fronte agli interessi sul suo debito, potrà comunque andare avanti da sola senza bisogno di rifinanziarsi. Se alla fine il bilanco tra entrate ed uscite (al netto degli interessi sul debito) è in pareggio, la bancarotta significa che domattina avremo ancora la macchina pubblica in funzione anche nel caso della bancarotta.
Non solo il deficit è una delle cause primarie della bancarotta, ma è anche ciò che, in caso di bancarotta conclamata, la rende ancora peggiore di quel che potrebbe essere.
Per questo è necessario arrivare al pareggio di bilancio il prima possibile. Chi non lo capisce non solo rende più probabile il nostro default, ma lo renderà anche più doloroso.
venerdì 30 dicembre 2011
lunedì 12 dicembre 2011
Dialettica
Da sinistra mi è stato fatto di recente notare che "la realtà è dialettica" (in senso hegeliano). In un certo senso è vero: la realtà è dialettica per i sinistri, perché io credere ciò permette alle loro testoline di avere maggiore libertà di azione negando via via le varie parti della realtà che non vanno loro a genio.
Se ne hanno esempi a vari livelli, dal quotidiano alla geopolitica.
L'uso che si fa da sinistra della dialettica serve generalmente a due scopi: masturbare il proprio ego e schermarsi dai propri fallimenti.
Schermarsi dai propri fallimenti
Il secondo punto è il meno interessante, ma è il più semplice e lo affronto per primo:
Peggio ancora, è anche un ipocrita, perché se oggi vuoi essere davvero controcorrente o ti fai missionario in uganda dove aver donato tutti i tuoi beni in beneficienza. Questi qua invece cercano comunque di cavarsela giocando allo stesso gioco di tutti gli altri (ma perdendo).
Disadattati, ipocriti, e perdenti: il peggio del peggio.
La discussione originaria ruotava attorno ad un volantino degli SS (=Studenti di Sinistra) che stigmatizzava la finanziaria-Monti perché penalizzava i consumi. Al che io feci notare che da 17 anni la sinistra si scaglia contro il consumismo, associandolo a Berlusconi ed a Mediaset (che per un sinistro sono il evil incarnate, ricordiamolo): "ebbene, ora si tira la cinghia, non è quel che volevate?".
"No" - fanno loro - "perché la realtà è dialettica". "Ah!"
Stronzate ragazzi: voi siete per la società dei consumi, ma contro i consumi degli altri. Volete che tutti siano degli sfigati/snob/radical-chic come voi. Non vi piacete e invidiate i comportamenti degli altri: per risolvere la situazione, tutti devono diventare come voi.
La realtà non è dialettica, siete voi che siete ipocriti e pieni di invidia: avete dato contro alla società dei consumi per 17 anni, ed ora che sta per andare a puttane per direttissima la rimpiangete.
Il che ci porta al punto centrale...
Masturbare il proprio ego
Acclarato che il sinistro è un rancoroso pieno di invidia, egli ambisce a masturbare il suo ego.
Il sinistro non sta tanto bene con se stesso, allora deve autoesaltarsi per qualche cosa e svilire l'operato altrui.
Il sinistro è al centro del mondo, nulla lo scuote da questa convinzione, e per estensione, ogni cosa dipende dalle azioni sue o di chi gli sta attorno.
Si arriva così a delle situazioni paradossali, come si è visto di recente a Milano: a Milano il sindaco comunista ha deciso che l'inquinamento si risolve mandando a casa le macchine. Per lui, infatti, l'inquinamento è causato da scelte individuali sbagliate, e coi blocchi del traffico mira a rieducare i concittadini per far abbassare l'inquinamento.
Peccato però che l'inquinamento non cooperi affatto (link). Cosa ci dice questo? Che sull'inquinamento agiscono altri fattori che sono o non antropici, o antropici ma non riducibili. In entrambi i casi si tratta di fattori su cui Pisapia non ha alcun controllo.
Ma a Pisapia, ed ai sinistri come lui, piace convincersi di avere controllo, piace convincersi che "tutto ruota intorno a te", come nella pubblicità dei telefonini. In un certo senso, sono le prime vittime della società dei consumi, visto che sono gli unici a credere di essere, come in una pubblicità i "masters of the universe".
Il negare la realtà (o meglio, l'imbrigliarla nel ruolo di antitesi dialettica anziché di pilastro di ogni possibile ragionamento) permette loro di credere che l'universo dipenda dalle loro puerili scelte.
Potremmo dire la medesima cosa del riscaldamento globale, al riguardo del quale non sussiste alcuna ragionevole prova che le attività umane stiano cambiando la temperatura del mondo (e già cosa significhi questo non si sa, ma vabbe') in modo inusuale per i normale cicli della Terra.
Questo credersi i signori del mondo li appaga: del resto, quando uno è insoddisfatto di sé, cerca occasioni di riscatto. Loro cercano occasioni di riscatto su larga scala (città, pianeta) perché amano combattere per battaglie ideali, così ideali che sono sconnesse dalla realtà.
Ovviamente questo, inutile negarlo, è disadattivo.
Un paziente di mia madre, rinchiuso in ospedale psichiatrico criminale, uccise l'intera famiglia sventrando moglie e figli. Dopo un atto simile, uno cosa fa, si suicida? Be', lui no, non si è suicidato: ha passato il suo tempo in manicomio per elaborare una sua teoria "ecologica" in base alla quale tutta la crosta terrestre deve essere completamente "dissodata" per rinnovarla e eliminare le "tossine" dal mondo ("teoria del manto terra", la chiamava). Vedete come funziona il suo cervellino?
L'ha fatta grossa e sa di averla fatta grossa, e per continuare ad andare avanti come se nulla fosse si reinventa salvatore dell'umanità: il massimo del disadattamento.
Ovviamente i sinistri non sono così disadattati, principalmente perché non si tratta di persone che possono scendere così in basso da trucidare moglie e figli. Ma la logica che sottende i loro (s)ragionamenti è identica a quella del malato mentale rinchiuso in cella.
Anzi, per la verità è un pelino più raffinata: perché essendo al contempo mossi dall'invidia, i sinistri aggiungono un ingrediente alla loro visione delle cose. Loro ci aggiungono "il colpevole".
La possibilità di individuare comportamenti e persone da colpevolizzare (antitesi) li assolve da ogni possibile responsabilità (fungendo da catalizzatore di "sintesi" hegeliana). Così all'improvviso chi a Milano prende la macchina diventa un "colpevole", un untore, uno cui dovrebbero togliere la custodia dei figli. Essendo il popolo di sinistra costituito per lo più da studenti, pensionati e statali, cioè comunque persone con un concetto molto flessibile ed elastico della parola "orario", è chiaro che per loro un blocco del traffico è qualcosa di pienamente gestibile.
I sinistri vogliono quindi che l'autorità pubblica cambi (per le loro puerili ragioni) le regole del gioco rendendo competitivamente più svantaggiate le persone diverse da loro.
La tattica del sinistro è quindi raffinata e mira ad ottenere cose tra loro interconnesse (esaltare se stessi, criminalizzare gli altri, schermarsi dai fallimenti), ma la sua strategia resta perdente.
Perdente perché nel lungo periodo il sinistro resta un infelice. Più è infelice e più si dissocia da mondo, e più lo fa più dovrà raccontarsela grossa la prossima volta per negare la spiacevole realtà.
Il sinistro ha perso prima di cominciare la battaglia più importante, quella con se stessi.
Se ne hanno esempi a vari livelli, dal quotidiano alla geopolitica.
L'uso che si fa da sinistra della dialettica serve generalmente a due scopi: masturbare il proprio ego e schermarsi dai propri fallimenti.
Schermarsi dai propri fallimenti
Il secondo punto è il meno interessante, ma è il più semplice e lo affronto per primo:
- ho fallito nella vita;
- ma la realtà ("il sistema") fa schifo ed è ingiusto;
- eureka! quindi io sono tra i falliti, ok, ma solo per colpa delle ingiustizie intriseche della società.
Peggio ancora, è anche un ipocrita, perché se oggi vuoi essere davvero controcorrente o ti fai missionario in uganda dove aver donato tutti i tuoi beni in beneficienza. Questi qua invece cercano comunque di cavarsela giocando allo stesso gioco di tutti gli altri (ma perdendo).
Disadattati, ipocriti, e perdenti: il peggio del peggio.
La discussione originaria ruotava attorno ad un volantino degli SS (=Studenti di Sinistra) che stigmatizzava la finanziaria-Monti perché penalizzava i consumi. Al che io feci notare che da 17 anni la sinistra si scaglia contro il consumismo, associandolo a Berlusconi ed a Mediaset (che per un sinistro sono il evil incarnate, ricordiamolo): "ebbene, ora si tira la cinghia, non è quel che volevate?".
"No" - fanno loro - "perché la realtà è dialettica". "Ah!"
Stronzate ragazzi: voi siete per la società dei consumi, ma contro i consumi degli altri. Volete che tutti siano degli sfigati/snob/radical-chic come voi. Non vi piacete e invidiate i comportamenti degli altri: per risolvere la situazione, tutti devono diventare come voi.
La realtà non è dialettica, siete voi che siete ipocriti e pieni di invidia: avete dato contro alla società dei consumi per 17 anni, ed ora che sta per andare a puttane per direttissima la rimpiangete.
Il che ci porta al punto centrale...
Masturbare il proprio ego
Acclarato che il sinistro è un rancoroso pieno di invidia, egli ambisce a masturbare il suo ego.
Il sinistro non sta tanto bene con se stesso, allora deve autoesaltarsi per qualche cosa e svilire l'operato altrui.
Il sinistro è al centro del mondo, nulla lo scuote da questa convinzione, e per estensione, ogni cosa dipende dalle azioni sue o di chi gli sta attorno.
Si arriva così a delle situazioni paradossali, come si è visto di recente a Milano: a Milano il sindaco comunista ha deciso che l'inquinamento si risolve mandando a casa le macchine. Per lui, infatti, l'inquinamento è causato da scelte individuali sbagliate, e coi blocchi del traffico mira a rieducare i concittadini per far abbassare l'inquinamento.
Peccato però che l'inquinamento non cooperi affatto (link). Cosa ci dice questo? Che sull'inquinamento agiscono altri fattori che sono o non antropici, o antropici ma non riducibili. In entrambi i casi si tratta di fattori su cui Pisapia non ha alcun controllo.
Ma a Pisapia, ed ai sinistri come lui, piace convincersi di avere controllo, piace convincersi che "tutto ruota intorno a te", come nella pubblicità dei telefonini. In un certo senso, sono le prime vittime della società dei consumi, visto che sono gli unici a credere di essere, come in una pubblicità i "masters of the universe".
Il negare la realtà (o meglio, l'imbrigliarla nel ruolo di antitesi dialettica anziché di pilastro di ogni possibile ragionamento) permette loro di credere che l'universo dipenda dalle loro puerili scelte.
Potremmo dire la medesima cosa del riscaldamento globale, al riguardo del quale non sussiste alcuna ragionevole prova che le attività umane stiano cambiando la temperatura del mondo (e già cosa significhi questo non si sa, ma vabbe') in modo inusuale per i normale cicli della Terra.
Questo credersi i signori del mondo li appaga: del resto, quando uno è insoddisfatto di sé, cerca occasioni di riscatto. Loro cercano occasioni di riscatto su larga scala (città, pianeta) perché amano combattere per battaglie ideali, così ideali che sono sconnesse dalla realtà.
Ovviamente questo, inutile negarlo, è disadattivo.
Un paziente di mia madre, rinchiuso in ospedale psichiatrico criminale, uccise l'intera famiglia sventrando moglie e figli. Dopo un atto simile, uno cosa fa, si suicida? Be', lui no, non si è suicidato: ha passato il suo tempo in manicomio per elaborare una sua teoria "ecologica" in base alla quale tutta la crosta terrestre deve essere completamente "dissodata" per rinnovarla e eliminare le "tossine" dal mondo ("teoria del manto terra", la chiamava). Vedete come funziona il suo cervellino?
L'ha fatta grossa e sa di averla fatta grossa, e per continuare ad andare avanti come se nulla fosse si reinventa salvatore dell'umanità: il massimo del disadattamento.
Ovviamente i sinistri non sono così disadattati, principalmente perché non si tratta di persone che possono scendere così in basso da trucidare moglie e figli. Ma la logica che sottende i loro (s)ragionamenti è identica a quella del malato mentale rinchiuso in cella.
Anzi, per la verità è un pelino più raffinata: perché essendo al contempo mossi dall'invidia, i sinistri aggiungono un ingrediente alla loro visione delle cose. Loro ci aggiungono "il colpevole".
La possibilità di individuare comportamenti e persone da colpevolizzare (antitesi) li assolve da ogni possibile responsabilità (fungendo da catalizzatore di "sintesi" hegeliana). Così all'improvviso chi a Milano prende la macchina diventa un "colpevole", un untore, uno cui dovrebbero togliere la custodia dei figli. Essendo il popolo di sinistra costituito per lo più da studenti, pensionati e statali, cioè comunque persone con un concetto molto flessibile ed elastico della parola "orario", è chiaro che per loro un blocco del traffico è qualcosa di pienamente gestibile.
I sinistri vogliono quindi che l'autorità pubblica cambi (per le loro puerili ragioni) le regole del gioco rendendo competitivamente più svantaggiate le persone diverse da loro.
La tattica del sinistro è quindi raffinata e mira ad ottenere cose tra loro interconnesse (esaltare se stessi, criminalizzare gli altri, schermarsi dai fallimenti), ma la sua strategia resta perdente.
Perdente perché nel lungo periodo il sinistro resta un infelice. Più è infelice e più si dissocia da mondo, e più lo fa più dovrà raccontarsela grossa la prossima volta per negare la spiacevole realtà.
Il sinistro ha perso prima di cominciare la battaglia più importante, quella con se stessi.
martedì 6 dicembre 2011
Giocare d'azzardo
Obama in politica estera è un giocatore d'azzardo. Questo può fare paura ad alcuni, me incluso, perché i giocatori d'azzardo quando perdono tendono poi a rialzare la posta per rifarsi delle perdite. Ma d'altra parte, se un giocatore d'azzardo vince non si può che decantarne le lodi.
Su Obama, allo stato attuale, non me la sento di sbilanciarmi in alcuno dei due giudizi. Solo che gli piace rischiare.
Certo, rischiando ha ottenuto alcuni successi, è innegabile. Ordinando l'attacco al "compound" di Abbottabad ha fatto uccidere Bin Laden. Ha condotto con successo una guerra in Libia col minimo dispendio di forze, al punto che mesi fa su questo blog prlavo di serio rischio di sconfitta militare.
Obama si è accollato alcuni rischi ed ha vinto, indubbiamente.
D'altra parte, però, si tratta solo di vittorie tattiche e non strategiche.
E per Obama non può che essere così, poiché Obama non ha una strategia complessiva per il Medio Oriente. Non sa veramente cosa fare, come gestire quella regione nel lungo periodo, sa come gestire le singole emergenze (con una significativa eccezione di cui parlerò a breve).
Nel 2009, mai scordarlo, Obama si presentò al Cairo per tessere le lodi di leader "saggi e moderati" come Mubarak. Lo stesso Mubarak che ora è trascinato in catene in un'aula di tribunale in attesa di una probabilissima condanna a morte.
La visione d'insieme di Obama, insomma, o non c'è ho è andata completamente a puttane dopo appena due anni dal suo insediamento, il che ai fini pratici è esattamente la stessa cosa.
Allo stesso modo, vincere in Libia per il rotto della cuffia è solo una vittoria tattica: hai rovesciato Gheddafi che era la merda del mondo, ok, ma se non hai modo di insediare dopo un governo che non sia anti-occidentale è completamente inutile.
La vittoria o comunque la rivincita degli islamisti in Libia, Tunisia ed Egitto è un problema strategico e l'Occidente, di cui Obama è comunque alla guida, deve trovare una risposta strategica a questo problema. e vincere singoli confronti (anche militari, come nel caso libico) non è la risposta adeguata.
C'è poi un problema che è sia tattico che strategico, e si chiama Iran. L'Iran sta puntando ad un confronto diretta con l'unica democrazia liberale della regione (Israele) e pone quindi sia il problema di come contenere l'Iran adesso, sia di come affrontare l'Iran nel lungo periodo.
La risposta di Obama a questo problema è stata finora del tutto insufficiente: siamo davanti a rapportui dell'AIEA che mostrano come sia inequivocabile che l'Iran si stia dotando di armi atomiche, in totale disprezzo ai trattati che l'Iran stesso ha sottoscritto. C'è materiale a sufficienza per giustificare qualunque genere di intervento, nel caso limite anche di usare la bomba, visto che l'Iran minaccia un giorno sì e l'altro pure di cancellare dalla faccia della terra 3 milioni di ebrei (ed i 4 milioni di palestinesi lì attorno, visto che le armi atomiche non faranno distinzioni etniche quando pioveranno dal cielo).
Obama, cui piacce giocare d'azzardo, si trova quindi davanti ad una scelta che non è opportuno rimandare, visto che ogni giorno che passa l'Iran è sempre più vicino alla bomba atomica.
Questa totale inazione americana, tra l'altro, sta facendo venire dei dubbi alla (pessima) leadership israeliana: "ma stai a vedere che Obama in realtà vuole creare un mini-equilibrio del terrore tra Iran ed Israele proprio come quello tra Pakistan ed India?".
E' un dubbio che sta venendo a molta gente, e che da una parte chiuderebbe la questione iraniana, perlomeno a livello tattico (nessun attacco sarebbe più possibile), sacrificando però il destino dell'unica democrazia liberale della regione.
Se la scelta di Obama sarà veramente questa, c'è da sperare che arrivi presto un nuovo inquilino alla casa bianca.
Su Obama, allo stato attuale, non me la sento di sbilanciarmi in alcuno dei due giudizi. Solo che gli piace rischiare.
Certo, rischiando ha ottenuto alcuni successi, è innegabile. Ordinando l'attacco al "compound" di Abbottabad ha fatto uccidere Bin Laden. Ha condotto con successo una guerra in Libia col minimo dispendio di forze, al punto che mesi fa su questo blog prlavo di serio rischio di sconfitta militare.
Obama si è accollato alcuni rischi ed ha vinto, indubbiamente.
D'altra parte, però, si tratta solo di vittorie tattiche e non strategiche.
E per Obama non può che essere così, poiché Obama non ha una strategia complessiva per il Medio Oriente. Non sa veramente cosa fare, come gestire quella regione nel lungo periodo, sa come gestire le singole emergenze (con una significativa eccezione di cui parlerò a breve).
Nel 2009, mai scordarlo, Obama si presentò al Cairo per tessere le lodi di leader "saggi e moderati" come Mubarak. Lo stesso Mubarak che ora è trascinato in catene in un'aula di tribunale in attesa di una probabilissima condanna a morte.
La visione d'insieme di Obama, insomma, o non c'è ho è andata completamente a puttane dopo appena due anni dal suo insediamento, il che ai fini pratici è esattamente la stessa cosa.
Allo stesso modo, vincere in Libia per il rotto della cuffia è solo una vittoria tattica: hai rovesciato Gheddafi che era la merda del mondo, ok, ma se non hai modo di insediare dopo un governo che non sia anti-occidentale è completamente inutile.
La vittoria o comunque la rivincita degli islamisti in Libia, Tunisia ed Egitto è un problema strategico e l'Occidente, di cui Obama è comunque alla guida, deve trovare una risposta strategica a questo problema. e vincere singoli confronti (anche militari, come nel caso libico) non è la risposta adeguata.
C'è poi un problema che è sia tattico che strategico, e si chiama Iran. L'Iran sta puntando ad un confronto diretta con l'unica democrazia liberale della regione (Israele) e pone quindi sia il problema di come contenere l'Iran adesso, sia di come affrontare l'Iran nel lungo periodo.
La risposta di Obama a questo problema è stata finora del tutto insufficiente: siamo davanti a rapportui dell'AIEA che mostrano come sia inequivocabile che l'Iran si stia dotando di armi atomiche, in totale disprezzo ai trattati che l'Iran stesso ha sottoscritto. C'è materiale a sufficienza per giustificare qualunque genere di intervento, nel caso limite anche di usare la bomba, visto che l'Iran minaccia un giorno sì e l'altro pure di cancellare dalla faccia della terra 3 milioni di ebrei (ed i 4 milioni di palestinesi lì attorno, visto che le armi atomiche non faranno distinzioni etniche quando pioveranno dal cielo).
Obama, cui piacce giocare d'azzardo, si trova quindi davanti ad una scelta che non è opportuno rimandare, visto che ogni giorno che passa l'Iran è sempre più vicino alla bomba atomica.
Questa totale inazione americana, tra l'altro, sta facendo venire dei dubbi alla (pessima) leadership israeliana: "ma stai a vedere che Obama in realtà vuole creare un mini-equilibrio del terrore tra Iran ed Israele proprio come quello tra Pakistan ed India?".
E' un dubbio che sta venendo a molta gente, e che da una parte chiuderebbe la questione iraniana, perlomeno a livello tattico (nessun attacco sarebbe più possibile), sacrificando però il destino dell'unica democrazia liberale della regione.
Se la scelta di Obama sarà veramente questa, c'è da sperare che arrivi presto un nuovo inquilino alla casa bianca.
lunedì 5 dicembre 2011
Il dilemma dell'isola deserta
Il dilemma dell'isola deserta funziona così: la vostra nave ha fatto naufragio, siete da soli su un'siola sperduta, avete dell'acqua ma non avete niente da mangiare.
State morendo di fame, e trovate infine una noce di cocco.
Ora, se vi prendeste cura della noce di cocco potreste sperare che divenga una palma e possa sfamarvi in futuro. Ma voi state morendo di fame ora, ed è improbabile che riusciate a sopravvivere quel tanto che basta per godere dei frutti della futura palma.
Quindi cosa fate? Pensate al presente e decidete di magiare la noce di cocco subito, sperando che vi dia energie quel tanto che basta perché qualcuno, da fuori, venga a salvarvi?
Oppure correte il rischio di morire di fame per rendere però più sostenibile nel lungo periodo la vostra permanenza sull'isola, nell'ipotesi che tanto nessuno verrà a cercarvi?
Bene, le polemiche attorno alla manovra finanziaria del neonato governo Monti ruotano attorno a questo dilemma ed alle scelte che comporta.
C'è chi accusa Monti di non avere visione strategica, ovverosia di lungo periodo, e di stare solo pensando a non fare affondare la barca senza badare a dove sta andando.
Questo genere di critica ha un nocciolo di verità: le misure di Monti sono cicliche, quindi, in questo caso, depressive per l'economia. Non stimoleranno la crescita economica, anzi, la penalizzeranno.
Su questo blog mi capitò mesi fa di dire che il debito pubblico non si taglia tanto (o non solo) con i tagli alla spesa, quanto con gli stimoli alla crescita.
Per cui capisco benissimo questo genere di critiche.
Ma c'è un "ma".
Quando scrivevo quelle cose, non eravamo ancora al dilemma dell'isola deserta, ovverosia non eravamo ancora sull'orlo della morte per fame.
Addebitare a Monti la scarsa propensione allo sviluppo è ingeneroso: Monti, proprio come il naufrago del dilemma, non ha alcun margine di manovra in queste condizioni. Può solo mangiare la noce di cocco, anche se questo nel lungo periodo non farà che peggiorare la sua situazione.
Ma se non lo fa, non ci sarà nessun lungo periodo.
Quando scrivevo che bisognava stimolare la crescita, il governo allora in carica (il Berlusconi IV, con Silvio all'apice della sua popolarità) aveva ampio margine di manovra per agire: se sei pieno di provviste, puoi permetterti di rinunciare ad una noce di cocco oggi per far crescere una palma domani. Berlusconi poteva, quando ha trovato un debito pubblico al 105% del PIL, puntare su riforme anticicliche che favorissero lo sviluppo. Non lo ha fatto, ha preferito sperperare soldi pubblici in ammortizzatori sociali, i quali hanno spinto il nostro debito ai livelli insostenibili di oggi e che ora semplicemente sono insostenibili.
Ha sprecato tempo quando la situazione offriva margini di pianificazione a più lunga scadenza, ed ora Monti si trova a gestire una situazione da "morte imminente" bersagliato di critiche di gente che lo accusa di non avere una visione strategica delle cose.
Chi muove queste accuse, dovrebbe capire che la strategia si fa da vivi, quando sei morto potevi essere pure un novello Napoleone, ma resti morto.
State morendo di fame, e trovate infine una noce di cocco.
Ora, se vi prendeste cura della noce di cocco potreste sperare che divenga una palma e possa sfamarvi in futuro. Ma voi state morendo di fame ora, ed è improbabile che riusciate a sopravvivere quel tanto che basta per godere dei frutti della futura palma.
Quindi cosa fate? Pensate al presente e decidete di magiare la noce di cocco subito, sperando che vi dia energie quel tanto che basta perché qualcuno, da fuori, venga a salvarvi?
Oppure correte il rischio di morire di fame per rendere però più sostenibile nel lungo periodo la vostra permanenza sull'isola, nell'ipotesi che tanto nessuno verrà a cercarvi?
Bene, le polemiche attorno alla manovra finanziaria del neonato governo Monti ruotano attorno a questo dilemma ed alle scelte che comporta.
C'è chi accusa Monti di non avere visione strategica, ovverosia di lungo periodo, e di stare solo pensando a non fare affondare la barca senza badare a dove sta andando.
Questo genere di critica ha un nocciolo di verità: le misure di Monti sono cicliche, quindi, in questo caso, depressive per l'economia. Non stimoleranno la crescita economica, anzi, la penalizzeranno.
Su questo blog mi capitò mesi fa di dire che il debito pubblico non si taglia tanto (o non solo) con i tagli alla spesa, quanto con gli stimoli alla crescita.
Per cui capisco benissimo questo genere di critiche.
Ma c'è un "ma".
Quando scrivevo quelle cose, non eravamo ancora al dilemma dell'isola deserta, ovverosia non eravamo ancora sull'orlo della morte per fame.
Addebitare a Monti la scarsa propensione allo sviluppo è ingeneroso: Monti, proprio come il naufrago del dilemma, non ha alcun margine di manovra in queste condizioni. Può solo mangiare la noce di cocco, anche se questo nel lungo periodo non farà che peggiorare la sua situazione.
Ma se non lo fa, non ci sarà nessun lungo periodo.
Quando scrivevo che bisognava stimolare la crescita, il governo allora in carica (il Berlusconi IV, con Silvio all'apice della sua popolarità) aveva ampio margine di manovra per agire: se sei pieno di provviste, puoi permetterti di rinunciare ad una noce di cocco oggi per far crescere una palma domani. Berlusconi poteva, quando ha trovato un debito pubblico al 105% del PIL, puntare su riforme anticicliche che favorissero lo sviluppo. Non lo ha fatto, ha preferito sperperare soldi pubblici in ammortizzatori sociali, i quali hanno spinto il nostro debito ai livelli insostenibili di oggi e che ora semplicemente sono insostenibili.
Ha sprecato tempo quando la situazione offriva margini di pianificazione a più lunga scadenza, ed ora Monti si trova a gestire una situazione da "morte imminente" bersagliato di critiche di gente che lo accusa di non avere una visione strategica delle cose.
Chi muove queste accuse, dovrebbe capire che la strategia si fa da vivi, quando sei morto potevi essere pure un novello Napoleone, ma resti morto.
lunedì 28 novembre 2011
Con tre giorni di ritardo, ma ci è arrivato anche il corriere...
Moneta ammalata democrazia debole
Manca solo che qualcuno convinca Frau Merkel e Sarkozy della cosa.
Manca solo che qualcuno convinca Frau Merkel e Sarkozy della cosa.
venerdì 25 novembre 2011
Original Sin
Dal mio ultimo post, si poteva dedurre che la Bundesrepublik fosse un paese di stolti che non vogliono assumersi le proprie responsabilità.
Il che è verissimo, è precisamente quel che penso. Del resto, stiamo parlando della medesima nazione che ha causato due guerre mondiali affossando l'Europa con una ottantina di milioni di morti è qualche trilione di metri cubi di macerie.
Ma questo è solo un aspetto del problema.
L'altro aspetto si sintetizza rispondendo a questa domanda: "ok, i crucchi saranno degli stolti col paraocchi, ma come è possibile che sia permesso loro di dettare legge?".
Per capire come sia possibile, dobbiamo tornare a quel che è il "peccato originale" di questa Europa che sta affondando.
Un "peccato originale" che fa inorridire (giustamente!) gli americani, ha fatto storcere il naso ai britannici, ma che fino ad ora è andato bene ai paesi continentali. Si tratta dell'annoso deficit di democrazia nell'Unione Europea.
Ne riassumo solo i dettagli: noi cittadini europei eleggiamo solo un parlamento che non ha potere di iniziativa legislativa (come ai tempi di Napoleone III o di Bismark), non propone il capo dell'esecutivo, può solo deliberare dei pareri non vincolanti.
Chi detiene veramente il potere è il consesso degli stati membri, che fa tutto quello che in un paese civile farebbero il parlamento ed il governo.
E' chiaro che se i rapporti di forza venissero testati in un vero parlamento, liberamente eletto, la Germania non potrebbe fare come fa adesso. Certo, è la nazione più popolata d'Europa, ma all'interno di un vero parlamento sarebbe solo la minoranza più grande. Anche Francia+Germania non basterebbero.
Invece, i veri rapporti di forza si testano tra i governi. Ed è qui che la Germania ha un potere immensamente sovradimensionato rispetto a quanto democraticamente le spetterebbe. Alla Germania sono legate quasi tutte le economie dell'Est, e con questo potenziale è in grado di mettere becco negli affari interni degli altri paesi del continente (tranne in quelli britannici, ovviamente, visto che questi ultimi hanno ben pensato di sfilarsi dall'eurozona).
Non solo: il sistema politico tedesco (cancellierato) è una versione 2.0 del parlamentarismo particolarmente stabile: se le delle elezioni locali vanno male per la CDU, la Merkel resta al suo posto. Se vanno male elezioni regionali per i DS, D'Alema si dimette.
Alla signora Merkel basta fare una puzza per mandare nella merda i governi del continente, tranne forse quello francese (dove il presidente è inamovibile, ma dove il primo ministro è generalmente il primo a "saltare" quando le cose si mettono male). Se fa due puzze il governo crolla, come è successo a Papandreu. Ed è innegabile che, sebbene Berlusconi sia caduto per lo sfaldarsi della sua maggioranza parlamentare, la Merkel abbia avuto un chiaro ruolo nella sua caduta.
Riassumendo, un aspetto a prima vista marginale per noi (l'assenza di democrazia in Europa) è quel meccanismo di sicurezza che manca e che avrebbe impedito alla Germania di mandare a puttane l'Europa per la terza volta in meno di 100 anni.
Non so se i tedeschi cambieranno idea mano a mano che il disastro si avvicina. personalmente ne dubito, i tedeschi devono toccare con mano le macerie prima di convincersi di avere fatto il passo più lungo della gamba.
Il che è verissimo, è precisamente quel che penso. Del resto, stiamo parlando della medesima nazione che ha causato due guerre mondiali affossando l'Europa con una ottantina di milioni di morti è qualche trilione di metri cubi di macerie.
Ma questo è solo un aspetto del problema.
L'altro aspetto si sintetizza rispondendo a questa domanda: "ok, i crucchi saranno degli stolti col paraocchi, ma come è possibile che sia permesso loro di dettare legge?".
Per capire come sia possibile, dobbiamo tornare a quel che è il "peccato originale" di questa Europa che sta affondando.
Un "peccato originale" che fa inorridire (giustamente!) gli americani, ha fatto storcere il naso ai britannici, ma che fino ad ora è andato bene ai paesi continentali. Si tratta dell'annoso deficit di democrazia nell'Unione Europea.
Ne riassumo solo i dettagli: noi cittadini europei eleggiamo solo un parlamento che non ha potere di iniziativa legislativa (come ai tempi di Napoleone III o di Bismark), non propone il capo dell'esecutivo, può solo deliberare dei pareri non vincolanti.
Chi detiene veramente il potere è il consesso degli stati membri, che fa tutto quello che in un paese civile farebbero il parlamento ed il governo.
E' chiaro che se i rapporti di forza venissero testati in un vero parlamento, liberamente eletto, la Germania non potrebbe fare come fa adesso. Certo, è la nazione più popolata d'Europa, ma all'interno di un vero parlamento sarebbe solo la minoranza più grande. Anche Francia+Germania non basterebbero.
Invece, i veri rapporti di forza si testano tra i governi. Ed è qui che la Germania ha un potere immensamente sovradimensionato rispetto a quanto democraticamente le spetterebbe. Alla Germania sono legate quasi tutte le economie dell'Est, e con questo potenziale è in grado di mettere becco negli affari interni degli altri paesi del continente (tranne in quelli britannici, ovviamente, visto che questi ultimi hanno ben pensato di sfilarsi dall'eurozona).
Non solo: il sistema politico tedesco (cancellierato) è una versione 2.0 del parlamentarismo particolarmente stabile: se le delle elezioni locali vanno male per la CDU, la Merkel resta al suo posto. Se vanno male elezioni regionali per i DS, D'Alema si dimette.
Alla signora Merkel basta fare una puzza per mandare nella merda i governi del continente, tranne forse quello francese (dove il presidente è inamovibile, ma dove il primo ministro è generalmente il primo a "saltare" quando le cose si mettono male). Se fa due puzze il governo crolla, come è successo a Papandreu. Ed è innegabile che, sebbene Berlusconi sia caduto per lo sfaldarsi della sua maggioranza parlamentare, la Merkel abbia avuto un chiaro ruolo nella sua caduta.
Riassumendo, un aspetto a prima vista marginale per noi (l'assenza di democrazia in Europa) è quel meccanismo di sicurezza che manca e che avrebbe impedito alla Germania di mandare a puttane l'Europa per la terza volta in meno di 100 anni.
Non so se i tedeschi cambieranno idea mano a mano che il disastro si avvicina. personalmente ne dubito, i tedeschi devono toccare con mano le macerie prima di convincersi di avere fatto il passo più lungo della gamba.
mercoledì 23 novembre 2011
Disastro
E' da molto che non scrivo sul blog. In parte per mancanza di tempo, ma soprattutto perche' l'incalzare degli eventi susseguitisi da questa estate ad ora rendono "vecchia" qualsiasi analisi.
Pero' ora credo sia giunta l'ora di fermarsi e ricapitolare.
E, dal momento che la rete nella mia fantastica universita' pubblica e' andata giu' perche' una manica di incompetenti che non sa fare un ping gestisce i nostri server ed io non posso fare il lavoro per il quale sono pagato, ho finalmente tutto il tempo di ricapitolare e, poi uploadare.
La crisi che stiamo vivendo ha cause
Ed io ho una tastiera americana e poca pazienza, dunque niente accenti, solo apostrofi.
Disastro, parte II: cause esogene
Cause esogene: USA & Terzo Reich
Se il punto precedente era un'autocritica da Italiano all'Italia, non va dimenticato che siamo in una montagna di merda anche per cause di cui non siamo reponsabili.
L'esplosione della bolla dei mutui sub-prime, infilati in ogni genere di titoli derivati, ha depresso l'intera economia dell'Occidente ed ha origini in primo luogo americane.
Americane sono anche le incertezze politiche sul debito USA: gli USA sono arrivati a pochi giorni dal default questa estate perche' presidente (DEM) e camera (GOP) non si stavano trovando d'accordo sull'opportunita' di creare nuovo debito per mandare avanti la macchina federale. Alla fine hanno trovato un accordo di merda: hanno deciso di creare nuovo debito ma hanno demandato le decisioni sul taglio alla spesa ad una commissione mista che ovviamente non ha trovato nessun accordo. In caso di mancato accordo, partiranno tagli orizzontali alla spesa federale che deprimeranno ancora di piu' l'economia.
Poi c'e' la causa prima di tutta questa merda: la causa si chiama "Berlino".
Da che la Germania si e' riunificata, ha deciso che l'Europa e' il suo feudo di caccia. E gli altri europei gliel'hanno lasciato credere (britannici a parte) adeguandosi supinamente alle decisioni di Berlino.
In sintesi la situazione e' piu' o meno questa: l'Italia e le altre nazioni dell'Eurozona hanno perso la propria sovranita' monetaria demandandola alla BCE. Dentro la BCE comandano i tedeschi, che hanno due obiettivi perfettamente coerenti tra loro.
Il primo e' tenere bassa l'inflazione, ovverosia alto il costo del denaro. Per motivi storici (l'inflazione galoppante mando' in pezzi la Germania di Weimar) e perche' per natura il tedesco ama la tranquillita' finanziaria (la propria, si intende) e per ottenerla e' disposto a sacrificare anche il dinamismo che per forza di cose porta alla crescita.
Il secondo e' fottere i suoi concorrenti interni nel settore manifatturiero, in primis l'Italia. Come? Inducendo la BCE a tenere alto il costo del denaro, cosi' da penalizzare quelle economie (come quella italiana) che hanno sempre fatto affidamento sulla svalutazione della propria moneta per gestire il proprio debito e guadagnare competitivita'.
Se il punto precedente era un'autocritica da Italiano all'Italia, non va dimenticato che siamo in una montagna di merda anche per cause di cui non siamo reponsabili.
L'esplosione della bolla dei mutui sub-prime, infilati in ogni genere di titoli derivati, ha depresso l'intera economia dell'Occidente ed ha origini in primo luogo americane.
Americane sono anche le incertezze politiche sul debito USA: gli USA sono arrivati a pochi giorni dal default questa estate perche' presidente (DEM) e camera (GOP) non si stavano trovando d'accordo sull'opportunita' di creare nuovo debito per mandare avanti la macchina federale. Alla fine hanno trovato un accordo di merda: hanno deciso di creare nuovo debito ma hanno demandato le decisioni sul taglio alla spesa ad una commissione mista che ovviamente non ha trovato nessun accordo. In caso di mancato accordo, partiranno tagli orizzontali alla spesa federale che deprimeranno ancora di piu' l'economia.
Poi c'e' la causa prima di tutta questa merda: la causa si chiama "Berlino".
Da che la Germania si e' riunificata, ha deciso che l'Europa e' il suo feudo di caccia. E gli altri europei gliel'hanno lasciato credere (britannici a parte) adeguandosi supinamente alle decisioni di Berlino.
In sintesi la situazione e' piu' o meno questa: l'Italia e le altre nazioni dell'Eurozona hanno perso la propria sovranita' monetaria demandandola alla BCE. Dentro la BCE comandano i tedeschi, che hanno due obiettivi perfettamente coerenti tra loro.
Il primo e' tenere bassa l'inflazione, ovverosia alto il costo del denaro. Per motivi storici (l'inflazione galoppante mando' in pezzi la Germania di Weimar) e perche' per natura il tedesco ama la tranquillita' finanziaria (la propria, si intende) e per ottenerla e' disposto a sacrificare anche il dinamismo che per forza di cose porta alla crescita.
Il secondo e' fottere i suoi concorrenti interni nel settore manifatturiero, in primis l'Italia. Come? Inducendo la BCE a tenere alto il costo del denaro, cosi' da penalizzare quelle economie (come quella italiana) che hanno sempre fatto affidamento sulla svalutazione della propria moneta per gestire il proprio debito e guadagnare competitivita'.
La BCE ha nascosto per anni ed anni questa merda lanciando periodici appelli contro “il rischio inflazione”. Va da se' che in questi ani l'inflazione non si e' manco vistacol binocolo.
Intendiamoci, il fatto che la nostra economia abbisognasse di svalutazioni competitive era un nostro oggettivo difetto. Ma non si puo' negare che quel sistema avesse funzionato molto meglio del sistema che l'ha sostituito.
Il sistema che l'ha sostituito e' il piatto che la Germania ha servito all'Europa, ed all'Italia in modo particolare: 10 anni di crescita economica vicina allo 0% e una economia spinta verso la deindustrializzazione. Cosi' che l'unica potenza manifatturiera in questo continente resti la Germania stessa.
E' grazie a questa ricetta economica che oggi siamo vicini al baratro: la scarsa crescita ha reso insostenibile il nostro debito; inoltre, il fatto che l'Italia non abbia voce in capitolo sulla gestione della sua stessa moneta (sull'euro decide solo la Germania) rende i conti pubblici italiani ancora piu' a rischio, perche' lo stato italiano non puo' autonomamente dire alla sua banca centrale di stampare moneta per comprare titoli di stato. La Federal Reserve lo fa. La Banca d'Inghilterra lo fa. La Banca d'Italia no perche' non puo' stampare moneta. La BCE lo potrebbe fare ma i tedeschi, per le ragioni dette sopra, non hanno la minima intenzione di lasciarglielo fare.
Ricordate la bancarotta argentina? L'Argentina nel 2000 non aveva un rapporto debito/PIL sconvolgentemente alto. Di sicuro era inferiore al 60% (oggi, tanto per fare paragoni, il debito giapponese e' oltre il 200% del suo PIL, quello tedesco oltre l'80%). Il deficit era alto, ma il debito no: sarebbe stata una situazione sostenibile. Vero, ma c'era un problema: l'Argentina non poteva stampare liberamente moneta. Come mai? Perche' i politici Argentini, per combattere l'inflazione (vi ricorda nulla?) avevano pensato bene di agganciare il valore del peso argentino a quello del dollaro americano. Ed e' successo quello che e' successo: siccome la Federal Reserve ha una politica monetaria che e' funzione delle esigenze di Washington e non di quelle di Buenos Aires, il debito argentino e' diventato rapidamente non sostenibile ed il governo ha dovuto dichiarare la bancarotta e svalutare urgentemente la sua moneta ed i debiti contratti in quella valuta.
E la nostra amata BCE, secondo voi, fa gli interessi di Berlino o quelli di Roma?
Cosa ci insegna questo? Che non avere controllo sulla nostra moneta ci espone a piu' rischi di insolvenza, non a meno! Essere legati ad una "moneta forte" e' un problema se la tua economia vive di svalutazioni competitive. E' per questo, ad esempio, che gli interessi sul debito spagnolo sono oltre il 6% mentre quelli sul debito britannico sono attorno al 2%: sia Spagna che UK hanno grosso modo lo stesso rapporto debito/PIL e lo stesso rapporto deficit/PIL. Eppure gli inglesi sono considerati "meno a rischio" (e di conseguenza pagano meno interessi) perche' sono liberi di gestire la sterlina come ritengono opportuno. Gli spagnoli non sono liberi di gestire l'euro come vogliono. Ci roviamo di fronte, dunque, ad un effetto che e' stimabile in circa il 4% di interesse in piu'. Fanno 400 punti base, per chi in questi giorni ama tanto parlare di spread.
In pratica i tedeschi hanno voluto a botte piena e la moglie ubriaca, e per adesso l'hanno ottenuta perche' i governi dell'eurozona si sono fatti abbindolare da false promesse sull'euro. Prodi, tanto per dirne una, disse che con l'unione monetaria il rischio di una bancarotta italiana era scongiurato: oggi che i tassi di interesse sul debito italiano viaggiano attorno al punto di non ritorno (7%) vediamo le sue parole per la merda che sono sempre state.
Questa Europa in cui comanda la Germania ce l'ha messo nel culo per 9 anni, ma da che si e' innescata la crisi dei mutui sub-prime la situazione e' completamente degenerata.
Qualcuno dira' che se si fossero rispettati gli accordi di Maastricht questo non sarebbe accaduto.
In parte e' vero, peccato pero' che i parametri di Maastricht non li abbia rispettati nessuno. Belgio, Francia, Italia, Germania (tutti paesi fondatori della UE), Spagna e Gran Bretagna hanno tutti visto il proprio debito aumentare di almeno il 20% in rapporto al proprio PIL. Da questo punto di vista, l'Italia non e' andata peggio degli altri. Il problema e' che partiva da una situazione gia' problematica (il 100% del rapporto debito/PIL).
Disastro, parte III: la cura
La cura(?): Monti
Ci e' stato detto che il problema dell'Italia era politico. Che i fondamentali della nostra economia erano sani, ma non eravamo politicamente credibili: sarebbe bastato ambiare premier e di colpo il nostro spread sarebbe precipitato.
Sarei tentato di dire che le vicende di questi giorni abbiano smentito questa affermazione, ma in realta' non e' cosi.
Perche' non sono i fatti di questi giorni a smentire quella frase, bensi' i fatti di anni ed anni.
L'aumento dello spread BTp-Bund sarebbe stato causato da Berlusconi? Ah si'? Ed allora come mai lo spread BTp-Bund ha lo stesso fottuto identico andamento dello spread Bonos-Bund e Oat-Bund? Berlusconi e' in grado di affossare i conti pubblici spagnoli e francesi?
Mi si potra' dire che si', nel mezzo della crisi una catena non e' piu' forte del suo anello piu' debole: se l'anello debole e' Berlusconi, allora questo potrebbe essere il fattore modulante delle oscillazioni dello spread in questi giorni. Vero. Ma guardate l'andamento dello spread italiano, spagnolo e francese: questo andamento e' correlato non da ieri o da qualche mese, ma e' praticamente sovrapponibile gia a partire da 5 anni fa! E... ooops, ma 5 anni fa Berlusconi non era nemmeno premier, o mi sbaglio? Eh!
Prima della crisi economica, da leader dell'opposizione italiana, Berlusconi era gia' in grado di influenzare il giudizio dei mercati sullo status delle finanze di Parigi e Madrid?
Ovviamente no. Cosa ne consegue? Che tutto cio' che e' stato detto in questi giorni e' una pura assoluta menzogna. Sia a sinistra (come ho appena dimostrato) che a destra: i maledetti berluscones in questi giorni si sono stracciati le vesti urlando di "attentato alla democrazia" perche' Mario Monti sarebbe un leader "non eletto dal popolo". Queste sono stronzate galattiche. Ho gia' avuto modo di dire su questo blog che l'Italia e' una democrazia parlamentare, non e' il popolo a scegliere il proprio governo. Non solo: il governo e' caduto proprio quando ha perso la sua maggioranza parlamentare, maggioranza che dal dicembre 2010 ormai si reggeva su una pattuglia di venduti che cercava posti al sole. Ovviamente i posti al sole sono pochi e TUTTI i parlamentari della maggioranza erano indispensabili, che tradotto significa che tutti i parlamentari che sostenevano il governo potevano reclamare le stesse pretese su un sottosegratariato. La strategia di Berlusconi (cedere ai ricatti dei suoi parlamentari) era quindi politicamente perdente gia' nel 2010.
Ci e' stato detto che il problema dell'Italia era politico. Che i fondamentali della nostra economia erano sani, ma non eravamo politicamente credibili: sarebbe bastato ambiare premier e di colpo il nostro spread sarebbe precipitato.
Sarei tentato di dire che le vicende di questi giorni abbiano smentito questa affermazione, ma in realta' non e' cosi.
Perche' non sono i fatti di questi giorni a smentire quella frase, bensi' i fatti di anni ed anni.
L'aumento dello spread BTp-Bund sarebbe stato causato da Berlusconi? Ah si'? Ed allora come mai lo spread BTp-Bund ha lo stesso fottuto identico andamento dello spread Bonos-Bund e Oat-Bund? Berlusconi e' in grado di affossare i conti pubblici spagnoli e francesi?
Mi si potra' dire che si', nel mezzo della crisi una catena non e' piu' forte del suo anello piu' debole: se l'anello debole e' Berlusconi, allora questo potrebbe essere il fattore modulante delle oscillazioni dello spread in questi giorni. Vero. Ma guardate l'andamento dello spread italiano, spagnolo e francese: questo andamento e' correlato non da ieri o da qualche mese, ma e' praticamente sovrapponibile gia a partire da 5 anni fa! E... ooops, ma 5 anni fa Berlusconi non era nemmeno premier, o mi sbaglio? Eh!
Prima della crisi economica, da leader dell'opposizione italiana, Berlusconi era gia' in grado di influenzare il giudizio dei mercati sullo status delle finanze di Parigi e Madrid?
Ovviamente no. Cosa ne consegue? Che tutto cio' che e' stato detto in questi giorni e' una pura assoluta menzogna. Sia a sinistra (come ho appena dimostrato) che a destra: i maledetti berluscones in questi giorni si sono stracciati le vesti urlando di "attentato alla democrazia" perche' Mario Monti sarebbe un leader "non eletto dal popolo". Queste sono stronzate galattiche. Ho gia' avuto modo di dire su questo blog che l'Italia e' una democrazia parlamentare, non e' il popolo a scegliere il proprio governo. Non solo: il governo e' caduto proprio quando ha perso la sua maggioranza parlamentare, maggioranza che dal dicembre 2010 ormai si reggeva su una pattuglia di venduti che cercava posti al sole. Ovviamente i posti al sole sono pochi e TUTTI i parlamentari della maggioranza erano indispensabili, che tradotto significa che tutti i parlamentari che sostenevano il governo potevano reclamare le stesse pretese su un sottosegratariato. La strategia di Berlusconi (cedere ai ricatti dei suoi parlamentari) era quindi politicamente perdente gia' nel 2010.
Nel momento in cui ti tocca dare un posto al sole ad uno Scillipoti, che e' l'ultimo arrivato, poi dovrai sorbirti le richieste di chi ti ha leccato il culo fedelmente da 18 anni e rivendica anche lui un posto al sole.
Qualche scroto ambulante ha perfino gridato al “tradimento” contro coloro che si rallegravano della caduta di Berlusconi. “Tradimento”? Non so voi merde umane a chi abbiate venduto l'anima, quel che so per certo come la morte e' che io non sono mai stato berlusconiano, ne' sono disposto a difendere Berlusconi per il solo fatto di essere premier del mio paese. Mi chiamate “traditore”? Voi siete dei mentecatti che hanno confuso la democrazia parlamentare (in cui un premier puo' essere sfiduciato e sostituito) con l'autocrazia stile Putin. Andate affanculo, gia' che ci siete, e portateci anche tutta la vostra razza bastarda.
Ricapitalondo, quindi, Berlusconi e' caduto in parlamento sotto il peso delle sue contraddizioni. Si mettano il cuore in pace i berluscones: nessuna dittatura, nessun vulnus alle regole democratiche. Siete solo voi che fate schifo come una fistola sul culo.
Berlusconi e' stato fatto fuori dallo sgretolarsi della sua maggioranza parlamentare. Il suo sostituto e' stato indicato per compiacere Berlino.
Da una parte e' un bene, perche' Berlusconi e' stato il peggior premier chi si possa immaginare. Ma e' stato sostiuito con un premier "tecnico" voluto da Berlino. La domanda che sorge quindi e': sapra' Monti fare i nostri interessi anche a scapito di quelli tedeschi?
Il problema e' che Monti, per far bene il suo lavoro, dovra' spiegare alla carissima Frau Merkel che la Germania e' cresciuta in questi 10 anni fottendoci nel culo alla grande, abusando del suo potere all'interno della BCE, senza manco usare la vaselina.
Che il nostro spread e' 400 punti base piu' alto di quando dovrebbe essere a causa della politica filo-tedesca delle istituzioni europee, BCE in primis, che ci sta esponendo ad un rischio di default superiore a quel che l'Italia meriterebbe per cause endogene.
Che il nostro spread e' 400 punti base piu' alto di quando dovrebbe essere a causa della politica filo-tedesca delle istituzioni europee, BCE in primis, che ci sta esponendo ad un rischio di default superiore a quel che l'Italia meriterebbe per cause endogene.
Se gli interessi sul nostro debito oggi stanno al 7%, be', il 3% di quegli interessi e' colpa nostra (cause endogene), ma ben il 4% e' colpa non nostra (cause esogene).
E sarebbe bene che Monti spiegasse anche alla Merkel che se la Germania non coopera ed accetta che la BCE agisca come agisce la Federal Reserve negli USA (cioe' stampando moneta), allora uscire dall'eurozona resta la nostra unica opzione.
Per l'Italia sara' una scelta dolorosa, ma obbligata.
Per la Germania sara' altrettanto dolorosa (se l'Italia esce dall'Eurozona tutta questa UE filotedesca va a puttane in dieci minuti), ma la Germania ha modo di evitare questo scenario.
Anche perche' la situazione sta velocemente degenerando.
Anche perche' la situazione sta velocemente degenerando.
Questa estate sentivo degli pseudo-economisti imbecilli vaneggiare di un "euro a due velocita' ". Probailmente sono la stessa manica di selvaggi pompinari che profetizzavano che la caduta di Berlusconi avrebbe fatto calare lo spread BTp-Bund di 200 punti base.
Questi cazzoni, comunque, in pratica profetizzavano un super-euro per i paesi "tripla A" (Francia, Belgio, Olanda, Danimarca, Germania e Finlandia) ed un euro di serie B per noi PIIGS. Sono passati appena 3 mesi e gia' oggi in questo fantomatico "super-euro" non c'e' piu' posto per Francia e Belgio, i cui titoli di stato sono sotto pressione come lo erano i nostri qualche mese fa. Noi siamo qualche mese avanti nella marcia vestro il disastro, ma il trend di BTp ed Oat e' identico, la destinazione e' la medesima: se la Germania non interviene, la Francia ed il Belgio saranno la nuova Italia nel giro di molto poco.
Ed a quel punto voglio vedere cosa cazzo se ne fara' la Germania di un super-euro per commerciare con Danimarca e Finlandia, quando il resto dell'Europa sara' nuovamente libero di operare svalutazioni competitive a danno dei crucchi.
Ed a quel punto voglio vedere cosa cazzo se ne fara' la Germania di un super-euro per commerciare con Danimarca e Finlandia, quando il resto dell'Europa sara' nuovamente libero di operare svalutazioni competitive a danno dei crucchi.
Disastro, parte I: cause endogene
Cause endogene: debito & parassiti
L'elevato livello di debito e la scarsa crescita economica dell'Italia. Sono due aspetti di uno stesso fenomeno, che consiste nell'elargizione di soldi pubblici senza alcun ritorno. Un ritorno che dovrebbe essere in termini di ricchezza creata, o di servizi che agevolino il compito di creera' tale ricchezza.
Attualmente le casse dello stato sono saccheggiate da un esercito di persone che percepisce soldi pubblici senza dare niente in cambio: pagati per esistere.
Non e' la prima volta che affronto questa tema, ma e' cosi' centrale per capire la merda in cui ci siamo cacciati che mi tocca ribadirlo.
A partire da un sistema dell'istruzione che non da' competenze lavorativamente spendibili qui (dove "qui" sta a significare "nel mercato del lavoro italiano"), e che quindi e' solo una inutile rimessa per le nostre casse.
Rimessa perche' costa.
Rimessa perche' induce i ragazzi a perdere tempo dietro cose che non serviranno loro.
Quando c'era l'abbondanza forse ci potevamo permettere di perdere tempo in cagate. Oggi che l'abbondanza si sta celermente spostando dall'Occidente verso lidi popolati da gente (giustamente!) piu' affamata, non ci possiamo permettere un bel cazzo di niente.
I soliti sinistrorsi hanno sempre da riempirsi la bocca con la parola "cultura": "l'istruzione pubblica deve tutelare e fornire cultura".
No ragazzi. L'istruzione pubblica deve fornire strumenti per sopravvivere.
In questi mesi, tra le svariate cose che ho fatto, ho anche partecipato ad un corso regionale per dottorandi di merda come me, in cui una psicologa discute con noi di aspirazioni/prospettive lavorative. In generale, da figlio di una psicologa, la stima che ho per la psicologia si aggira attorno allo zero.
Ciononostante, una delle prime cose che lei ha detto e' che, alla fine della fiera, bisogna fare dei compromessi con la realta' per far si' che almeno una parte delle propie aspirazioni possano concretizzarsi. Niente compromessi? Bene, allora e le aspirazioni che avete rimarranno solo nella vostra testa.
Ed ha citato se stessa come esempio: “so che qui sono ricercatrice ed in Francia ho l'abilitazione ad ordinario. Ma io ho scelto di vivere qui, ben sapendo che avrei fatto meno carriera, dunque ho accettato dei compromessi pur di restare qua, ed e' perfettamente inutile che io mi lamenti di come sarebbero le cose in un altro posto.”
Questo concetto, cosi' semplice, i comunistelli succhiacazzi del mio gruppo di studio (per lo piu' luridi fricchettoni che fanno dottorati della minchia standosene a casa a spararsi centinaia di seghe) non sono stati in grado di capirlo.
Ma e' logico: nella loro testolina, hanno stabilito a priori che "lo stato li deve sfamare perche' loro fanno cultura". Quindi, pretendono che la realta' si adatti a questa loro idea.
Questo modo di fare e' intrinsecamente "disadattivo", cosi' come e' da disadattati tutta la merda che ne consegue, ovvero lamentazoni continue e l'autocommiserazione: "questo paese non valorizza la mia cultura!".
Il trionfo del principio di realta': la realta' e' questa, puoi sforzarti di cambiarla, ma ci devi comunque vivere dentro, non puoi rifiutarla.
La sapete la cosa divertente? Mentre questa psicologa diceva che lamentarsi e' da coglioni perche' sapevamo benissimo in che tunnel di merda ci stavamo ficcando, a duecento metri da li' una banda di "indignados" accampata in una delle piazze piu' belle della mia stracazzo di citta' faceva esattamente questo: si lamentava e pretendeva che il piombo si tramutasse in oro perche' loro volevano cosi'.
Questa mentalita' di merda ha da finire se si vuole pretendere di sopravvivere. Questa mentalita' di merda nasce dal fatto che una banda di infami parassiti prima di noi ha campato a spese dello stato dando in cambio meno di Fantozzi. Ma all'epoca l'Italia poteva permettersi di mantenere quella banda di parassiti. Oggi questo non e' piu' possibile, ma i gggiovani sono comunque cresciuti con l'aspirazione di diventare a loro volta dei parassiti.
La sapete la cosa divertente? Mentre questa psicologa diceva che lamentarsi e' da coglioni perche' sapevamo benissimo in che tunnel di merda ci stavamo ficcando, a duecento metri da li' una banda di "indignados" accampata in una delle piazze piu' belle della mia stracazzo di citta' faceva esattamente questo: si lamentava e pretendeva che il piombo si tramutasse in oro perche' loro volevano cosi'.
Questa mentalita' di merda ha da finire se si vuole pretendere di sopravvivere. Questa mentalita' di merda nasce dal fatto che una banda di infami parassiti prima di noi ha campato a spese dello stato dando in cambio meno di Fantozzi. Ma all'epoca l'Italia poteva permettersi di mantenere quella banda di parassiti. Oggi questo non e' piu' possibile, ma i gggiovani sono comunque cresciuti con l'aspirazione di diventare a loro volta dei parassiti.
Quando non ci riescono, cosa fanno? Si “indignano”!
“Vogliamo essere delle luride zecche anche noi, dateci il reddito di cittadinanza.“
Intendiamoci, sto usando un termine forte come “parassita” per indicare una serie di comportamenti (e pretese) molto vasta, messi in atto magari anche da persone piu' che degne.
Il problema, lo ripeto, e' che anche se tu hai lavorato 40 anni spezzandoti la schiena, non puoi ergerti in difesa della tua pensione retributiva sapendo che chi verra' dopo di te avra' il 30% dell'ultima busta paga. O meglio, se pur sapendo questo lo fai, poi ti tieni questo epiteto di “parassita”.
Parassita e' chi chiede trattamenti assistenziali senza dare nulla (e questa e' la feccia del mondo), ma parassita e' anche chi chiede trattamenti assistenziali che sono diventati insostenibili in questo mondo. Oltre che, evidentemente, chi usufruisce di servizi pubblici e poi evade le tasse.
Il principio di realta' (tra cio' che e' sostenibile e cio' che non lo e') e' il discrimine tra il giusto e lo sbagliato. Piu' post-ideologico di cosi' si muore, alla faccia di chi mi accusa invece di essere liberista ideologizzato.
Dunque, mettetevi il cuore in pace, parassiti-wannabe: i parassiti si stanno estinguendo in Occidente. Il parassita ha bisogno di attaccarsi ad un ospite per succhiargli il sangue, e qua l'ospite (= la parte produttiva del paese) sta tirando le cuoia.
Certo, quancuno dei gggiovani di oggi riuscira' nel suo intento di sanguisuga. Ma saranno sempre meno, ed i criteri per riuscirci sempre piu' restrittivi. Una volta se avevi un parente professore entravi di ruolo all'universita' anche se avevi il QI di Renzo Bossi. Oggi deve essere come minimo preside di facolta', domani magari rettore: sempre meno gente riuscira' a succhiare sangue.
Per finire, ricordo che creare debito per far sopravvivere i parassiti e' due volte criminale: criminale perche' questo debito lo stiamo pagando con interessi sempre maggiori. Criminale perche' per affannarsi a pagarlo si soffoca la parte piu' produttiva del paese di tasse e vincoli fatti a creare posti per parassiti.
Debito e crescita sono legati. Non solo perche' il debito viene relativizzato alle dimensioni del PIL nazionale ("l'Italia ha un debito che e' il 120% del PIL"), ma anche perche' il debito serve a far prosperare quelle stesse persone improduttive che campano di soldi presi dalle tasche di chi lavora sul serio.
Debito e crescita sono legati. Non solo perche' il debito viene relativizzato alle dimensioni del PIL nazionale ("l'Italia ha un debito che e' il 120% del PIL"), ma anche perche' il debito serve a far prosperare quelle stesse persone improduttive che campano di soldi presi dalle tasche di chi lavora sul serio.
sabato 24 settembre 2011
Non è buona scienza
Si sta facendo un gran parlare del presunto superamento della velocità della luce nel vuoto da parte di neutrini prodotti al Cern di Ginevra e rilevata dai laboratori italiani del Gran Sasso.
In realtà già questa affermazione è falsa: non se ne sta affatto facendo un gran parlare. Se ne sta parlando in Italia, ma per tutta la giornata di ieri i grandi network internazionali non hanno minimamente cacato la notizia. Giusto oggi si sta affacciando sulle pagine più nascoste di CNN e BBC.
Ma giusto oggi.
La questione di base, per me, è di metodo.
Non sono un fisico delle interazioni fondamentali, non ho nulla da dire nel merito dell'esperimento.
Ma ho moltissimo da dire sulla correttezza scientifica di chi ha presentato questi dati.
Potete farvene un'idea leggendo questa intervista: http://www.bbc.co.uk/news/science-environment-15017484
Facciamo un sunto:
Io non so se questo sia il modo di procedere dei fisici subnucleari. Se lo fosse, non mi stupirei più di tanto [*].
Ma so che questo non è il modo di procedere della Scienza con la esse maiuscola.
Non esiste che ci si presenti alla comunità scientifica senza il coraggio di dire: "l'esperimento è fatto bene, questi dati smentisicono tutte le vostre teorie di un secolo fa".
Se uno scienziato non è sicuro dei propri dati, sta zitto.
E' questa la prassi. Capita 1000 ed una volta di trovare dati anomali, o di arrivare a conclusioni inconsuete. Quando questo succede (e ripeto, succede a chiunque faccia ricerca, anche se non ovviamente a questi livelli), non si va timidamente davanti alla comunità scientifica dicendo "mi pare che cazzate non ne ho fatte, ma anche sì, dateci però un'occhiata anche voi".
Le cazzate o sono state fatte (ed allora questi dati sono merda di cane), o non sono state fatte (ed allora uno deve avere le palle di dire che c'è della nuova fisica dietro).
Tertium non datur.
L'approccio scelto per comunicare questi dati tradisce da solo una debolezza intrinseca dell'esperimento: se chi lo ha condotto non ha il coraggio di rivendicare la propria scoperta, se chi ha condotto l'esperimento non è il primo a crederci fino in fondo, ebbene, tutto questo mina la credibilità di tutto quanto.
* Visto che da decenni i fisici subnucleari sperperano soldi pubblici senza dare davvero nessuna nuova fisica in più.
In realtà già questa affermazione è falsa: non se ne sta affatto facendo un gran parlare. Se ne sta parlando in Italia, ma per tutta la giornata di ieri i grandi network internazionali non hanno minimamente cacato la notizia. Giusto oggi si sta affacciando sulle pagine più nascoste di CNN e BBC.
Ma giusto oggi.
La questione di base, per me, è di metodo.
Non sono un fisico delle interazioni fondamentali, non ho nulla da dire nel merito dell'esperimento.
Ma ho moltissimo da dire sulla correttezza scientifica di chi ha presentato questi dati.
Potete farvene un'idea leggendo questa intervista: http://www.bbc.co.uk/news/science-environment-15017484
Facciamo un sunto:
- il responsabile del progetto si accorge che i dati sono anomali;
- si controlla se c'è un errore nella misura;
- si guarda se comunque i dati non siano compatibili, in qualche modo, con le teorie attuali;
- si esce allo scoperto dicendo: "be' raga, l'esperimento m'è venuto così, errori non ne vedo, però bho, magari ci sono, ditemi un po' voi se ne trovate".
Io non so se questo sia il modo di procedere dei fisici subnucleari. Se lo fosse, non mi stupirei più di tanto [*].
Ma so che questo non è il modo di procedere della Scienza con la esse maiuscola.
Non esiste che ci si presenti alla comunità scientifica senza il coraggio di dire: "l'esperimento è fatto bene, questi dati smentisicono tutte le vostre teorie di un secolo fa".
Se uno scienziato non è sicuro dei propri dati, sta zitto.
E' questa la prassi. Capita 1000 ed una volta di trovare dati anomali, o di arrivare a conclusioni inconsuete. Quando questo succede (e ripeto, succede a chiunque faccia ricerca, anche se non ovviamente a questi livelli), non si va timidamente davanti alla comunità scientifica dicendo "mi pare che cazzate non ne ho fatte, ma anche sì, dateci però un'occhiata anche voi".
Le cazzate o sono state fatte (ed allora questi dati sono merda di cane), o non sono state fatte (ed allora uno deve avere le palle di dire che c'è della nuova fisica dietro).
Tertium non datur.
L'approccio scelto per comunicare questi dati tradisce da solo una debolezza intrinseca dell'esperimento: se chi lo ha condotto non ha il coraggio di rivendicare la propria scoperta, se chi ha condotto l'esperimento non è il primo a crederci fino in fondo, ebbene, tutto questo mina la credibilità di tutto quanto.
* Visto che da decenni i fisici subnucleari sperperano soldi pubblici senza dare davvero nessuna nuova fisica in più.
domenica 11 settembre 2011
11 / 9
Per non dimenticare.
Quando dico che l'università italiana è da debellare, sapete perché.
Arcavacata di Rende è il covo dei criminali di Potere Operaio, tutti diventati ordinari a spese nostre.
Quando dico che l'università italiana è da debellare, sapete perché.
Arcavacata di Rende è il covo dei criminali di Potere Operaio, tutti diventati ordinari a spese nostre.
sabato 30 luglio 2011
Se la cosa più di destra si sente dire da sinistra...
In una nazione democratica i governi, espressione della volontà popolare (eletti direttamente nei sistemi presidenziali, o emanazione del parlamento nel caso dei sistemi parlamentaristi) governano tenendo a mente gli interessi del corpo elettorale.
Sulla crisi dei debiti sovrani (Grecia prima, Irlanda e Portogallo poi, ed ora anche gli USA) si fa un gran parlare di cataclismi economici, dimenticando che per ciascuna di queste nazioni la cosa migliore è fare bancarotta.
L'Unione Europea, cioè una cricca a-democratica di governi che pretendono di essere il non plus ultra della civiltà mondiale, sia riuscita a coglionare Irlanda e Grecia imponendo a questi paesi dei cosiddetti "piani di salvataggio" che significano morte certa per le loro economie. Come la UE ci sia riuscita è un mistero, ma è probabile che l'autorevolezza che la bandiera blu con le 12 stelle gialle suggerisce abbia compiuto il miracolo: i malati d'Europa hanno accettato non una medicina per salvarsi, bensì una per suicidarsi. Ovviamente in questa operazione la UE ha sputtanato tutta la propria credibilità ed ha dovuto gettare la maschera:
Sulla crisi dei debiti sovrani (Grecia prima, Irlanda e Portogallo poi, ed ora anche gli USA) si fa un gran parlare di cataclismi economici, dimenticando che per ciascuna di queste nazioni la cosa migliore è fare bancarotta.
L'Unione Europea, cioè una cricca a-democratica di governi che pretendono di essere il non plus ultra della civiltà mondiale, sia riuscita a coglionare Irlanda e Grecia imponendo a questi paesi dei cosiddetti "piani di salvataggio" che significano morte certa per le loro economie. Come la UE ci sia riuscita è un mistero, ma è probabile che l'autorevolezza che la bandiera blu con le 12 stelle gialle suggerisce abbia compiuto il miracolo: i malati d'Europa hanno accettato non una medicina per salvarsi, bensì una per suicidarsi. Ovviamente in questa operazione la UE ha sputtanato tutta la propria credibilità ed ha dovuto gettare la maschera:
- Salve belli, credevate che fossimo il governo dell'Europa Unita, eh? Invece no, siamo una holding di cui la Bundesrepublik detiene la golden share. Vi siete fatti fottere? Be', cazzi vostri.
La UE ha compiuto il miracolo anche perché se l'è giocata con nazioni deboli, da pochi milioni di abitanti e che rappresentano solo una infima percentuale del PIL europeo.
Ovviamente la UE non ha nessuna intenzione di fermarsi qui. Riesce a spingere il governo italiano sulla stessa strada con una finanziaria che non contiene il benché minimo progetto strategico per una qualsivoglia ripresa. E non è che in un paese come l'Italia ci voglia poi tanto. Basta qualche idea per tagliare le tasse, deregolamentare le attività economiche. Invece la UE ha preteso una finanziaria "lacrime & sangue" che ha scontentato sia a sinistra (per i tagli al welfare) sia a destra (per l'assenza di idee per il rilancio), pur riuscendo ad ottenere il beneplacito di entrambe le parti politiche.
La UE gode a vedere questo, si lecca i baffi: ovviamente nel giro di due settimane tutti i benefici della finanziaria sono stati già "bruciati" grazie all'aumento dello spread rispetto ai titoli di stato tedeschi (link). In pratica i soldi che lo stato ha tagliato con l'attuale finanziaria non serviranno a "tenere sotto controllo i conti pubblici" bensì a pagare interessi più alti per contrarre nuovo debito.
I mercati hanno interpretato l'attuale finanziaria non come un segno di forza, come le euromerde ci avevano detto ("vedrete, servirà ad ottenere la fiducia dei mercati"), bensì come un segno di debolezza (cosa che in effetti è), per almeno due ottime ragioni:
- significa che l'Italia sta svendendo il governo della sua propria economia, delegandolo poco a poco a Francoforte. Il che significa morte certa, visto che Francoforte fa gli interessi della Germania e che gli interessi della Germania sono opposti ai nostri (link). Stiamo delegando la nostra sovranità economica alla Germania, come ha fatto la Grecia un anno fa. E vedete voi come si sta bene in Grecia di questi tempi;
- significa tendere una mano ai mercati finanziari. Il che significa essere deboli: il capitalismo (di cui i mercati sono una delle espressioni più genuine ed al contempo brutali) teme i forti e si approfitta dei deboli, e se tendi una mano ai mercati questi si prenderanno tutto il braccio, non lasciando neppure l'osso.
A corollario di questo, ovviamente, dopo averci indotti ad una finanziaria inutile e costosa, la prima cosa che fa la banca centrale tedesca è liberarsi del nostro debito pubblico (link), così da rendere ancora più critica la nostra situazione.
Qualcuno se ne sta accorgendo, e paradossalmente da "sinistra": Romano Prodi, quello che ci ha condotti nella trappola dell'euro, sta accorgendosi che le cose non stanno andando come aveva pianificato e che questa UE non è altro che una concessionaria Volkswagen. Ci vuole un certo coraggio per dirlo, e gliene va dato atto. Ed ancora più credito merita perché tutti gli altri, da destra a sinistra, stanno belando litanie sceme riguardo i mercati.
La nuova moda, infatti, è cercare di capire se le cose vanno bene o male guardando le borse. Tutti si stanno dando a questo sport demente, ed interpretano ogni atto politico in funzione di ciò che accade al Dow Jones o al Nikkei. Ma siamo impazziti?
Oggi ad un TG nazionale (raiset, non ricordo quale) si diceva che Obama vuole cercare l'accordo sul debito USA prima che riaprano le borse asiatiche. Stavo per scoppiare a ridere. Il nesso causa-effetto è bandito, oramai siamo al livello della cartomanzia o degli oroscopi. Già mi vedo il prossimo titolo: "la Bundesbank vende i BTP italiani perché glielo ha detto il mago Anubi".
"Obama risolleva le borse" (link): ma andate a lavorare. Credete davvero che il governo USA (sia presidente che congresso) stia lì a leccare il culo ai mercati come noi scemi italiani? Ma per favore.
"Obama risolleva le borse" (link): ma andate a lavorare. Credete davvero che il governo USA (sia presidente che congresso) stia lì a leccare il culo ai mercati come noi scemi italiani? Ma per favore.
Forse questo schifo sta accadendo perché è un'estate strana: non è caldo, niente servizi sulle insolazioni, sulle creme solari, sui "tormentoni estivi", niente triplici omicidi. Resta l'economia, ma si può fare dle buon giornalismo economico d'estate? Ed allora ecco l'economia che, trattata sotto l'ombrellone, si confonde con l'ultima pagina degli oroscopi.
lunedì 25 luglio 2011
Ringraziate Fantozzi
http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/07/24/news/incendio_stazione_tiburtina-19537025/
Per chi difende i fancazzisti: l'incendio era visibile all'esterno della sala controllo della stazione già alle 3. L'allarme è stato dato alle 5.
E' normale che in una "sala controllo" la gente non si accorga neanche se si sviluppa un incendio lì? Certo, se non c'è nessuno è normale.
Sapete chi ringraziare per questo disastro.
Per chi difende i fancazzisti: l'incendio era visibile all'esterno della sala controllo della stazione già alle 3. L'allarme è stato dato alle 5.
E' normale che in una "sala controllo" la gente non si accorga neanche se si sviluppa un incendio lì? Certo, se non c'è nessuno è normale.
Sapete chi ringraziare per questo disastro.
lunedì 11 luglio 2011
Decline and fall of the American Empire
Attualmente va di moda parlare della fine degli imperi. Il solito Scalfari, ad esempio, imbastisce il solito articolo ("un regno che affonda") contro il solito Berlusconi.
Se la questione fosse solo la fine del regno berlusconiano penso che fregherebbe il giusto.
La realtà è che all'instabilità interna si accompagna l'instabilità estera. La fonte prima dell'instabilità estera sono gli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti si sta muovendo qualcosa.
Gli Stati Uniti sono prossimi alla bancarotta.
Lo chiamano "default tecnico" ma è a tutti gli effetti una bancarotta. Anche se le cause sono diverse da quelle greche (quello greco non sarà "tecnico" come "default"), e derivano dalla volontà politica di non accrescere il debito e non da una incapacità econo,mica di rifinanziarsi, il risultato può essere il medesimo.
E come auspicavo per il caso greco (link), così auspico per quello americano. Spero veramente che i repubblicani, che hanno vinto l'anno scorso la maggioranza alla camera dei rappresentanti, abbiano le palle per portare alle estreme conseguenze il mandato che i cittadini hanno dato loro (taglio del debito e delle spese inutili).
Altrimenti gli Stati Uniti verranno strangolati come l'Europa da una morsa di welfare insostenibile (chi ha detto riforma sanitaria?) e debito estero che regala le chiavi dell'amministrazione ai creditori, in questo caso la Cina.
Gli Stati Uniti hanno dimensioni e influenza globale per "far saltare il banco". Controllano la moneta d'elezione degli scambi internazionali (non c'è fonte di energia o materia prima che non sia trattata in dollari) e sono ancora la prima economia mondiale.
Viene da chiedersi: "se non ora quando?"
Ha veramente senso aspettare altri 10-20 anni per fare bancarotta? 10-20 anni a farsi lentamente strangolare da un debito ciclopico?
La "cura Obama" prevede il taglio delle spese alla difesa. Peccato però che proprio la difesa e non il welfare state è ciò che la Costituzione Americana riconosce tra le competenze del governo federale.
Non sono i rapubblicani a causare il default, sono politiche assistenzialiste scellerate che stanno facendo chiudere bottega al governo federale. Il ciclopico piano di salvataggio da 800 miliardi di dollari voluto congiuntamente da Bush ed Obama a fine 2008 è stato un fiasco immenso: ha fatto esplodere il debito senza aver stimolato investimenti, senza aver creato ricchezza, senza aver creato posti di lavoro.
Le risorse americane sono state sperperate nel caricare nel revolver del governo federale un mega-proiettile che non è andato a segno, ed ora Obama si ritrova costantemente a dover chiedere al parlamento di lasciargli chiedere più prestiti per ricaricare il suo revolver. Ma è completamente inutile avere un revolver carico se si sbaglia a mirare.
Di questo passo tutta la politica americana tra 10-20 anni sarà gestita non a Washington da governanti liberamente eletti, ma a Pechino da un panel di dittatori. Quale che sia la nostra opinione sugli Stati Uniti, nessuno puà negare loro il ruolo di guida delle democrazie occidentali. Ruolo che certo non può essere preso da nessun altro, visto che l'unica grande democrazia in crescita (la Bundesrepublik) non ha una politica strategica di respiro continentale, figuriamoci se potrà averne una di respiro mondiale.
Se pure tutto l'Occidente è in declino, c'è modo e modo di andare all'inferno.
Dichiarare bancarotta ora è un modo per metterlo in tasca alla più grande dittatura del mondo, che non potrà fare niente se non urlare il suo disappunto per i soldi persi. L'economia americana è ancora dominante, la forza militare USA è ancora dominante, ergo gli USA possono farlo senza essere spazzati via.
Tra 10-20 anni, con gli Obama che avranno trasformato l'esercito americano nell'esercito di pulcinella, con un PIL che sarà stato ampiamente superato da quella della Cina, non potranno più farlo.
Quindi, di nuovo: "se non ora, quando?"
Guardiamo al caso greco.
La Grecia non è più uno stato sovrano. Ha perso la sua sovranità nel momento in cui ha accettato il prestito europeo, svedendola quindi a quella corporazione di governi che si chiama Unione Europea.
Ma il danno per la perdita di sovranità greca in sé e per sé è minimo.
Il danno per la perdita di sovranità americana sarebbe immenso, sia per gli americani sia per noi occidentali (e giapponesi, e taiwanesi, e coreani) che viviamo sotto lo scudo americano. Se i repubblicani metteranno il sogno americano e la Costituzione Americana davanti alle questioni di potere, le speranze di sopravvivenza del mondo libero avranno fatto un balzo in avanti.
Se la questione fosse solo la fine del regno berlusconiano penso che fregherebbe il giusto.
La realtà è che all'instabilità interna si accompagna l'instabilità estera. La fonte prima dell'instabilità estera sono gli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti si sta muovendo qualcosa.
Gli Stati Uniti sono prossimi alla bancarotta.
Lo chiamano "default tecnico" ma è a tutti gli effetti una bancarotta. Anche se le cause sono diverse da quelle greche (quello greco non sarà "tecnico" come "default"), e derivano dalla volontà politica di non accrescere il debito e non da una incapacità econo,mica di rifinanziarsi, il risultato può essere il medesimo.
E come auspicavo per il caso greco (link), così auspico per quello americano. Spero veramente che i repubblicani, che hanno vinto l'anno scorso la maggioranza alla camera dei rappresentanti, abbiano le palle per portare alle estreme conseguenze il mandato che i cittadini hanno dato loro (taglio del debito e delle spese inutili).
Altrimenti gli Stati Uniti verranno strangolati come l'Europa da una morsa di welfare insostenibile (chi ha detto riforma sanitaria?) e debito estero che regala le chiavi dell'amministrazione ai creditori, in questo caso la Cina.
Gli Stati Uniti hanno dimensioni e influenza globale per "far saltare il banco". Controllano la moneta d'elezione degli scambi internazionali (non c'è fonte di energia o materia prima che non sia trattata in dollari) e sono ancora la prima economia mondiale.
Viene da chiedersi: "se non ora quando?"
Ha veramente senso aspettare altri 10-20 anni per fare bancarotta? 10-20 anni a farsi lentamente strangolare da un debito ciclopico?
La "cura Obama" prevede il taglio delle spese alla difesa. Peccato però che proprio la difesa e non il welfare state è ciò che la Costituzione Americana riconosce tra le competenze del governo federale.
Non sono i rapubblicani a causare il default, sono politiche assistenzialiste scellerate che stanno facendo chiudere bottega al governo federale. Il ciclopico piano di salvataggio da 800 miliardi di dollari voluto congiuntamente da Bush ed Obama a fine 2008 è stato un fiasco immenso: ha fatto esplodere il debito senza aver stimolato investimenti, senza aver creato ricchezza, senza aver creato posti di lavoro.
Le risorse americane sono state sperperate nel caricare nel revolver del governo federale un mega-proiettile che non è andato a segno, ed ora Obama si ritrova costantemente a dover chiedere al parlamento di lasciargli chiedere più prestiti per ricaricare il suo revolver. Ma è completamente inutile avere un revolver carico se si sbaglia a mirare.
Di questo passo tutta la politica americana tra 10-20 anni sarà gestita non a Washington da governanti liberamente eletti, ma a Pechino da un panel di dittatori. Quale che sia la nostra opinione sugli Stati Uniti, nessuno puà negare loro il ruolo di guida delle democrazie occidentali. Ruolo che certo non può essere preso da nessun altro, visto che l'unica grande democrazia in crescita (la Bundesrepublik) non ha una politica strategica di respiro continentale, figuriamoci se potrà averne una di respiro mondiale.
Se pure tutto l'Occidente è in declino, c'è modo e modo di andare all'inferno.
Dichiarare bancarotta ora è un modo per metterlo in tasca alla più grande dittatura del mondo, che non potrà fare niente se non urlare il suo disappunto per i soldi persi. L'economia americana è ancora dominante, la forza militare USA è ancora dominante, ergo gli USA possono farlo senza essere spazzati via.
Tra 10-20 anni, con gli Obama che avranno trasformato l'esercito americano nell'esercito di pulcinella, con un PIL che sarà stato ampiamente superato da quella della Cina, non potranno più farlo.
Quindi, di nuovo: "se non ora, quando?"
Guardiamo al caso greco.
La Grecia non è più uno stato sovrano. Ha perso la sua sovranità nel momento in cui ha accettato il prestito europeo, svedendola quindi a quella corporazione di governi che si chiama Unione Europea.
Ma il danno per la perdita di sovranità greca in sé e per sé è minimo.
Il danno per la perdita di sovranità americana sarebbe immenso, sia per gli americani sia per noi occidentali (e giapponesi, e taiwanesi, e coreani) che viviamo sotto lo scudo americano. Se i repubblicani metteranno il sogno americano e la Costituzione Americana davanti alle questioni di potere, le speranze di sopravvivenza del mondo libero avranno fatto un balzo in avanti.
domenica 10 luglio 2011
Se nella vita c'è qualcosa che ti sfugge...
Anche io nutro molta empatia...
oh sì, non sapete, quanta... ah ah ah... no, davvero, non sapete quanta empatia che nutro, bwahahaha!
venerdì 8 luglio 2011
Realtà e fantasia
La nostra universita' mantiene la stessa impostazione elitaria dei primi del '900 ma si trova ad essere nei fatti "universita' di massa".
Il risultato e' che fa male entrambe le cose.
Di certo non e' elitaria manco per il cazzo, perche' sforna capre ignoranti a ripetizione.
E non e' neppure "di massa" perche' a lezione si fa solo teoria e niente pratica.
Come dicevano su un blog recentemente ristrutturato, i nostri amati professori universitari hanno in testa l'idea di dover sfornare le classi dirigenti del futuro.
Cazzate signori miei, cazzate.
Se dai la laurea a milioni di persone di cui la larga parte analfabete, non stai sfornando una classe dirigente, stai sfornando quelli che domani andranno a scaricare le cassatte delle frutta (cosa che poi infatti accade).
Per cui bisognerebbe riallineare la realta' con la fantasia, se si vuole che le cose abbiano un senso.
O ritorniamo ad una universita' elitaria (che puo' avere un suo senso, ma, per dire, significa dare un bel calcio in culo almeno all'80% di chi oggi sta a bighellonare in facolta') o obblighiamo i professori a smettere di menarsela tanto come fossero tanti einstein in erba ed a spiegare cose che siano realmente utili alle masse per lavorare.
Poi siccome siamo in Italia non faremo ne' l'una ne' l'altra cosa
Il risultato e' che fa male entrambe le cose.
Di certo non e' elitaria manco per il cazzo, perche' sforna capre ignoranti a ripetizione.
E non e' neppure "di massa" perche' a lezione si fa solo teoria e niente pratica.
Come dicevano su un blog recentemente ristrutturato, i nostri amati professori universitari hanno in testa l'idea di dover sfornare le classi dirigenti del futuro.
Cazzate signori miei, cazzate.
Se dai la laurea a milioni di persone di cui la larga parte analfabete, non stai sfornando una classe dirigente, stai sfornando quelli che domani andranno a scaricare le cassatte delle frutta (cosa che poi infatti accade).
Per cui bisognerebbe riallineare la realta' con la fantasia, se si vuole che le cose abbiano un senso.
O ritorniamo ad una universita' elitaria (che puo' avere un suo senso, ma, per dire, significa dare un bel calcio in culo almeno all'80% di chi oggi sta a bighellonare in facolta') o obblighiamo i professori a smettere di menarsela tanto come fossero tanti einstein in erba ed a spiegare cose che siano realmente utili alle masse per lavorare.
Poi siccome siamo in Italia non faremo ne' l'una ne' l'altra cosa
mercoledì 6 luglio 2011
Alpha male
Nella politica italiana vige la legge della giungla.
La legge della giungla fa sì che se uno è percepito come "forte", come un "maschio alfa", allora avrà un codazzo di maschi beta che gli verranno dietro ed eseguiranno i suoi comandi.
Ovviamente il maschio alfa può essere sfidato, e se riesce a cacciare gli sfidanti al suo ruolo accresce la presa che ha sul branco.
E questo è stato Silvio Berlusconi fino ad ora. Un uomo potente, ha sconfitto i nemici, ha schiacciato gli oppositori, si è accoppiato con più donne di chiunque altro.
Casini fa di testa sua? Via, cacciato a pedate. Fini rivendica per sé il ruolo di "maschio alfa" postfascista? Stesso trattamento. Boffo sull'Avvenire si permette di sollevare un'obiezione? Ci pensano gli scagnozzi di Berlusconi a fotterlo, lui manco si abbassa a polemizzarci di persona.
Certo, Berlusconi ha perso più di una volta, ma è sempre riuscito a fare intendere che la sconfitta fosse dovuta ad altri e che solo il suo personale contributo abbia impedito alla sconfitta di trasformarsi in bagno di sangue. Un uomo che i "suoi" dovrebbero ringraziare anche quando perde, non a caso la canzoncina recita "meno male che Silvio c'è".
Colpisce, quindi, il passo falso di Berlusconi sulla norma salva-Mediaset (come, oaramai, si sono decisi a chiamarla anche Libero e Il Giornale).
Berlusconi, per una volta, non ha cercato lo scontro. Né con Napolitano, né col CSM, né con l'opposizione.
In base al suo passato, ci saremmo detti: "per il suo interesse è disposto a fare tutto quello che può".
Il che è vero, per fare il proprio interesse farebbe tutto quello che è in suo potere.
Ma fare quel che stava cercando di fare evidentemente non era più in suo potere. Ha fatto passare le leggi più incostituzionali in passato (Lodo Schifani, Lodo Alfano), ma stavolta è caduto su un codicillo nascosto bene in una legge che parlava di tutt'altro.
Perché? Perché Berlusconi oggi è debole, lui lo sa da un pezzo ed ora se ne sta accorgendo anche il codazzo di maschi beta che ha attorno.
Già il fatto di nascondere la norma anziché difenderla apertamente dimostra che lui sa di essere debole.
Quando Mussolini sentì di avere l'Italia in tasca entrò alla Camera per dire che lui rivendicava la responsabilità "morale e politica" di un omicdio. Oggi nessuno vuole assumersi la responsabilità di questa norma (anche se, inevitabilmente, ricade su Alfano, appena nominato segretario del PdL).
Questo evento ha mostrato a tutti la sua debolezza: nessuno lo ha difeso. Tremonti non ha presentato la manovra (!) per colpa del maltempo (!). Frattini, uno dei lacché più vacui del mondo, ha ammesso che la norma non è stata discussa in consiglio dei ministri (ma come? non è un organo collegiale?). Gasparri (uno che, come direbbe Guzzanti, è un cervello in fuga che ha dimenticato il corpo in Italia) ha detto è meglio lasciar perdere.
Berlusconi non è stato impallinato né da Napolitano né dalla Corte Costituzionale. Battaglie contro i poteri dello stato non lo mettono in ginocchio, lo fortificano, gli permettono di coalizzare i suoi parlamentari contro il "grande nemico".
Stavolta il nemico sono gli stessi "maschi beta" che finora gli sono andati dietro e che hanno capito che il "maschio alfa" che li ha condotti finora non è più un "maschio alfa".
Fa bene Sorgi sulla Stampa a lasciare intendere che questo possa essere l'inizio della fine.
Quando i topi iniziano a scappare non è mai un buon segno per la nave.
La legge della giungla fa sì che se uno è percepito come "forte", come un "maschio alfa", allora avrà un codazzo di maschi beta che gli verranno dietro ed eseguiranno i suoi comandi.
Ovviamente il maschio alfa può essere sfidato, e se riesce a cacciare gli sfidanti al suo ruolo accresce la presa che ha sul branco.
E questo è stato Silvio Berlusconi fino ad ora. Un uomo potente, ha sconfitto i nemici, ha schiacciato gli oppositori, si è accoppiato con più donne di chiunque altro.
Casini fa di testa sua? Via, cacciato a pedate. Fini rivendica per sé il ruolo di "maschio alfa" postfascista? Stesso trattamento. Boffo sull'Avvenire si permette di sollevare un'obiezione? Ci pensano gli scagnozzi di Berlusconi a fotterlo, lui manco si abbassa a polemizzarci di persona.
Certo, Berlusconi ha perso più di una volta, ma è sempre riuscito a fare intendere che la sconfitta fosse dovuta ad altri e che solo il suo personale contributo abbia impedito alla sconfitta di trasformarsi in bagno di sangue. Un uomo che i "suoi" dovrebbero ringraziare anche quando perde, non a caso la canzoncina recita "meno male che Silvio c'è".
Colpisce, quindi, il passo falso di Berlusconi sulla norma salva-Mediaset (come, oaramai, si sono decisi a chiamarla anche Libero e Il Giornale).
Berlusconi, per una volta, non ha cercato lo scontro. Né con Napolitano, né col CSM, né con l'opposizione.
In base al suo passato, ci saremmo detti: "per il suo interesse è disposto a fare tutto quello che può".
Il che è vero, per fare il proprio interesse farebbe tutto quello che è in suo potere.
Ma fare quel che stava cercando di fare evidentemente non era più in suo potere. Ha fatto passare le leggi più incostituzionali in passato (Lodo Schifani, Lodo Alfano), ma stavolta è caduto su un codicillo nascosto bene in una legge che parlava di tutt'altro.
Perché? Perché Berlusconi oggi è debole, lui lo sa da un pezzo ed ora se ne sta accorgendo anche il codazzo di maschi beta che ha attorno.
Già il fatto di nascondere la norma anziché difenderla apertamente dimostra che lui sa di essere debole.
Quando Mussolini sentì di avere l'Italia in tasca entrò alla Camera per dire che lui rivendicava la responsabilità "morale e politica" di un omicdio. Oggi nessuno vuole assumersi la responsabilità di questa norma (anche se, inevitabilmente, ricade su Alfano, appena nominato segretario del PdL).
Questo evento ha mostrato a tutti la sua debolezza: nessuno lo ha difeso. Tremonti non ha presentato la manovra (!) per colpa del maltempo (!). Frattini, uno dei lacché più vacui del mondo, ha ammesso che la norma non è stata discussa in consiglio dei ministri (ma come? non è un organo collegiale?). Gasparri (uno che, come direbbe Guzzanti, è un cervello in fuga che ha dimenticato il corpo in Italia) ha detto è meglio lasciar perdere.
Berlusconi non è stato impallinato né da Napolitano né dalla Corte Costituzionale. Battaglie contro i poteri dello stato non lo mettono in ginocchio, lo fortificano, gli permettono di coalizzare i suoi parlamentari contro il "grande nemico".
Stavolta il nemico sono gli stessi "maschi beta" che finora gli sono andati dietro e che hanno capito che il "maschio alfa" che li ha condotti finora non è più un "maschio alfa".
Fa bene Sorgi sulla Stampa a lasciare intendere che questo possa essere l'inizio della fine.
Quando i topi iniziano a scappare non è mai un buon segno per la nave.
lunedì 4 luglio 2011
Trojan horse
L'ultimo colpo di coda delle leggi ad personam è il più subdulo di tutti.
A pochi giorni dalla sentenza di appello che potrebbe obbligare il gruppo fininvest a risarcire al gruppo De Benedetti quasi 800 milioni di €uro, il governo Berlusconi ha inserito nella manovra finanziaria estivaun piccolo comma che sospende ogni pagamento in attesa della sentenza finale. Non per tutti i risarcimenti, no no. Solo per quelli sopra i 20 milioni di euro, tra cui ricade ovviamente il caso di Berlusconi.
E' il cavallo di Troia perfetto: la manovra economica come sempre è ammantata dalla retorica di "impedire òla bancarotta italiana", un testo su cui porre la questione di fiducia ed obbligare la riottosa maggioranza a compattarsi e ingollare il boccone amaro.
E Napolitano? Eh, come potrà non firmare una manovra economica?
Se qualcuno pensava che Berlusconi fosse finito, be', di certo questa ultima mossa sta ancora a dimostrare quanto danno possa fare a questo disgraziato paese.
A pochi giorni dalla sentenza di appello che potrebbe obbligare il gruppo fininvest a risarcire al gruppo De Benedetti quasi 800 milioni di €uro, il governo Berlusconi ha inserito nella manovra finanziaria estivaun piccolo comma che sospende ogni pagamento in attesa della sentenza finale. Non per tutti i risarcimenti, no no. Solo per quelli sopra i 20 milioni di euro, tra cui ricade ovviamente il caso di Berlusconi.
E' il cavallo di Troia perfetto: la manovra economica come sempre è ammantata dalla retorica di "impedire òla bancarotta italiana", un testo su cui porre la questione di fiducia ed obbligare la riottosa maggioranza a compattarsi e ingollare il boccone amaro.
E Napolitano? Eh, come potrà non firmare una manovra economica?
Se qualcuno pensava che Berlusconi fosse finito, be', di certo questa ultima mossa sta ancora a dimostrare quanto danno possa fare a questo disgraziato paese.
domenica 3 luglio 2011
Fading memories, part V
In rete trovo ancora altro materiale che scrissi anni fa, questo risale addirittura all'ottobre del 2005, verso il termine del quinquennio berlusconiano.
Ad occhio e croce, questa di Cremaschi è stata la prima crepa nel quadretto dorato della sinistra in cui all'epoca ancora mi ci risconoscevo (notevole che, 6 anni dopo, sia ancora un leader FIOM, Landini, a rappresentare l'ala più dura del contrasto al progresso ed allo stato di diritto).
Infatti questo brano riguarda esattamente il tentativo di conciliare sinistra e legalità, che all'epoca, essendo "di sinistra", avevo a cuore. Come dimostrano i fatti dei no-TAV di questi giorni, l'estrema sinistra è per natura portata all'illegalità dall'alto della sua autoproclamata superiorità morale e culturale. Inutile perdere tempo a conciliare A e non-A.
Sinistra e legalità, parte 1
Il sindacalista della Fiom Giorgio Cremaschi affermò che "legalità non è una parola di sinistra".
Dietro di lui politici e persone note, come Bertinotti, Casarini, il deputato dei verdi Paolo Cento.
La gran parte dei no global afferma questo.
E contesta la linea del sindaco di Bologna, il diessino Sergio Cofferati, ex segretario della CGIL.
Ieri uno degli ultimi atti: no global che spingono per fare irruzione in comune, e la polizia che carica. Il tutto, per questioni specifiche, ma che riportano sempre a quella frase, che rende chiaro il conflitto in corso: "legalità non è una parola di sinistra". Ma una sinistra che aspiri a governare ed amministrare, come può ignorare la legalità?
I cattolici del centro-sinistra e gli esponenti della sinistra radicale saldati assieme contro Cofferati: gli uni per un pietismo di marca cattolica e silente assistenzialismo ecclesiastico, i secondi per un innato disrispetto della legge, che ritengono assolutamente secondaria rispetto ad altre esigenze.
E' un conflitto interno alla sinistra, al centro-sinistra, che sebbene si stia manifestando per adesso solo a Bologna, è indice di uno strappo più profondo ed importante.
Da persona che si considera "di sinistra", mi sento molto toccato da questi eventi.
Da un lato, stigmatizzo la generale tolleranza verso l'illegalità. Nel momento in cui si accetta l'illegalità, ci vuole non poi tanto a sostenere che i terroristi rossi siano solo "compagni che sbagliano".
Dall'altro, sono oggettivamente perplesso quando Cofferati afferma che "le leggi vanno rispettate, compresa la Bossi-Fini, che pure ha prodotto un vuoto legislativo".
Ed intanto la Bologna profonda, di destra o di sinistra che sia, è con Cofferati.
A voi la parola
http://italy.indymedia.org/news/2005/05/795752.php
http://www.repubblica.it/2005/j/sezi...cofferati.html
http://www.repubblica.it/2005/j/sezi...e/coberse.html
Sinistra e legalità, parte 2
Il fatto è che Agnoletto ed i suoi sanno benissimo, e sono pronti ad ammetterlo, che tirare molotov e buttare giù manifesti pubblicitari sia illegale.
Semplicemente essi non accettano la legge in quanto tale.
Anni ed anni di slogan urlati hanno prodotto anche questo:
"la legge è dei padroni, fatta su misura per i padroni ---> io non riconosco il potere e l'autorità dei padroni, dunque me ne frego della legge".
E quel che mi disturba è che in minima parte io li capisco anche, ed in certe cose concordo pure.
Io ritengo la bossi-fini una vergogna di legge, ed i cpt dei centri di detenzione e di abuso mascherati.
Posso io denunciare un clandestino per farlo finire là dentro? Se qualcuno con un caterpillar sfondasse le recinzioni di un cpt, potrei io non simpatizzare con l'autore di tale gesto?
Qualche giorno fa, a Firenze, gli studenti (ahimè, io non ero presente) hanno deciso di deviare il traffico in una certa zona e di occupare il rettorato. Io sarei stao abbastanza d'accordo con entrambe le proposte, perchè ritengo che quel che sta avvenedo nel mondo dell'università sia troppo grave per non protestare, anche violando la legge come nei casi su citati, se necessario.
La legge per me è quasi sacra, ma intimamente sento (e penso che molte altre persone di sinistra la pensino come me) che essa non può essere l'unica risposta, è che sia giusto in certi particolarissimi casi violarla.
Oggi, proprio oggi, è morta Rosa Parks, una donna di colore che, nei lontani anni '50, violò la legge per affermare quello che lei riteneva essere un suo diritto. Poi, a posteriori, la legge le diede ragione.
Ma a posteriori.
Violare la legge oggi, può essere un modo per chiedere che cambi domani?
L'État c'est moi!
Gli eventi di questi giorni in val di Susa contro la costruzione della TAV spingono a cogliere la palla al balzo per analizzare la situazione dello stato in Italia.
Anche a seguito dell'ultimo referendum (che ha inaspettatamente ottenuto il quorum [1]), abbiamo assistito ad un ritorno alla retorica della democrazia diretta [2].
In base al pensiero di questi demagoghi (che sono gli stessi in val Susa e del referendum, vedi Grillo) se "il popolo" vuole una cosa "la politica" si deve automaticamente adeguare.
Non è chiaro però cosa sia "il popolo" per costoro. O meglio, è chiarissimo, ma non è ciò che si intende abitualmente.
Per Grillo & soci "il popolo" è una minoranza che di volta in volta si raggruppa attorno a determinati temi ed impone la sua volontà al resto della nazione.
In questo senso bisogna a riconoscere a grillo un pensiero strategico coerente: si può essere minoranza in termini assoluti, ma ci si può concentrare abbastanza (su certi temi, penso all'ecologismo, o addirittura su certi luoghi, come la val di Susa) per diventare maggioranza localmente.
Non è azzardato supporre, infatti, che se fotografassimo oggi in questo momento (link) la demografia della val di Susa, troveremmo delle significative alterazioni rispetto a quella che era anche solo un mese fa.
Ecco quindi in cosa consiste la sfida di questi demagoghi: frammentare l'autorità dello stato così che questo sia minoritario e debole sul territorio.
Lo stato, ovviamente, ha ancora la capacità di mobilitare le sue forze dell'ordine per ristabilire il suo controllo, ma queste stesse forze dell'ordine vengono contestate come ignoranti, disinformate e antidemocratiche (link), cioè in senso stretto delegittimate.
Sulla polizia sono state tirate pietre, e bastoni, ma i giornali esaltano il ribelle bastonato come la vera vittima di tutto.
Non che sia una stretageia comunicativa nuova, era lo stesso nel '68 e nel '77, quando solo Pasolini seppe comprendere davvero la filosofia di chi protestava allora. Oggi, lontani dal lessico pasoliniano, diremmo "chiagni & fotti", ma il concetto non cambia.
Resta dunque da vedere chi si stancherà prima.
Il referendum ha galvanizzato la demagogia grillina, è stato una vittoria per loro. Ma perché è stata una vittoria? Perché il referendum è uno strumento di democrazia inserito nel nostro quadro costituzionale.
Il referendum è un modo legale di dire al legislatore cosa non fare, insomma.
Al contrario, fomentare questi scontri esula dalla legalità e proprio per questa ragione non è scontato che siano coronati dal successo, anzi.
Mettono a nudo un punto debole del grillismo, ovverosia la fiducia ne "il popolo" (inteso nell'accezione limitata di cui sopra).
Il "popolo" di Grillo rifiuta l'idea, tipica delle democrazie rappresentative, che possa esistere una "classe dirigente". Il "popolo" di Grillo vagheggia l'idea della gestione diretta del potere.
Il caso di Mattia Calise, il 19enne fresco di maturità candidato a sindaco di Milano ne è un esempio: la sua idea è governare una città stando in contatto Skype con le sedi del movimento grillino, dalla quale dei fantomatici esperti gli avrebbero dettato cosa dire e cosa fare. A parte la generale idiozia dell'idea in sé, è proprio l'assenza di esperti il motivo per cui Grillo, anche se vincesse le sue battaglie, non avrebbe la capacità di costruire delle alternative praticabili.
Il caso di Mattia Calise e l'idea del sindaco che "prende ordini via Skype" è surreale e ridicolo proprio perché questo è il massimo di alternativa che Grillo ha da proporre. E, come potete capire, è abbastanza imbarazzante.
Questa è la ragione per cui Grillo è debole: ha successo quando propone qualcosa "contro" e la porta avanti in un quadro istituzionalmente corretto.
Ma nelle istituzioni non ha nulla da proporre "pro" e se lo fa fa ridere i cani, pertanto al tempo stesso strizza l'occhio a chi combatte le proprie battaglie (in senso letterale link) al di fuori dell'arco costituzionale e istituzionale, come ora sta succedendo in val di Susa.
Del resto, la prosa grillina (Grillo è un ottimo comico ed un ottimo oratore, è fuori discussione questo) funziona benissimo in ogni caso. Le sue prese per il culo fomentano indignazione, e questa può essere manovrata dentro le istituzioni o fuori dalle istituzione. Ma resta solo indignazione. E dopo, cosa c'è? Cosa arriva dopo? Ehm... ecco... be', vediamo un po'... bho.
Quindi ritorna la domanda: chi si stancherà prima?
Lo stato?
I grillini?
O il popolo (quello reale)?
[1] Che, in questo blog, non sarà mai chiamato come "referendum su nucleare ed acqua pubblica", visto che non è stato un referendum su nucleare ed acqua pubblica.
[2] E, vista la nostra pessima legge elettorale, hanno anche buon gioco dialettico nel sostenere questo.
Anche a seguito dell'ultimo referendum (che ha inaspettatamente ottenuto il quorum [1]), abbiamo assistito ad un ritorno alla retorica della democrazia diretta [2].
In base al pensiero di questi demagoghi (che sono gli stessi in val Susa e del referendum, vedi Grillo) se "il popolo" vuole una cosa "la politica" si deve automaticamente adeguare.
Non è chiaro però cosa sia "il popolo" per costoro. O meglio, è chiarissimo, ma non è ciò che si intende abitualmente.
Per Grillo & soci "il popolo" è una minoranza che di volta in volta si raggruppa attorno a determinati temi ed impone la sua volontà al resto della nazione.
In questo senso bisogna a riconoscere a grillo un pensiero strategico coerente: si può essere minoranza in termini assoluti, ma ci si può concentrare abbastanza (su certi temi, penso all'ecologismo, o addirittura su certi luoghi, come la val di Susa) per diventare maggioranza localmente.
Non è azzardato supporre, infatti, che se fotografassimo oggi in questo momento (link) la demografia della val di Susa, troveremmo delle significative alterazioni rispetto a quella che era anche solo un mese fa.
Ecco quindi in cosa consiste la sfida di questi demagoghi: frammentare l'autorità dello stato così che questo sia minoritario e debole sul territorio.
Lo stato, ovviamente, ha ancora la capacità di mobilitare le sue forze dell'ordine per ristabilire il suo controllo, ma queste stesse forze dell'ordine vengono contestate come ignoranti, disinformate e antidemocratiche (link), cioè in senso stretto delegittimate.
Sulla polizia sono state tirate pietre, e bastoni, ma i giornali esaltano il ribelle bastonato come la vera vittima di tutto.
Non che sia una stretageia comunicativa nuova, era lo stesso nel '68 e nel '77, quando solo Pasolini seppe comprendere davvero la filosofia di chi protestava allora. Oggi, lontani dal lessico pasoliniano, diremmo "chiagni & fotti", ma il concetto non cambia.
Resta dunque da vedere chi si stancherà prima.
Il referendum ha galvanizzato la demagogia grillina, è stato una vittoria per loro. Ma perché è stata una vittoria? Perché il referendum è uno strumento di democrazia inserito nel nostro quadro costituzionale.
Il referendum è un modo legale di dire al legislatore cosa non fare, insomma.
Al contrario, fomentare questi scontri esula dalla legalità e proprio per questa ragione non è scontato che siano coronati dal successo, anzi.
Mettono a nudo un punto debole del grillismo, ovverosia la fiducia ne "il popolo" (inteso nell'accezione limitata di cui sopra).
Il "popolo" di Grillo rifiuta l'idea, tipica delle democrazie rappresentative, che possa esistere una "classe dirigente". Il "popolo" di Grillo vagheggia l'idea della gestione diretta del potere.
Il caso di Mattia Calise, il 19enne fresco di maturità candidato a sindaco di Milano ne è un esempio: la sua idea è governare una città stando in contatto Skype con le sedi del movimento grillino, dalla quale dei fantomatici esperti gli avrebbero dettato cosa dire e cosa fare. A parte la generale idiozia dell'idea in sé, è proprio l'assenza di esperti il motivo per cui Grillo, anche se vincesse le sue battaglie, non avrebbe la capacità di costruire delle alternative praticabili.
Il caso di Mattia Calise e l'idea del sindaco che "prende ordini via Skype" è surreale e ridicolo proprio perché questo è il massimo di alternativa che Grillo ha da proporre. E, come potete capire, è abbastanza imbarazzante.
Questa è la ragione per cui Grillo è debole: ha successo quando propone qualcosa "contro" e la porta avanti in un quadro istituzionalmente corretto.
Ma nelle istituzioni non ha nulla da proporre "pro" e se lo fa fa ridere i cani, pertanto al tempo stesso strizza l'occhio a chi combatte le proprie battaglie (in senso letterale link) al di fuori dell'arco costituzionale e istituzionale, come ora sta succedendo in val di Susa.
Del resto, la prosa grillina (Grillo è un ottimo comico ed un ottimo oratore, è fuori discussione questo) funziona benissimo in ogni caso. Le sue prese per il culo fomentano indignazione, e questa può essere manovrata dentro le istituzioni o fuori dalle istituzione. Ma resta solo indignazione. E dopo, cosa c'è? Cosa arriva dopo? Ehm... ecco... be', vediamo un po'... bho.
Quindi ritorna la domanda: chi si stancherà prima?
Lo stato?
I grillini?
O il popolo (quello reale)?
[1] Che, in questo blog, non sarà mai chiamato come "referendum su nucleare ed acqua pubblica", visto che non è stato un referendum su nucleare ed acqua pubblica.
[2] E, vista la nostra pessima legge elettorale, hanno anche buon gioco dialettico nel sostenere questo.
sabato 2 luglio 2011
Fading memories, part IV
9 ottobre 2008: quando ancora mi professavo "di sinistra", decisi di non partecipare alle manifestazioni studentesche anti-Gelmini, al contrario di ciò che feci anni prima con le manifestazioni anti-Moratti. Però tramite i vecchi amici, loro sì ancora invischiati in "onde" e "pantere", produssi qualche documento per le assemblee di ateneo dell'epoca, che qui volentieri riporto.
L'università fa schifo: fa schifo perché è una entità amministrata da feudatari di stampo medioevale che si trasmettono il posto da padre in figlio e che gestiscono una struttura pubblica come fosse di loro proprietà.
L'università è dunque inefficiente, la docenza a volte impreparata e gli studenti che ne escono talvolta in 5 anni di studio non hanno imparato niente.
Eppure l'università va salvata. Da che cosa? Da una riforma che sta per ucciderla cancellando anche quello che di buono produce.
Una legge, fatta passare in sordina dal ministro Gelmini ad agosto mentre i nostri media erano impegnati a ciarlare di sciocchezze (come voto in condotta e maestro unico) permette agli atenei di trasformarsi in fondazioni private.
Nulla di male in sè, se non che i fondi pubblici subiscono anche il più enorme decurtamento di sempre e si bloccano le assunzioni: per ogni 5 docenti che vanno in pensione al massimo se ne potrà creare uno nuovo.
Il senso di questi due provvedimenti combinati assieme è chiaro: il governo vuole sbarazzarsi una volta per tutte dell'istruzione pubblica, strangolando poco a poco le università che resteranno pubbliche e spingendo le altre a trasformarsi in atenei privati.
Ma i privati possono sostenere i nostri atenei? Di certo non gli attuali 80 e più atenei, un numero "esploso" sotto il ministero di Letizia Moratti.
Ma a conti fatti non potranno sostenere neppure dieci atenei: se questo progetto andrà avanti un patrimonio di cultura e preparazione verrà mandato in fumo.
Il blocco delle assunzioni frustra in primo luogo quei tanti che per anni ed anni hanno lavorato duramente mandando avanti quella enorme baracca che è l'università avendone come comprenso meno di mille euro il mese.
Per formare questi dottorandi ed assegnisti lo stato ha pagato, noi abbiamo speso fior di quattrini per dare loro una formazione post-laurea: se ora diciamo loro "trovatevi un lavoro da un'altra parte" aspettiamoci migrazioni di massa di "cervelli" a vantaggio delle economie di paesi a noi concorrenti.
Perché questi ragazzi "bamboccioni" non lo sono davvero, e se noi chiudiamo loro le porte in faccia questi qua non è che si arrangeranno a fare gli operai o i lavavetri qua in Italia, questi qua hanno contatti all'estero e se ne andranno, lasciando noialtri in mutande nel Bel Paese con un sistema dell'istruzione raso al suolo.
Non si creda, poi, che le nuove università private che nasceranno saranno prive dei problemi di nepotismo e clientelismo di quelle attuali: anzi, libere da ogni controllo statale, esse diverranno anche de jure dei feudi privati da gestire nell'interesse di una ristretta cerchia di docenti che faranno il buono ed il cattivo tempo.
E' bene che sia chiaro a tutti che un'Italia con al massimo quattro o cinque atenei privati e rette ben superiori ai ventimila euro l'anno sarà il nostro futuro prossimo se il governo manterrà gli attuali provvedimenti.
Cosa questo comporti è facile da immaginare: una università ancora più classista, una classe docente ancor più selezionata in base a parentele e amicizie personali ed alla fine dei laureati perfino più impreparati di quelli attuali.
Se la meritocrazia in Italia non è mai stata in auge, questo ne segnerà la definitiva scomparsa.
Per l'università andava fatto da qualcosa, è chiaro: ma questi due provvedimenti puntano ad ucciderla, e se l'università va uccisa allora tanto vale dirlo chiaramente ed ammettere che all'Italia non importa avere una classe dirigente propria.
Si sta cercando di buttare via il bambino con l'acqua sporca: un omicidio premeditato mascherato da intervento di igiene.
venerdì 1 luglio 2011
Menzogne preventive
Quando si tratta di attaccare il governo Repubblica si appella a qualunque scusa, anche la più pretestuosa.
Anche oggi non ci hanno lasciato a secco: link
De Benedetti imbastisce una polemica sul fatto che la rimodulazione degli scaglioni di reddito per il fisco avvantaggerebbe solo il 2% più ricco della popolazione italiana. Ma andiamo a leggere cosa si dice:
Attualmente il governo non ha rimodulato gli scaglioni del fisco.
Ergo, l'intero articolo è pura aria fritta, si tratta di una "simulazione" basata su numeri inesistenti e infondati.
Ma è materiale più che sufficiente perché De Benedetti ed i suoi compagni di merende ci imbastiscano su un articolo per versare merda sull'esecutivo.
E ricordate, questa gente è la stessa che poi si è inventata la "Struttura Delta", ovverosia la presunta fabbrica di menzogne e fango pro-Berlusconi.
Che dire, c'è poco da dubitare della competenza di De Bendetti, Mauro e Scalfari in quanto a menzogne e fango.
Anche oggi non ci hanno lasciato a secco: link
De Benedetti imbastisce una polemica sul fatto che la rimodulazione degli scaglioni di reddito per il fisco avvantaggerebbe solo il 2% più ricco della popolazione italiana. Ma andiamo a leggere cosa si dice:
Anche se nel disegno di legge delega non si fa riferimento ai nuovi scaglioni di reddito, la simulazione realizzata dalla Cgia si basa sulle ipotesi circolate nei giorni scorsi. [...]Cosa significa questo? Niente, la notizia è inesistente.
Con questi presupposti, poco meno del 2 per cento dei contribuenti, situato nella fascia di reddito tra i 55.000 e i 75.000 euro, risparmierà [...]
Attualmente il governo non ha rimodulato gli scaglioni del fisco.
Ergo, l'intero articolo è pura aria fritta, si tratta di una "simulazione" basata su numeri inesistenti e infondati.
Ma è materiale più che sufficiente perché De Benedetti ed i suoi compagni di merende ci imbastiscano su un articolo per versare merda sull'esecutivo.
E ricordate, questa gente è la stessa che poi si è inventata la "Struttura Delta", ovverosia la presunta fabbrica di menzogne e fango pro-Berlusconi.
Che dire, c'è poco da dubitare della competenza di De Bendetti, Mauro e Scalfari in quanto a menzogne e fango.
lunedì 27 giugno 2011
Il sonno delle idee genera mostri
La sinistra italiana e' una nave alla deriva che fa acqua da tutte le parti.
Un giorno puo' aprirsi una falla a poppa (Di Pietro che dialoga con Berlusconi e rivendica una sua autonomia), un altro giorno a prua (Vendola che dice una delle sue vendolate e lancia l'OPA sul PD).
Inutile, impossibile e noioso stare dietro di volta a tutte le singole brecce che si aprono nello scafo.
Sono innumerevoli quelle che si sono aperte finora, saranno innumerevoli quelle che si apriranno in futuro.
Il problema di fondo resta sempre uno ed uno solo: la sinistra italiana non ha un suo progetto di governo, non ha in testa le idee strategiche per guidare questa nazione.
Il fatto che non abbia un leader carismatico ne' e' solo la conseguenza: se Bersani avesse una sua idea di Paese da proporre, andrebbe bene perfino Bersani (con le sue "metafore" malriuscite).
Il problema e' la mancanza di idee strategiche.
Proprio perche' i "generali" della sinistra sono privi di una "strategia" (cioe' di idee di lungo periodo e di alto profilo), il risultato e' che ogni "colonnello" un minimo carismatico se ne esce fuori con una proposta "tattica" (cioe' sparate di breve periodo e basso profilo).
Le sparate possono essere le piu' varie, possono essere stupide o sensate, ma tutte sono accumunate dall'essere di corto respiro: puo' essere il no-TAV, puo' essere l'acqua pubblica, puo' essere il reddito di cittadinanza, puo' essere l'estensione delle tutele dell'articolo 18...
Puo' essere quello che vi pare, ma si tratta solo di pezze messe li' sulla falla per rabbonire una parte di elettorato.
Significa non progettare il futuro, ma puntellare (malamente) il presente.
Il risultato e' che la barca magari non affonda, ma non va da nessuna parte.
In questo senso la sinistra italiana sembra metafora dell'Italia intera: non stiamo naufragando come la Grecia, non protestiamo come in Spagna, non cresciamo come in Germania.
Stiamo affondando, ma lentamente, cosi' lentamente che diventa quasi piu' facile cercare di pompare fuori un po' d'acqua per guadagnare qualche altro anno di galleggiamento piuttosto che cercare di cambiare rotta e migliorare davvero le cose.
Il fatto e' che ormai siamo in questa situazione da tanti anni (dicamo dal 1992) e di acqua nella barca se ne e' accumulata tanta.
Ci siamo adattati a vivere coi coglioni a mollo nella guazza, ma iniziamo ad essere sempre piu' a disagio.
Quel che dimostra la supremazia del centro-destra in Italia negli ultimi 10 anni e' che a destra si sanno riconoscere i problemi ma nella pratica non si affrontano perche' ci si deve occupare solo dei bisogni del Capo (legiferando di volta in volta sulle sue Tv, sul falso in bilancio, sulla giustizia ecc ecc).
La sinistra non ha invece neppure una visione strategica unitaria, neanche a parole.
Il gioco di Bersani e' rimandare la palla dall'altra parte.
Lo sentivo dire giusto ieri che "il governo ha semnpre ignorato le proposte del PD". Ok, ma quali? Bho. A domanda su quale sia il programma del PD Bersani l'ho sentito rispondere solo qualche mese fa che "la settimana prossima arrivera' il programma".
La verita' e' che per il programma servono le idee, e queste non ci sono.
Un giorno puo' aprirsi una falla a poppa (Di Pietro che dialoga con Berlusconi e rivendica una sua autonomia), un altro giorno a prua (Vendola che dice una delle sue vendolate e lancia l'OPA sul PD).
Inutile, impossibile e noioso stare dietro di volta a tutte le singole brecce che si aprono nello scafo.
Sono innumerevoli quelle che si sono aperte finora, saranno innumerevoli quelle che si apriranno in futuro.
Il problema di fondo resta sempre uno ed uno solo: la sinistra italiana non ha un suo progetto di governo, non ha in testa le idee strategiche per guidare questa nazione.
Il fatto che non abbia un leader carismatico ne' e' solo la conseguenza: se Bersani avesse una sua idea di Paese da proporre, andrebbe bene perfino Bersani (con le sue "metafore" malriuscite).
Il problema e' la mancanza di idee strategiche.
Proprio perche' i "generali" della sinistra sono privi di una "strategia" (cioe' di idee di lungo periodo e di alto profilo), il risultato e' che ogni "colonnello" un minimo carismatico se ne esce fuori con una proposta "tattica" (cioe' sparate di breve periodo e basso profilo).
Le sparate possono essere le piu' varie, possono essere stupide o sensate, ma tutte sono accumunate dall'essere di corto respiro: puo' essere il no-TAV, puo' essere l'acqua pubblica, puo' essere il reddito di cittadinanza, puo' essere l'estensione delle tutele dell'articolo 18...
Puo' essere quello che vi pare, ma si tratta solo di pezze messe li' sulla falla per rabbonire una parte di elettorato.
Significa non progettare il futuro, ma puntellare (malamente) il presente.
Il risultato e' che la barca magari non affonda, ma non va da nessuna parte.
In questo senso la sinistra italiana sembra metafora dell'Italia intera: non stiamo naufragando come la Grecia, non protestiamo come in Spagna, non cresciamo come in Germania.
Stiamo affondando, ma lentamente, cosi' lentamente che diventa quasi piu' facile cercare di pompare fuori un po' d'acqua per guadagnare qualche altro anno di galleggiamento piuttosto che cercare di cambiare rotta e migliorare davvero le cose.
Il fatto e' che ormai siamo in questa situazione da tanti anni (dicamo dal 1992) e di acqua nella barca se ne e' accumulata tanta.
Ci siamo adattati a vivere coi coglioni a mollo nella guazza, ma iniziamo ad essere sempre piu' a disagio.
Quel che dimostra la supremazia del centro-destra in Italia negli ultimi 10 anni e' che a destra si sanno riconoscere i problemi ma nella pratica non si affrontano perche' ci si deve occupare solo dei bisogni del Capo (legiferando di volta in volta sulle sue Tv, sul falso in bilancio, sulla giustizia ecc ecc).
La sinistra non ha invece neppure una visione strategica unitaria, neanche a parole.
Il gioco di Bersani e' rimandare la palla dall'altra parte.
Lo sentivo dire giusto ieri che "il governo ha semnpre ignorato le proposte del PD". Ok, ma quali? Bho. A domanda su quale sia il programma del PD Bersani l'ho sentito rispondere solo qualche mese fa che "la settimana prossima arrivera' il programma".
La verita' e' che per il programma servono le idee, e queste non ci sono.
martedì 21 giugno 2011
Pride and Prejudice
Riscopriamo il valore del pregiudizio!
O meglio, discutiamo del perché esiste.
Il pregiudizio è un tentativo di anticipare una realtà che incombe. A che scopo anticiparla? Per precauzione, per sopravvivenza. Il pregiudizio nasce semplicemente da questo: prevedere una eventualità per cautelarsi.
Capita in questi giorni che sia Repubblica che il blog di Uriel Fanelli trattino (a modo loro) di pregiudizi, più o meno discriminatori.
Uriel Fanelli calca la mano col concetto di "responsabilità collettiva". La Repubblica coi soliti piagnistei benpensanti.
Entrambe le posizioni mi paiono inadeguate ad un contesto sociale.
Le colpe collettive di per sé non esistono: la legge dice chiaramente che la responsabilità è individuale. Uno come Uriel Fanelli, che si lamenta delle leggi non scritte ("leggi nere") che hanno oppresso la sua vita in Italia, dovrebbe essere il primo a non ricorrere a queste misure sommarie da tribunale sovietico.
La Repubblica, d'altra parte, nega le ragioni che stanno dietro al pregiudizio, bollandolo semplicemente come becero razzismo.
La realtà è che può benissimo non essere così.
Ognuno prende decisioni basate sulla propria conoscenza ed esperienza.
La conoscenza si fa e si disfa a seconda delle letture e delle opinioni che mutano. Le esperienze invece non cambiano, semmai si accumulano, ma il nostro passato non può essere cancellato.
Entrambe le cose concorrono a prendere delle precauzioni quando ci si trova davanti a situazioni di pericolo. Quanto pericolo? Be', anche minimale.
Quando è in gioco un rischio personale, nessuno ama correre rischi. Ci va bene correre il rischio più basso possibile, ma non ci sta bene correrne uno maggiore senza motivo.
Da qui casi di apparente discriminazione che altro non sono che l'applicazione del principio di cautela.
I Napoletani ignoranti/incompetenti/farabutti potranno anche essere uno sputo percento della popolazione di Napoli.
Ma Napoli e la sua gente si sono fatti comunque una certa fama.
Di Napoli si è parlato, di esperienze con Napoletani ne hanno avute tutti, e ciascuno ha tratto i propri pregiudizi.
Anche se fosse dimostrato che la stragrande maggioranza dei Napoletani è "perbene", è chiaro che nessuno desidera assumersi un rischio maggiore del minimo possibile assumendo un Napoletano al posto di, chessò io, un Bergamasco.
Chi glielo fa fare?
Per fare contenti i benpensanti? No davvero.
E' il pregiudizio all'opera: viene fatta una previsione e si agisce per minimizzare il rischio.
Ma se fosse dimostrato e dimostrabile che la previsione fatta in base al pregiudizio fosse sbagliata?
Non importa.
Questo è il punto fondamentale, che Uriel Fanelli centra e Repubblica omette.
Non importa affatto che la previsione sia giusta.
Basta che metta al riparo da rischi inutili.
La previsione pregiudizievole potrà pure essere falsa nel 90% dei casi e vera solo nel 10%, ma nessuno ha voglia di rischiare neppure quel 10%.
Ed è inutile nascondersi dietro un dito, perché così facciamo tutti. Lo facciamo perché è un comportamento che massimizza le possibilità di sopravvivenza.
Quando attraversiamo sulle strisce sappiamo che le auto ci devono dare la precedenza e che nella maggioranza dei casi ci verrà data. Ma non so voi, io non mi ci butto a corpo morto, perché voglio minimizzare il rischio di finire morto (per l'appunto). Io controllo prima di attraversare. E' un pregiudizio? Certo! Finalizzato a massimizzare le possibilità di sopravvivenza.
Perché quando siamo in gioco noi, nessun rischio è accettabile se non il rischio minore possibile.
It's just one ride, man.
O meglio, discutiamo del perché esiste.
Il pregiudizio è un tentativo di anticipare una realtà che incombe. A che scopo anticiparla? Per precauzione, per sopravvivenza. Il pregiudizio nasce semplicemente da questo: prevedere una eventualità per cautelarsi.
Capita in questi giorni che sia Repubblica che il blog di Uriel Fanelli trattino (a modo loro) di pregiudizi, più o meno discriminatori.
Uriel Fanelli calca la mano col concetto di "responsabilità collettiva". La Repubblica coi soliti piagnistei benpensanti.
Entrambe le posizioni mi paiono inadeguate ad un contesto sociale.
Le colpe collettive di per sé non esistono: la legge dice chiaramente che la responsabilità è individuale. Uno come Uriel Fanelli, che si lamenta delle leggi non scritte ("leggi nere") che hanno oppresso la sua vita in Italia, dovrebbe essere il primo a non ricorrere a queste misure sommarie da tribunale sovietico.
La Repubblica, d'altra parte, nega le ragioni che stanno dietro al pregiudizio, bollandolo semplicemente come becero razzismo.
La realtà è che può benissimo non essere così.
Ognuno prende decisioni basate sulla propria conoscenza ed esperienza.
La conoscenza si fa e si disfa a seconda delle letture e delle opinioni che mutano. Le esperienze invece non cambiano, semmai si accumulano, ma il nostro passato non può essere cancellato.
Entrambe le cose concorrono a prendere delle precauzioni quando ci si trova davanti a situazioni di pericolo. Quanto pericolo? Be', anche minimale.
Quando è in gioco un rischio personale, nessuno ama correre rischi. Ci va bene correre il rischio più basso possibile, ma non ci sta bene correrne uno maggiore senza motivo.
Da qui casi di apparente discriminazione che altro non sono che l'applicazione del principio di cautela.
I Napoletani ignoranti/incompetenti/farabutti potranno anche essere uno sputo percento della popolazione di Napoli.
Ma Napoli e la sua gente si sono fatti comunque una certa fama.
Di Napoli si è parlato, di esperienze con Napoletani ne hanno avute tutti, e ciascuno ha tratto i propri pregiudizi.
Anche se fosse dimostrato che la stragrande maggioranza dei Napoletani è "perbene", è chiaro che nessuno desidera assumersi un rischio maggiore del minimo possibile assumendo un Napoletano al posto di, chessò io, un Bergamasco.
Chi glielo fa fare?
Per fare contenti i benpensanti? No davvero.
E' il pregiudizio all'opera: viene fatta una previsione e si agisce per minimizzare il rischio.
Ma se fosse dimostrato e dimostrabile che la previsione fatta in base al pregiudizio fosse sbagliata?
Non importa.
Questo è il punto fondamentale, che Uriel Fanelli centra e Repubblica omette.
Non importa affatto che la previsione sia giusta.
Basta che metta al riparo da rischi inutili.
La previsione pregiudizievole potrà pure essere falsa nel 90% dei casi e vera solo nel 10%, ma nessuno ha voglia di rischiare neppure quel 10%.
Ed è inutile nascondersi dietro un dito, perché così facciamo tutti. Lo facciamo perché è un comportamento che massimizza le possibilità di sopravvivenza.
Quando attraversiamo sulle strisce sappiamo che le auto ci devono dare la precedenza e che nella maggioranza dei casi ci verrà data. Ma non so voi, io non mi ci butto a corpo morto, perché voglio minimizzare il rischio di finire morto (per l'appunto). Io controllo prima di attraversare. E' un pregiudizio? Certo! Finalizzato a massimizzare le possibilità di sopravvivenza.
Perché quando siamo in gioco noi, nessun rischio è accettabile se non il rischio minore possibile.
It's just one ride, man.
sabato 18 giugno 2011
A glimpse of democracy
Quale che sia il vostro giudizio sull'ultima tornata referendaria, bisogna ammettere che il solo fatto di avere raggiunto il quorum sta scaldando i motori di tutte le macchine referendarie, che fino ad ora erano spenti.
Dai referendum contro la caccia a quelli sulla droga.
Ce n'è uno particolarmente interessante che riguarda la legge elettorale.
Promosso dalla solita sinistra estrema (guardate i firmatari e capite), ansiosa di tornare ad un modello "Prima Repubblica" (proporzionale senza sbarramenti così entrano tutti in parlamento), questo eventuale referendum può tornare utile se PdL e PD sapranno approfittarne.
Ma è un giochino ad incastri, ci vorrebbe una tempistica perfetta ed un senso democratico che latita.
Ma ci si può comunque sperare.
Il giochino ad incastri è questo:
Dai referendum contro la caccia a quelli sulla droga.
Ce n'è uno particolarmente interessante che riguarda la legge elettorale.
Promosso dalla solita sinistra estrema (guardate i firmatari e capite), ansiosa di tornare ad un modello "Prima Repubblica" (proporzionale senza sbarramenti così entrano tutti in parlamento), questo eventuale referendum può tornare utile se PdL e PD sapranno approfittarne.
Ma è un giochino ad incastri, ci vorrebbe una tempistica perfetta ed un senso democratico che latita.
Ma ci si può comunque sperare.
Il giochino ad incastri è questo:
- Che il timore di un ritorno al proporzionale convinca Berlusconi che alle prossime elezioni politiche lui sarà messo in un angolo. Senza premio di maggioranza verrebbe comunque messo in minoranza, anche se "vincesse le elezioni".
- Che Berlusconi, quindi, capisca che la sua sola chance è il maggioritario.
- Capito questo, che decida di giocarsi il tutto per tutto e mandare a cagare la Lega per accordarsi col PD sull'unica legge elettorale che possa stare bene ad entrambi, ovverosia il maggioritario.
Il maggioritario serve al PdL per i motivi su detti. Per Berlusconi governare in coalizione è come non governare (infatti tutti coloro che hanno una linea politica diversa dalla sua sono stati allontanati, vedi Casini & Fini) quindi per lui il proporzionale sarebbe una sconfitta in partenza.
Per il PD il proporzionale significa subìre l'OPA ostile di Vendola e farsi fagocitare dal pugliese con l'orecchino. Se Bersani ha un minimo di cervello (ne basta un minimo) farà di tutto per opporsi a questo.
La parte difficile di questo gioco ad incastri sta nel fatto che per il PdL abbracciare il maggioritario e abbandonare le logiche di coalizione significa innescare la crisi di governo con la Lega.
Una riedizione di ciò che fece Veltroni nel tardo 2007 insomma, quando disse che alle politiche successive il PD non si sarebbe ripresentato in coalizione con i Mastella ed i Ferrero.
Tempo 6 mesi ed il governo Prodi II era già stato sfiduciato dal parlamento.
Tempo 6 mesi ed il governo Prodi II era già stato sfiduciato dal parlamento.
Quindi perché questo avvenga ci vuole una tempistica precisa ed una visione politica chiara.
Magari se Berlusconi smettesse di bombarsi di viagra forse se ne renderebbe conto da solo.
I "liberi servi" se servissero a qualcosa potrebbero pure sforzarsi di farglielo presente.
I "liberi servi" se servissero a qualcosa potrebbero pure sforzarsi di farglielo presente.
martedì 14 giugno 2011
European nightmare
Di mestiere faccio lo scienziatino sfigato in erba e non l'economista. Dunque parlare di economia per me è rischioso perché sto andando a mettere bocca là dove so poco. Ciononostante, a differenza della maggioranza degli economisti, non credo nel voodoo ma nei rapporti di causa-effetto, possibilmente modellizzabili da una equazione differenziale, e vi dico che idea mi sono fatta della crisi del debito europea.
In primo luogo bisogna decidere di riconoscerla per ciò che è: una crisi di debito. Oggi ho sentito Mario Draghi (successore designato della divina scuola della BCE) parlare di "crisi di liquidità". Nossignore.
Una crisi di liquidità si ha quando le banche hanno paura di prestare soldi per timore di crac a valanga. Un timore dovuto alla scarsa trasparenza dei conti degli enti che richiedono il prestito.
E' chiaro che la grisi greca (ma lo stesso vale per quella irlandese e portoghese) non è una crisi di liquidità: si sa benissimo come sta messa la Grecia, ed il motivo per cui il debito greco non riesce ad essere rifinanziato tramite i normali canali del mercato non è un irrazionale panico delle banche, è la consapevolezza che la Grecia è fallita.
I "leader" europei si stanno riunendo in queste ore (mentre noi ci illudiamo di parlare di "primavera italiana" perché "Berlusconi ha perso il referendum") per decidere come uscire da questo grosso casino.
La soluzione normalmente sarebbe stata una sola: lasciare che la Grecia ristrutturasse il suo debito e tanti saluti. Ma questo non è stato fatto per due ragioni strettamente connesse.
La prima è che la Grecia è nell'€urozona. Ristrutturare il debito porterebbe di fatto la Grecia fuori dall'€urozona e probabilmente anche dalla UE, e c'è chi non vuole che questo accada, nello specifico la Germania[1].
La seconda è che c'è un paese (la Germania) le cui banche hanno investito in modo smodato nel debito greco, e da un anno a questa parte stanno tentando disperatamente di disfarsene. Senza troppo successo, peraltro.
Come conseguenza di queste esigenze (che, a ben vedere, sono di un solo paese, sempre la Germania [2]) la UE ha dovuto trovare decine di miliardi di euro per dare un prestito ponte alla Grecia.
Non so dire cosa sperassero i "leader" europei, un anno fa, quando è stata varata questa misura.
Forse speravano di tamponare la situazione e blandire le agenzie di rating. O forse volevano solo dare tempo alle banche tedesche di disfarsi dei titoli greci. Una delle due.
Quale che sia il motivo ora siamo esattamente nella medesima situazione di un anno fa avendo, però nel frattempo stanziato fondi per 750 miliardi di € [3]. Davanti a questa cifra colossale si capisce che non esiste né può esistere un "piano B".
Non ci sono soldi per un "piano B" perché abbiamo investito tutto nel "piano A" che non sta dando nessuno dei frutti sperati.
La Grecia rappresenta sì e no il 2,6% del PIL dell'intera UE, eppure non riesce a rifinanziare il suo debito.
Ci sarà da vedere adesso cosa decideranno come misura in extremis: personalmente non vedo come la Grecia possa non andare in bancarotta.
Quando questo succederà (speriamo sia il prima possibile) noi saremo cornuti e mazziati.
Cornuti perché siamo entrati nell'€uro con la promessa implicita che la moneta unica ci avrebbe messo al riparo dal crack del debito, e vediamo adesso che la UE non riesce a salvare neppure la Grecia e che anche un paese come l'Irlanda (che ha seguito alla lettera i protocolli UE sul debito) è estremamente a rischio.
Mazziati perché siamo stati coinvolti anche noi nel maxiprestito che si rivelerà inevitabilmente a fondo perduto.
Siamo dunque caduti in una trappola.
Quale trappola? Non avere risconosciuto subito la UE ed in particolare l'€urozona per quello che è.
Ovverosia un meccanismo per permettere all'economia più grande del continente (la Germania) di penalizzare tutte le economie concorrenti.
Le regole europee sono fatte su misura per penalizzare paesi produttori ed esportatori come l'Italia. I vincoli di bilancio servono a bloccare gli aiuti di stato all'economia in nome della stabilità finanaziaria, ma quest'ultima è una chiara menzogna perché da sempre i paesi falliscono non per l'eccesso di debito pubblico, bensì per l'eccesso di debito complessivo (pubblico E soprattutto privato) [4]. L'€uro serve ad impedirci di svalutare la moneta per recuperare la competitività con la Germania, in nome dell'inflazione "da tenere sotto controllo". Anche questa è una menzogna, perché tenere l'inflazione bassa non serve a nulla se al tempo stesso salari e stipendi sono fermi al palo. Una inflazione anche solo dell'1% l'anno impoverisce lo stesso se l'economia non cresce.
Un tedesco potrebbe dirci: "fate come la Germania". Il problema è che in pochi fanno come la Germania, perché solo la Germania coi sui 88 milioni di cittadini ha le dimensioni per mettere in atto certe conomie di scala.
E l'Est europeo? Cresce anche quello, giusto? E l'Olanda? Verissimo, anche i paesi periferici della Germania crescono. Ma solo in quanto trainati dalle esigenze produttive della Germania stessa.
La Germania ha saputo delocalizzare di più e meglio, abbassando i costi di produzione senza condannare la Germania ad un futuro post-industriale come invece è successo al Regno Unito (che, va detto, non ha uno "spazio vitale" a sua disposizione da colonizzare; insomma, il Regno Unito non ha a disposizione una sua Polonia).
Tanto dio cappello, per carità. Ma questa è una cosa che ormai è avvenuta e che impedisce alle altre economie grandi del continente di fare altrettanto. La nicchia ecologica è stata riempita, e non si libererà per i prossimi decenni.
Prima o poi dovremo prenderne atto anche qua in Italia e Francia e deciderci a guardare da un'altra parte (Nordafrica?) per i nostri interessi economici (e gli interessi economici sono la ragione per cui oggi esiste la UE).
L'Europa non ci verrà in soccorso, non è la soluzione dei nostri problemi, bensì è parte essa stessa del problema.
[1] Il motivo? Che se un paese esce dall'€urozona viene mostrato a tutti che "si può fare". Se "si può fare" a catena ne usciranno altri.
La Germania ha tutto l'interesse a tenere l'€urozona così com'è, ovverosia una zona più ampia possibile dominata dalla sua economia.
Se la Grecia ristrutturasse il suo debito ed uscisse dalle eurocomunità, potrebbe indurre altre economie ben più grandi (es: Italia, Spagna, persino Francia) ad uscirne e svalutare le proprie monete.
La Germania a quel punto subirebbe la concorrenza di vicini europei capaci di competere con lei tramite svalutazioni della moneta.
[2] Sarebbe nell'interesse greco ristrutturare il proprio debito. La Grecia è un paese economicamente allo sbando e finché non si libererà di quella montagna di debiti (pubblici E privati) che ha sarà impossibile una sua ripresa economica. Impedire la bancarotta greca significa affossare l'economia greca fino alla fine dei tempi.
[3] Non tutti questi soldi sono a carico di noi europei, ma la gran parte sì.
[4] Lo si vede anche adesso con l'Irlanda, che è andata anch'essa nel 2010 sull'orlo del default con un debito pubblico al 60% del PIL. Roba che da noi faremmo i salti di gioia (siamo al 115% ed il Giappone si avvia al 200%).
In primo luogo bisogna decidere di riconoscerla per ciò che è: una crisi di debito. Oggi ho sentito Mario Draghi (successore designato della divina scuola della BCE) parlare di "crisi di liquidità". Nossignore.
Una crisi di liquidità si ha quando le banche hanno paura di prestare soldi per timore di crac a valanga. Un timore dovuto alla scarsa trasparenza dei conti degli enti che richiedono il prestito.
E' chiaro che la grisi greca (ma lo stesso vale per quella irlandese e portoghese) non è una crisi di liquidità: si sa benissimo come sta messa la Grecia, ed il motivo per cui il debito greco non riesce ad essere rifinanziato tramite i normali canali del mercato non è un irrazionale panico delle banche, è la consapevolezza che la Grecia è fallita.
I "leader" europei si stanno riunendo in queste ore (mentre noi ci illudiamo di parlare di "primavera italiana" perché "Berlusconi ha perso il referendum") per decidere come uscire da questo grosso casino.
La soluzione normalmente sarebbe stata una sola: lasciare che la Grecia ristrutturasse il suo debito e tanti saluti. Ma questo non è stato fatto per due ragioni strettamente connesse.
La prima è che la Grecia è nell'€urozona. Ristrutturare il debito porterebbe di fatto la Grecia fuori dall'€urozona e probabilmente anche dalla UE, e c'è chi non vuole che questo accada, nello specifico la Germania[1].
La seconda è che c'è un paese (la Germania) le cui banche hanno investito in modo smodato nel debito greco, e da un anno a questa parte stanno tentando disperatamente di disfarsene. Senza troppo successo, peraltro.
Come conseguenza di queste esigenze (che, a ben vedere, sono di un solo paese, sempre la Germania [2]) la UE ha dovuto trovare decine di miliardi di euro per dare un prestito ponte alla Grecia.
Non so dire cosa sperassero i "leader" europei, un anno fa, quando è stata varata questa misura.
Forse speravano di tamponare la situazione e blandire le agenzie di rating. O forse volevano solo dare tempo alle banche tedesche di disfarsi dei titoli greci. Una delle due.
Quale che sia il motivo ora siamo esattamente nella medesima situazione di un anno fa avendo, però nel frattempo stanziato fondi per 750 miliardi di € [3]. Davanti a questa cifra colossale si capisce che non esiste né può esistere un "piano B".
Non ci sono soldi per un "piano B" perché abbiamo investito tutto nel "piano A" che non sta dando nessuno dei frutti sperati.
La Grecia rappresenta sì e no il 2,6% del PIL dell'intera UE, eppure non riesce a rifinanziare il suo debito.
Ci sarà da vedere adesso cosa decideranno come misura in extremis: personalmente non vedo come la Grecia possa non andare in bancarotta.
Quando questo succederà (speriamo sia il prima possibile) noi saremo cornuti e mazziati.
Cornuti perché siamo entrati nell'€uro con la promessa implicita che la moneta unica ci avrebbe messo al riparo dal crack del debito, e vediamo adesso che la UE non riesce a salvare neppure la Grecia e che anche un paese come l'Irlanda (che ha seguito alla lettera i protocolli UE sul debito) è estremamente a rischio.
Mazziati perché siamo stati coinvolti anche noi nel maxiprestito che si rivelerà inevitabilmente a fondo perduto.
Siamo dunque caduti in una trappola.
Quale trappola? Non avere risconosciuto subito la UE ed in particolare l'€urozona per quello che è.
Ovverosia un meccanismo per permettere all'economia più grande del continente (la Germania) di penalizzare tutte le economie concorrenti.
Le regole europee sono fatte su misura per penalizzare paesi produttori ed esportatori come l'Italia. I vincoli di bilancio servono a bloccare gli aiuti di stato all'economia in nome della stabilità finanaziaria, ma quest'ultima è una chiara menzogna perché da sempre i paesi falliscono non per l'eccesso di debito pubblico, bensì per l'eccesso di debito complessivo (pubblico E soprattutto privato) [4]. L'€uro serve ad impedirci di svalutare la moneta per recuperare la competitività con la Germania, in nome dell'inflazione "da tenere sotto controllo". Anche questa è una menzogna, perché tenere l'inflazione bassa non serve a nulla se al tempo stesso salari e stipendi sono fermi al palo. Una inflazione anche solo dell'1% l'anno impoverisce lo stesso se l'economia non cresce.
Un tedesco potrebbe dirci: "fate come la Germania". Il problema è che in pochi fanno come la Germania, perché solo la Germania coi sui 88 milioni di cittadini ha le dimensioni per mettere in atto certe conomie di scala.
E l'Est europeo? Cresce anche quello, giusto? E l'Olanda? Verissimo, anche i paesi periferici della Germania crescono. Ma solo in quanto trainati dalle esigenze produttive della Germania stessa.
La Germania ha saputo delocalizzare di più e meglio, abbassando i costi di produzione senza condannare la Germania ad un futuro post-industriale come invece è successo al Regno Unito (che, va detto, non ha uno "spazio vitale" a sua disposizione da colonizzare; insomma, il Regno Unito non ha a disposizione una sua Polonia).
Tanto dio cappello, per carità. Ma questa è una cosa che ormai è avvenuta e che impedisce alle altre economie grandi del continente di fare altrettanto. La nicchia ecologica è stata riempita, e non si libererà per i prossimi decenni.
Prima o poi dovremo prenderne atto anche qua in Italia e Francia e deciderci a guardare da un'altra parte (Nordafrica?) per i nostri interessi economici (e gli interessi economici sono la ragione per cui oggi esiste la UE).
L'Europa non ci verrà in soccorso, non è la soluzione dei nostri problemi, bensì è parte essa stessa del problema.
[1] Il motivo? Che se un paese esce dall'€urozona viene mostrato a tutti che "si può fare". Se "si può fare" a catena ne usciranno altri.
La Germania ha tutto l'interesse a tenere l'€urozona così com'è, ovverosia una zona più ampia possibile dominata dalla sua economia.
Se la Grecia ristrutturasse il suo debito ed uscisse dalle eurocomunità, potrebbe indurre altre economie ben più grandi (es: Italia, Spagna, persino Francia) ad uscirne e svalutare le proprie monete.
La Germania a quel punto subirebbe la concorrenza di vicini europei capaci di competere con lei tramite svalutazioni della moneta.
[2] Sarebbe nell'interesse greco ristrutturare il proprio debito. La Grecia è un paese economicamente allo sbando e finché non si libererà di quella montagna di debiti (pubblici E privati) che ha sarà impossibile una sua ripresa economica. Impedire la bancarotta greca significa affossare l'economia greca fino alla fine dei tempi.
[3] Non tutti questi soldi sono a carico di noi europei, ma la gran parte sì.
[4] Lo si vede anche adesso con l'Irlanda, che è andata anch'essa nel 2010 sull'orlo del default con un debito pubblico al 60% del PIL. Roba che da noi faremmo i salti di gioia (siamo al 115% ed il Giappone si avvia al 200%).
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