lunedì 27 giugno 2011

Il sonno delle idee genera mostri

La sinistra italiana e' una nave alla deriva che fa acqua da tutte le parti.

Un giorno puo' aprirsi una falla a poppa (Di Pietro che dialoga con Berlusconi e rivendica una sua autonomia), un altro giorno a prua (Vendola che dice una delle sue vendolate e lancia l'OPA sul PD).

Inutile, impossibile e noioso stare dietro di volta a tutte le singole brecce che si aprono nello scafo.
Sono innumerevoli quelle che si sono aperte finora, saranno innumerevoli quelle che si apriranno in futuro.

Il problema di fondo resta sempre uno ed uno solo: la sinistra italiana non ha un suo progetto di governo, non ha in testa le idee strategiche per guidare questa nazione.
Il fatto che non abbia un leader carismatico ne' e' solo la conseguenza: se Bersani avesse una sua idea di Paese da proporre, andrebbe bene perfino Bersani (con le sue "metafore" malriuscite).
Il problema e' la mancanza di idee strategiche.

Proprio perche' i "generali" della sinistra sono privi di una "strategia" (cioe' di idee di lungo periodo e di alto profilo), il risultato e' che ogni "colonnello" un minimo carismatico se ne esce fuori con una proposta "tattica" (cioe' sparate di breve periodo e basso profilo).
Le sparate possono essere le piu' varie, possono essere stupide o sensate, ma tutte sono accumunate dall'essere di corto respiro: puo' essere il no-TAV, puo' essere l'acqua pubblica, puo' essere il reddito di cittadinanza, puo' essere l'estensione delle tutele dell'articolo 18...
Puo' essere quello che vi pare, ma si tratta solo di pezze messe li' sulla falla per rabbonire una parte di elettorato.

Significa non progettare il futuro, ma puntellare (malamente) il presente.

Il risultato e' che la barca magari non affonda, ma non va da nessuna parte.

In questo senso la sinistra italiana sembra metafora dell'Italia intera: non stiamo naufragando come la Grecia, non protestiamo come in Spagna, non cresciamo come in Germania.
Stiamo affondando, ma lentamente, cosi' lentamente che diventa quasi piu' facile cercare di pompare fuori un po' d'acqua per guadagnare qualche altro anno di galleggiamento piuttosto che cercare di cambiare rotta e migliorare davvero le cose.

Il fatto e' che ormai siamo in questa situazione da tanti anni (dicamo dal 1992) e di acqua nella barca se ne e' accumulata tanta.
Ci siamo adattati a vivere coi coglioni a mollo nella guazza, ma iniziamo ad essere sempre piu' a disagio.

Quel che dimostra la supremazia del centro-destra in Italia negli ultimi 10 anni e' che a destra si sanno riconoscere i problemi ma nella pratica non si affrontano perche' ci si deve occupare solo dei bisogni del Capo (legiferando di volta in volta sulle sue Tv, sul falso in bilancio, sulla giustizia ecc ecc).

La sinistra non ha invece neppure una visione strategica unitaria, neanche a parole.
Il gioco di Bersani e' rimandare la palla dall'altra parte.
Lo sentivo dire giusto ieri che "il governo ha semnpre ignorato le proposte del PD". Ok, ma quali? Bho. A domanda su quale sia il programma del PD Bersani l'ho sentito rispondere solo qualche mese fa che "la settimana prossima arrivera' il programma".
La verita' e' che per il programma servono le idee, e queste non ci sono.

martedì 21 giugno 2011

Pride and Prejudice

Riscopriamo il valore del pregiudizio!
O meglio, discutiamo del perché esiste.

Il pregiudizio è un tentativo di anticipare una realtà che incombe. A che scopo anticiparla? Per precauzione, per sopravvivenza. Il pregiudizio nasce semplicemente da questo: prevedere una eventualità per cautelarsi.
Capita in questi giorni che sia Repubblica che il blog di Uriel Fanelli trattino (a modo loro) di pregiudizi, più o meno discriminatori.
Uriel Fanelli calca la mano col concetto di "responsabilità collettiva". La Repubblica coi soliti piagnistei benpensanti.
Entrambe le posizioni mi paiono inadeguate ad un contesto sociale.

Le colpe collettive di per sé non esistono: la legge dice chiaramente che la responsabilità è individuale. Uno come Uriel Fanelli, che si lamenta delle leggi non scritte ("leggi nere") che hanno oppresso la sua vita in Italia, dovrebbe essere il primo a non ricorrere a queste misure sommarie da tribunale sovietico.

La Repubblica, d'altra parte, nega le ragioni che stanno dietro al pregiudizio, bollandolo semplicemente come becero razzismo.
La realtà è che può benissimo non essere così.

Ognuno prende decisioni basate sulla propria conoscenza ed esperienza.
La conoscenza si fa e si disfa a seconda delle letture e delle opinioni che mutano. Le esperienze invece non cambiano, semmai si accumulano, ma il nostro passato non può essere cancellato.
Entrambe le cose concorrono a prendere delle precauzioni quando ci si trova davanti a situazioni di pericolo. Quanto pericolo? Be', anche minimale.
Quando è in gioco un rischio personale, nessuno ama correre rischi. Ci va bene correre il rischio più basso possibile, ma non ci sta bene correrne uno maggiore senza motivo.

Da qui casi di apparente discriminazione che altro non sono che l'applicazione del principio di cautela.
I Napoletani ignoranti/incompetenti/farabutti potranno anche essere uno sputo percento della popolazione di Napoli.
Ma Napoli e la sua gente si sono fatti comunque una certa fama.
Di Napoli si è parlato, di esperienze con Napoletani ne hanno avute tutti, e ciascuno ha tratto i propri pregiudizi.
Anche se fosse dimostrato che la stragrande maggioranza dei Napoletani è "perbene", è chiaro che nessuno desidera assumersi un rischio maggiore del minimo possibile assumendo un Napoletano al posto di, chessò io, un Bergamasco.
Chi glielo fa fare?
Per fare contenti i benpensanti? No davvero.
E' il pregiudizio all'opera: viene fatta una previsione e si agisce per minimizzare il rischio.

Ma se fosse dimostrato e dimostrabile che la previsione fatta in base al pregiudizio fosse sbagliata?
Non importa.

Questo è il punto fondamentale, che Uriel Fanelli centra e Repubblica omette.
Non importa affatto che la previsione sia giusta.
Basta che metta al riparo da rischi inutili.
La previsione pregiudizievole potrà pure essere falsa nel 90% dei casi e vera solo nel 10%, ma nessuno ha voglia di rischiare neppure quel 10%.
Ed è inutile nascondersi dietro un dito, perché così facciamo tutti. Lo facciamo perché è un comportamento che massimizza le possibilità di sopravvivenza.
Quando attraversiamo sulle strisce sappiamo che le auto ci devono dare la precedenza e che nella maggioranza dei casi ci verrà data. Ma non so voi, io non mi ci butto a corpo morto, perché voglio minimizzare il rischio di finire morto (per l'appunto). Io controllo prima di attraversare. E' un pregiudizio? Certo! Finalizzato a massimizzare le possibilità di sopravvivenza.

Perché quando siamo in gioco noi, nessun rischio è accettabile se non il rischio minore possibile.

It's just one ride, man.

sabato 18 giugno 2011

A glimpse of democracy

Quale che sia il vostro giudizio sull'ultima tornata referendaria, bisogna ammettere che il solo fatto di avere raggiunto il quorum sta scaldando i motori di tutte le macchine referendarie, che fino ad ora erano spenti.
Dai referendum contro la caccia a quelli sulla droga.
Ce n'è uno particolarmente interessante che riguarda la legge elettorale.
Promosso dalla solita sinistra estrema (guardate i firmatari e capite), ansiosa di tornare ad un modello "Prima Repubblica" (proporzionale senza sbarramenti così entrano tutti in parlamento), questo eventuale referendum può tornare utile se PdL e PD sapranno approfittarne.
Ma è un giochino ad incastri, ci vorrebbe una tempistica perfetta ed un senso democratico che latita.
Ma ci si può comunque sperare.
Il giochino ad incastri è questo:

  1. Che il timore di un ritorno al proporzionale convinca Berlusconi che alle prossime elezioni politiche lui sarà messo in un angolo. Senza premio di maggioranza verrebbe comunque messo in minoranza, anche se "vincesse le elezioni".
  2. Che Berlusconi, quindi, capisca che la sua sola chance è il maggioritario.
  3. Capito questo, che decida di giocarsi il tutto per tutto e mandare a cagare la Lega per accordarsi col PD sull'unica legge elettorale che possa stare bene ad entrambi, ovverosia il maggioritario.
Il maggioritario serve al PdL per i motivi su detti. Per Berlusconi governare in coalizione è come non governare (infatti tutti coloro che hanno una linea politica diversa dalla sua sono stati allontanati, vedi Casini & Fini) quindi per lui il proporzionale sarebbe una sconfitta in partenza.

Per il PD il proporzionale significa subìre l'OPA ostile di Vendola e farsi fagocitare dal pugliese con l'orecchino. Se Bersani ha un minimo di cervello (ne basta un minimo) farà di tutto per opporsi a questo.

La parte difficile di questo gioco ad incastri sta nel fatto che per il PdL abbracciare il maggioritario e abbandonare le logiche di coalizione significa innescare la crisi di governo con la Lega.
Una riedizione di ciò che fece Veltroni nel tardo 2007 insomma, quando disse che alle politiche successive il PD non si sarebbe ripresentato in coalizione con i Mastella ed i Ferrero.
Tempo 6 mesi ed il governo Prodi II era già stato sfiduciato dal parlamento.

Quindi perché questo avvenga ci vuole una tempistica precisa ed una visione politica chiara.

Magari se Berlusconi smettesse di bombarsi di viagra forse se ne renderebbe conto da solo.
I "liberi servi" se servissero a qualcosa potrebbero pure sforzarsi di farglielo presente.

martedì 14 giugno 2011

European nightmare

Di mestiere faccio lo scienziatino sfigato in erba e non l'economista. Dunque parlare di economia per me è rischioso perché sto andando a mettere bocca là dove so poco. Ciononostante, a differenza della maggioranza degli economisti, non credo nel voodoo ma nei rapporti di causa-effetto, possibilmente modellizzabili da una equazione differenziale, e vi dico che idea mi sono fatta della crisi del debito europea.


In primo luogo bisogna decidere di riconoscerla per ciò che è: una crisi di debito. Oggi ho sentito Mario Draghi (successore designato della divina scuola della BCE) parlare di "crisi di liquidità". Nossignore.
Una crisi di liquidità si ha quando le banche hanno paura di prestare soldi per timore di crac a valanga. Un timore dovuto alla scarsa trasparenza dei conti degli enti che richiedono il prestito.
E' chiaro che la grisi greca (ma lo stesso vale per quella irlandese e portoghese) non è una crisi di liquidità: si sa benissimo come sta messa la Grecia, ed il motivo per cui il debito greco non riesce ad essere rifinanziato tramite i normali canali del mercato non è un irrazionale panico delle banche, è la consapevolezza che la Grecia è fallita.
I "leader" europei si stanno riunendo in queste ore (mentre noi ci illudiamo di parlare di "primavera italiana" perché "Berlusconi ha perso il referendum") per decidere come uscire da questo grosso casino.
La soluzione normalmente sarebbe stata una sola: lasciare che la Grecia ristrutturasse il suo debito e tanti saluti. Ma questo non è stato fatto per due ragioni strettamente connesse.
La prima è che la Grecia è nell'€urozona. Ristrutturare il debito porterebbe di fatto la Grecia fuori dall'€urozona e probabilmente anche dalla UE, e c'è chi non vuole che questo accada, nello specifico la Germania[1]. 
La seconda è che c'è un paese (la Germania) le cui banche hanno investito in modo smodato nel debito greco, e da un anno a questa parte stanno tentando disperatamente di disfarsene. Senza troppo successo, peraltro.
Come conseguenza di queste esigenze (che, a ben vedere, sono di un solo paese, sempre la Germania [2]) la UE ha dovuto trovare decine di miliardi di euro per dare un prestito ponte alla Grecia.
Non so dire cosa sperassero i "leader" europei, un anno fa, quando è stata varata questa misura. 
Forse speravano di tamponare la situazione e blandire le agenzie di rating. O forse volevano solo dare tempo alle banche tedesche di disfarsi dei titoli greci. Una delle due.
Quale che sia il motivo ora siamo esattamente nella medesima situazione di un anno fa avendo, però nel frattempo stanziato fondi per 750 miliardi di € [3]. Davanti a questa cifra colossale si capisce che non esiste né può esistere un "piano B".
Non ci sono soldi per un "piano B" perché abbiamo investito tutto nel "piano A" che non sta dando nessuno dei frutti sperati.
La Grecia rappresenta sì e no il 2,6% del PIL dell'intera UE, eppure non riesce a rifinanziare il suo debito.
Ci sarà da vedere adesso cosa decideranno come misura in extremis: personalmente non vedo come la Grecia possa non andare in bancarotta. 
Quando questo succederà (speriamo sia il prima possibile) noi saremo cornuti e mazziati.
Cornuti perché siamo entrati nell'€uro con la promessa implicita che la moneta unica ci avrebbe messo al riparo dal crack del debito, e vediamo adesso che la UE non riesce a salvare neppure la Grecia e che anche un paese come l'Irlanda (che ha seguito alla lettera i protocolli UE sul debito) è estremamente a rischio.
Mazziati perché siamo stati coinvolti anche noi nel maxiprestito che si rivelerà inevitabilmente a fondo perduto.


Siamo dunque caduti in una trappola.
Quale trappola? Non avere risconosciuto subito la UE ed in particolare l'€urozona per quello che è.
Ovverosia un meccanismo per permettere all'economia più grande del continente (la Germania) di penalizzare tutte le economie concorrenti.
Le regole europee sono fatte su misura per penalizzare paesi produttori ed esportatori come l'Italia. I vincoli di bilancio servono a bloccare gli aiuti di stato all'economia in nome della stabilità finanaziaria, ma quest'ultima è una chiara menzogna perché da sempre i paesi falliscono non per l'eccesso di debito pubblico, bensì per l'eccesso di debito complessivo (pubblico E soprattutto privato) [4]. L'€uro serve ad impedirci di svalutare la moneta per recuperare la competitività con la Germania, in nome dell'inflazione "da tenere sotto controllo". Anche questa è una menzogna, perché tenere l'inflazione bassa non serve a nulla se al tempo stesso salari e stipendi sono fermi al palo. Una inflazione anche solo dell'1%  l'anno impoverisce lo stesso se l'economia non cresce.

Un tedesco potrebbe dirci: "fate come la Germania". Il problema è che in pochi fanno come la Germania, perché solo la Germania coi sui 88 milioni di cittadini ha le dimensioni per mettere in atto certe conomie di scala. 
E l'Est europeo? Cresce anche quello, giusto? E l'Olanda? Verissimo, anche i paesi periferici della Germania crescono. Ma solo in quanto trainati dalle esigenze produttive della Germania stessa. 
La Germania ha saputo delocalizzare di più e meglio, abbassando i costi di produzione senza condannare la Germania ad un futuro post-industriale come invece è successo al Regno Unito (che, va detto, non ha uno "spazio vitale" a sua disposizione da colonizzare; insomma, il Regno Unito non ha a disposizione una sua Polonia). 
Tanto dio cappello, per carità. Ma questa è una cosa che ormai è avvenuta e che impedisce alle altre economie grandi del continente di fare altrettanto. La nicchia ecologica è stata riempita, e non si libererà per i prossimi decenni.


Prima o poi dovremo prenderne atto anche qua in Italia e Francia e deciderci a guardare da un'altra parte (Nordafrica?) per i nostri interessi economici (e gli interessi economici sono la ragione per cui oggi esiste la UE).


L'Europa non ci verrà in soccorso, non è la soluzione dei nostri problemi, bensì è parte essa stessa del problema.
 
[1] Il motivo? Che se un paese esce dall'€urozona viene mostrato a tutti che "si può fare". Se "si può fare" a catena ne usciranno altri.
La Germania ha tutto l'interesse a tenere l'€urozona così com'è, ovverosia una zona più ampia possibile dominata dalla sua economia. 
Se la Grecia ristrutturasse il suo debito ed uscisse dalle eurocomunità, potrebbe indurre altre economie ben più grandi (es: Italia, Spagna, persino Francia) ad uscirne e svalutare le proprie monete.
La Germania a quel punto subirebbe la concorrenza di vicini europei capaci di competere con lei tramite svalutazioni della moneta.
[2] Sarebbe nell'interesse greco ristrutturare il proprio debito. La Grecia è un paese economicamente allo sbando e finché non si libererà di quella montagna di debiti (pubblici E privati) che ha sarà impossibile una sua ripresa economica. Impedire la bancarotta greca significa affossare l'economia greca fino alla fine dei tempi.
[3] Non tutti questi soldi sono a carico di noi europei, ma la gran parte sì.
[4] Lo si vede anche adesso con l'Irlanda, che è andata anch'essa nel 2010 sull'orlo del default con un debito pubblico al 60% del PIL. Roba che da noi faremmo i salti di gioia (siamo al 115% ed il Giappone si avvia al 200%).

lunedì 13 giugno 2011

Aftermath, part II

Giuliano Ferrara si chiede oggi quale sarà, in un futuro prossimo in cui la "democrazia dell'alternanza" darà una maggioranza parlamentare alla sinistra, l'eredità storica del berlusconismo.
Può essere prematuro discuterne, poiché Berlusconi è già stato dato per morto almeno altre due volte eppure continua a dominare la scena politica italiana.

Ma io ci provo lo stesso.

Mi vengono in mente le parole (sprezzanti) di Benito Mussolini alla Camera sul caso Matteotti:
Se il fascismo non è stato altro che olio di ricino e manganello e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa!
Oggi noi sappiamo che il fascismo è stato tutto meno che passione superba della migliore gioventù, ed abbiamo visto Mussolini penzolare appeso ad un distributore.
Verrebbe quindi facile liquidare il berlusconismo allo stesso identico modo.

La realtà però non sta esattamente così, ed è più complessa di come le riduzioni della sinistra militante la vuole dipingere.

Al di là dei fantasiosi paralleli tra Mussolini e Berlusconi, quel che bisogna ammettere è che il berlusconismo ha portato in Italia un nuovo modo di fare politica. Nel bene e (più spesso) nel male.
a) Il rapporto diretto con l'elettorato è in linea con le grandi democrazie [1]  in cui si delega il potere non ad un apparato, bensì ad una persona che goda della fiducia della maggioranza. Anche la tremenda legge "porcata" in fondo va in questa direzione.
b) Ha portato alla ribalta le istanze del ceto produttivo italiano. A parole. Nei fatti non ha fatto niente in quasi 10 anni di governo. Ma almeno a parole ha riconosciuto i problemi di chi tutti i giorni sa quanto sia rognoso mandare avanti una attività produttiva. Tra la burocrazia e le tasse basate su studi di settore a volte senza senso.
Certo, il nostro ceto produttivo è particolarmente arretrato e privo di visione strategica, ma è tutto quello che abbiamo.
c) Ha fatto saltare ogni consuetudine istituzionale che si possa pensare. Silenzio elettorale? Rispetto delle sentenze? Scontro col capo dello Stato?  Sfottò al presidente della camera bassa? Sberleffi alle supreme corti? Leggi incostituzionali "ad personam"? Gesti impropri ai meeting internazionali?
Non ci ha fatto mancare niente. Ma queste cose sono piaciute ad una certa parte dell'elettorato, perché obiettivamente sono atteggiamenti anticonformisti, da "outsider". La "politica del cucù" e la politica dell'outsider. Che in un paese in cui si impreca "piove, governo ladro" significa comunque essere giudicati meglio dei politici di professione.
d) Ed infatti questa è sempre una delle peculiarità di Berlusconi: essere sempre un outsider. O almeno sapersi presentare sempre come tale.
Non nasce politico, lo diventa. E resta lontano dalla dura arte della mediazione politica fino ai giorni nostri. Anzi, diventa sempre meno capace di mediare con la politica. Prima rompe con gli ex-DC, poi con gli ex-fascisti. Ora governa con una forza politica grottesca che si esprime a insulti e gesti dell'ombrello. Gli unici con cui mantiene affinità, se non ideologica, perlomeno caratteriale. Sono dei freak, ed in quanto freak sono outsider come lui.
E la carica degli outsider non si arresta certo con lui, anzi, coinvolge adesso anche la sinistra. Come interpretare altrimenti la vittoria di Pisapia? Brillante avvocato borghese vicino a Vendola ed ai centri sociali che batte il candidato dell'apparato del PD?
E De Magistris che fa uguale ma addirittura alle elezioni?
E prima ancora Renzi che vince le primarie a Firenze contro lo stesso partito di cui ha la tessera?
Oggi tutti vogliono essere rottamatori, come Berlusconi è stato il rottamatore della Prima Repubblica.
e) E infatti questa è la chiave di lettura della Seconda Repubblica, penso: un vaffanculo alla politica barbosa e inconcludente della DC e del resto del pentapartito. Una politica lontana dalla gente, fatta di trame di palazzo che del parere del popolo sovrano spesso se ne fregava altamente.
La pratica ci dice che anche la politica della Seconda Repubblica (di cui Berlusconi è il massimo esponente ed il primo responsabile) è stata corrotta e inconcludente.
Ma di sicuro non è stata barbosa, abbiamo visto accadere veramente di tutto, ci siamo fatti mancare solo il colpo di stato. Ed è stata in contatto molto più diretto col popolo sovrano.
f) E questo contatto col popolo ci dice anche che è morta l'idea che un leader sia migliore del suo elettorato. Di sicuro, l'uomo Berlusconi non è migliore del suo elettorato [2], ma nessuno è più interessato a questo. La politica moralista è stata soppiantata dalla politica "reality": di Berlusconi sappiamo tutto, anche su che letto scopa o quali siano le sue fantasie erotiche. E le sue fortune politiche sono indipendenti da questo.
Potrà non piacere, ma aver rigettato la morale come categoria di giudizio politico rende possibile parlare di cose reali [3].
g) Ed è sotto il peso delle cose reali che Berlusconi sembra oggi essere giunto al capolinea. Con una espressione di cui si fa parecchio abuso, si può dire che "il re è nudo". Ma in senso letterale.
Il re non è interessato al suo paese, non governa più nulla, non fa più nulla. E' interessato solo a se stesso, ai suoi piaceri, alla sua immunità, alle sue aziende.
Il Berlusconi politico vince grazie ai desideri della parte produttiva del paese. E, come è giusto che sia, va in crisi quando questa parte produttiva si accorge (con colpevole ritardo) che ogni promessa berlusconiana è rimasta solo promessa, e non si è mai concretizzata nella realtà.
Berlusconi vince perché interpreta la realtà, ed ora perde perché non ha saputo/voluto incidervi.
Le sue Tv non riescono a nascondere questo fatto. La realtà è sempre stata più forte della finzione televisiva.
Le sinistre ci hanno venduto una immagine del berluscones beota rimbambito dalle veline col culo di fuori. Ma in realtà quando i problemi del paese non hanno risposta se ne accorgono tutti.

Per tornare alla domanda di Ferrara, quindi, qual è il lascito migliore del berlusconismo?

Secondo me, dimostrare che la rappresentatività è il mezzo con cui vincere le elezioni, e che la realtà resta comunque il criterio con cui la politica viene valutata.
In barba a moralismi della domenica, giochi di partito e mistificazioni televisive.

E secondo voi?


[1] Il problema è che le grandi democrazie hanno delle basi democratiche solide, mentre noi no. Gli USA coi loro "checks and balances" avrebbero metabolizzato meglio Berlusconi di quanto abbiamo fatto noi.
[2] Perché se invece lo fosse, credo, l'unica soluzione per l'Italia sarebbe un genocidio.
[3] Dove c'è la morale ci sono i valori, la fede, gli ideali e bla bla bla. Belle cose, eh, ma hanno senso su scala personale e privata. Non sulla scala strategica del governare una nazione di 60 milioni di abitanti. La realtà è fatta di idee, non di ideali.

domenica 5 giugno 2011

Fading memories, part III

1 maggio 2008.
Avevo completamente dimenticato di aver mai scritto una cosa del genere, ma mi sembra tuttora attuale e lo ripropino qui.
Quando scrissi questa roba il governo Prodi II stava per andare a casa e Berlusconi stava per rivincere le elezioni. E sì, all'epoca mi professavo ancora "di sinistra". Ma stavo per smettere, perché iniziavano ad esserci troppe cose che non mi tornavano.
Questa è una di quelle: "i chiagni e fotti"

Lettera a Napolitano

Vorrei portare alla vostra attenzione questa lettera al capo dello stato perché la trovo patetica e vergognosa: secondo me fa davvero un pessimo servizio alla causa di quei precari che sopravvivono ma non riescono a vivere con la serenità che spetterebbe loro.

http://www.repubblica.it/2008/04/sez...sta-donna.html

  • Insieme questi due hanno 1300€ al mese, non hanno un mutuo da pagare, vivono al Sud (nel napoletano, per la precisione) dove obbiettivamente il costo della vita non è quello della Lombardia, e se ne escono col fatto che non possono mantenere un figlio? Ma prendono per il culo?
  • Se la mena per essersi "quasi laureata in Scienze Politiche con 18 esami su 22" ? Ma sta prendendo per il culo? E questo sarebbe un achievement? Un titolo di merito? Già laurearsi oggi è un obbiettivo alla portata di tutti e non è un titolo di merito, figurarsi l'essersi "quasi laureati"...
  • Lui è "cubano, diplomato all'Accademia, un artista, ha trovato un posto da apprendista sempre nel campo dei computer": a parte che chiunque si presenti dicendo "salve, sono un artista cubano" dovrebbe sempre mettere in conto anni di precariato sottopagato (e vorrei vedere), possibile che non riesca ad ingegnarsi per fare un secondo lavoretto e racimolare un duecento €uro in più al mese? Stiamo scherzando? Quando uno è così sotto pressione di modi per uscirne fuori ne trova, se vuole trovarne.
  • Con che faccia lei si permette di dire: "Mio padre, che è morto 15 anni fa, era un ingegnere, mia madre è una bancaria in pensione. Noi di questa generazione occupiamo ruoli sociali molto inferiori rispetto ai nostri genitori. La mobilità sociale esiste, però in forma peggiorativa." ? In primo luogo, suo padre era laureato in ingegneria, lei non è riscita neppure a laurearsi in Scienze Politiche, sicché già si parla di condizioni iniziali diverse tra lei e suo padre. Poi non prendiamoci in giro: una drop-out di scienze politiche ed un sedicente "artista cubano" obbiettivamente non possono pretendere di avere le stesse chances lavorative di un ingegnere e di una diplomata italiani di 30 anni fa.
  • Che cosa orribile l'idea di abortire pur di non rinunciare a quattro stupide comodità: non metto in discussione il suo diritto di abortire, spetta solo a lei decidere ed è giusto che sia così, però veramente questa è una miseria morale da conati di vomito. Con 1300€ al mese netti senza affitto potrebbero benissimo mantenere un figlio se lo volessero e se fossero disposti a rinunciare a qualcosina.
  • Ancor più spregevole lui di lei, che a 25 anni dopo non aver fatto un cazzo nella vita ed aver buttato il tempo come "artista bohemien" non esita ad istigare la moglie ad una scelta orrenda: "Mio marito è più deciso di me: più di me vede la cosa dal punto di vista della concretezza. Pensa sia un fallimento non potere dare a un figlio ciò di cui ha bisogno". Ma davvero questo disgraziato è convinto che siano 700€ al mese in più a fare la differenza tra una vita felice ed una no? Davvero crede che suo figlio abbia "bisogno" di 700€ in più?
  • Perché lo stato dovrebbe accollarsi dei costi di suo figlio? Ma cosa crede, che ci sia ancora Mussolini? Perché io, anzi no, noi tutti, dovremmo accolarci le spese per un figlio che un artista cubano ed una drop-out di 30 anni non hanno la volontà di mantenere? Se i genitori stessi sono disposti a sopprimerlo pur di non contenere il loro stile di vita, dovrei contribuire io al suo mantenimento? Ma siamo completamente impazziti? Se per loro stessi la vita del proprio figlio vale meno di qualche sera in pizzeria ci deve pensare la collettività ad aiutarli?
Questa lettera è un insulto, uno vero sputo in faccia ai tanti veri precari che si sono fatti il culo tutta la vita e che si ritrovano con due lire in tasca e nessuna prospettiva per il futuro.
Conosco gente che si è laureata in facoltà difficili, in corso, col massimo dei voti, che è andata a studiare all'estero, che ha fatto il dottorato e che ora serve panini all'Ipercoop: cosa dovrebbero dire queste persone leggendo una lettera così? Con che diritto questa tizia si permette di pretendere qualcosa dallo stato?

Certo, questa tizia si ricorda il "padre ingegnere" e la vita che conduceva prima, e si lamenta di essere scesa nella scala sociale, ma trascura completamente che il padre magari si sarà fatto il culo vuoi per laurearsi vuoi per diventare benestante: lei a 29 anni cosa ha fatto? Davvero non ha niente di meglio che vantarsi di aver fatto 18 esami su 22 a Scienze Politiche?
Vuole davvero avere il tenore di vita di un ingegnere avviato senza nessuno sforzo?

Questi due non hanno fatto altro che raccogliere quello che hanno seminato (cioè nulla), ed ora pretendono che sia lo stato a farsi carico delle loro negligenze.
"Chiagne & fotti", visto che si parla di una storia del napoletano, è la descrizione secondo me più adatta per questi due.

Fading memories, part II

16 maggio 2009.
Avevo completamente dimenticato di aver mai scritto una cosa del genere, ma mi sembra tuttora attuale e lo ripropino qui.
Quando scrissi questa roba il governo Prodi II era collassato da qualche mese, Veltroni aveva perso le elezioni, i comunisti erano stati cacciati per la prima volta dal parlamento e si era appena insediato il Berlusconi IV. E sì, all'epoca mi professavo ancora "di sinistra". Ma stavo per smettere.
http://www.repubblica.it/2009/05/sez...-africani.html

Qua siamo dunque davanti a due fenomeni interessanti:
  • Gli italiani in maggioranza col posto fisso, gli immigrati precari.
    Cosa che, per questi ultimi, rappresenta una dannazione doppia.
  • La decisione presa a maggioranza dai lavoratori (ed imposta col referendum anche ai sindacalisti recalcitanti) di violare i diritti di altri lavoratori "diversi" da loro. "Diversi" perché ancora precari e soprattutto perché non-italiani.
Ciò detto, che cosa ne pensate?
A parte la moralità o meno di questa decisione, vi sembra che sia oculata o che avrà conseguenze spiacevoli anche per chi l'ha presa?
E il fenomeno dei lavoratori sindacalizzati ma con tessera della Lega in tasca, porterà ad un rafforzamento del sindacato (dopotutto, la Lega è al governo) o finirà per impedire il raggiungimento degli scopi strategici da sempre legati al sindacato?

Rumor di sciabole

Gli antiberluschini sono parecchio gasati dalla doppia sconfitta di B. a Milano e Napoli e si stanno sbizzarrendo con la fantasia per immaginare imminenti scenari di lotta.
Li capisco, intendiamoci: gli antiberluschini sono sì gasati per ciò che è successo una settimana fa, ma al tempo stesso sono frustrati perché nonostante le due pesanti sconfitte di B. le elezioni politiche paiono ancora lontane, il redde rationem rinviato di due anni. Un intervallo temporale troppo grande e che quindi stuzzica la fantasia di chi ha una incredibile voglia di menar le mani, di vedere l'evento cataclismatico, qui e subito.
L'Ingegner De Benedetti, segretario del Partito di Repubblica, si sta dando da fare per dare alla sua base del materiale pseudo scandalistico con cui mantenere l'erezione per altri due anni ed evitare l'eiaculazione precoce.
Nello specifico, l'Espresso si sta dilettando ancora una volta a disegnare scenari da colpo di stato.
Prima ci si era dilettato Il Manifesto.
La sinistra, del resto, non è nuova ad immaginare scenari simili: da sempre vede complotti e golpe ovunque. Una volta a ragion veduta (es: golpe Borghese), adesso per puro manierismo. Lo si capisce anche dal lessico: perché ribattezzare l'assalto mediatico del Cavaliere col nome di "Struttura Delta" se non per costruire un immaginario collettivo da supervillain dei fumetti? [*]
Il colpo di stato B. non lo può fare per svariate ragioni, ma a l'Espresso non servono le ragioni, serve qualcosa da dare in pasto alla sua gente per tenerla arzilla di qui al 2013, cosa non banale vista la sonnolenta dirigenza del PD che si ritrovano.

Le ragioni per le quali B. non può fare il golpe?
  1. Il golpe si fa prima delle elezioni, non dopo due sconfitte così brucianti (Milano e Napoli) e di peso nazionale.
  2. Chi punterebbe, oggi, le sue carte su un leader in così vistoso calo di consensi? Anche prescindendo dalle elezioni, chi vorrebbe salire sul carro di chi adesso appare un perdente?
  3. Berlusconi ha una famiglia, la famiglia possiede un impero economico: chi vorrebbe legare le fortune del proprio impero economico a quelle (mutevoli) del consenso politico di un Berlusconi reinventatosi dittatore a 73 anni? Non ha nessun senso.
    Lui tra 10 anni non sarà più al centro della scena politica, ma se fa qualche passo falso in direzioni autoritarie gli italiani sanno benissimo con chi rivalersi, l'impero Fininvest è un boccone goloso per tanti.
Ancora una volta, interpretare le frasi di B. ad Obama all'ultimo G8 come un avviso al mondo dell'imminente golpe, significa non avere capito niente.
Significa non avere capito che abbiamo un presidente USA cui dell'Europa non gliene frega niente: ha la disoccupazione al 10% ed una Cina che tiene per le palle il debito pubblico americano, di cosa facciano gli europei ad Obama non frega niente. Potrebbe anche trombare capre [**] o farsi crescere baffetti alla Hitler, ma la superpotenza mondiale attualmente guarda al pacifico.
Significa non aver capito nulla di B. dopo 17 anni che monopolizza la vita politica. Se avessimo interpretato ogni sua gaffe come un gesto calcolato avremmo già i militari a fare il passo dell'oca sotto casa nostra da un bel pezzo.



* Poi si lamentano della bat-casa del bat-figlio del bat-sindaco [*], ma i primi a ridurre il confronto politico alla lotta tra i fantastici Quattro contro il Dottor Destino sono stati propio loro. Buone letture, per carità, ma la politica dove è rimasta?
A proposito, geniale accusare il centro-destra di aggredire Pisapia in base al suo vissuto e poi fare allegramente altrettanto coi parenti di Letizia Moratti. Il solito doppiopesismo di sinistra.
Dire che Pisapia è contiguo ai centri sociali è uno scandalo.
Attaccare la Moratti perché il figlio arreda un loft (abusivamente, va detto) in modo eccentrico è sacrosanto.
** "I don't fuck goats, Mr. Gibson, I make love to them" M. Millar & J G Jones, Wanted, Top Cow, 2004.

sabato 4 giugno 2011

Nucleah powah!

Perché dire "no!" al nucleare?
Perché siamo pecoroni spaventati dalla vicenda di Fukushima?
No.

Banalmente, perché "il nucleare" è una tecnologia che attualmente presenta dei rischi non accettabili.


Serviva Fukushima per dimostrarcelo?
No, non serviva Fukushima per saperlo, ma Fukushima ci ha mostrato un'altra cosa: che il paese tecnologicamente più avanzato del mondo, con una cultura della sicurezza portata all'ossesso è stato vittima di un incidente nucleare gravissimo.
Intendiamoci, per mero numero di morti il maremoto è stato ben più letale dell'incidente nucleare.
Ma non è questo il punto: la centrale di Fukushima sta avvelenando e continuerà ad avvelenare centinaia di chilometri quadri di territorio. Questo è perfino più grave della perdita di vite umane: immaginate cosa significherebbe l'eventualità di dovere abbandonare per migliaia di anni Venezia, o Firenze o Roma.
Considerato che l'intero territorio italiano è de facto un museo a cielo aperto, immaginate cosa vorrebbe dire dover mandare tutto in merda per il nucleare.

Certo, qualcuno avrà da obiettare che l'incidente di Fukushima è avvenuto a seguito di un evento "imprevedibile" in una centrale vecchia di almeno 40 anni che stava per essere dismessa.
Ma è una obiezione che non sta in piedi.
  1. Se ammettiamo che ci siano eventi imprevedibili, chi ci assicura allora che lo stesso non possa accadere in Italia? Sono imprevedibili, eh...
  2. Se ammettiamo viceversa che l'evento fosse prevedibile (anche se non la sua esatta tempistica), la conseguienza logica è che il paese tecnologicamente più avanzato del mondo, con una cultura della sicurezza portata all'ossesso non sia stato in grado di approntare un piano per fare fronte ad una simile eventualità.
  3. La centrale era vecchia, ma ha passato i controlli di sicurezza dell'anno del signore 2010. Sennò, il paese tecnologicamente più avanzato del mondo, con una cultura della sicurezza portata all'ossesso l'avrebbe chiusa quella centrale.
    Ciò significa che quella centrale, per quanto vecchia, era certificata come "sicura" in base a standard di riferimento moderni.
Per tutte queste ragioni, è necessario prendere atto della realtà: i nostri protocolli di sicurezza in fatto di energia nucleare non vanno bene.
La realtà ha smentito l'illusione che potessero andare bene.
Questo sempre nel paese tecnologicamente più avanzato del mondo, con una cultura della sicurezza portata all'ossesso, che guarda caso non è certo l'Italia.
Se è potuto succedere questo (che già è inaccettabile) in Giappone, immaginate a casa nostra.