domenica 8 agosto 2010

La legge elettorale

Cosa si chiede ad una legge elettorale? Forse troppe cose...
  1. Si chiede di rispettare la volontà popolare, cioè di essere democratica.
    Così, se un partito prende il 51% dei voti, non può essere rappresentato (per dire) da solo il 30% degli eletti in Parlamento.
  2. Si chiede di garantire maggioranze stabili, in modo tale che se un partito ha il 49% dei voti e tutti gli altri magari non arrivano al 10%, quello col 49% possa governare in santa pace.
  3. Si chiede di ridurre la frammentazione politica, impedendo ad esempio che entrino in Parlamento partiti che hanno preso meno del 3% dei voti popolari.
Molto bene, chiariamo subito una cosa: una legge elettorale che soddisfi tutti e tre questi punti semplicemente non esiste. E non può esistere.
E' un problema che non ammette soluzione.
Ma può ammettere dei ragionevoli compromessi.

Analizziamo l'attuale legge elettorale, il cosiddetto "porcellum" voluto da Roberto Calderoli della Lega Nord nel 2005 poco prima delle elezioni che daranno una risicatissima maggioranza al governo Prodi II.
Il "porcellum" è una legge elettorale proporzionale con premio di maggioranza e soglia di sbarramento; vediamone le caratteristiche più aberranti:
  1. Nello specifico prevede che il cittadino voti per delle liste bloccate, pre-compilate dai partiti politici, senza poter esprimere la preferenza per alcun candidato.
  2. Ogni coalizione deve presentare il proprio candidato alla presidenza del Consiglio dei Ministri.
  3. C'è una soglia di sbarramento, fissata nel 2% per i partiti raggruppati in coalizioni e nel 4% per quelli che corrono da soli.
  4. Viene dato un "premio di maggioranza" alla coalizione o al partito di maggioranza relativa, che vede incrementare la propria presenza alla Camera fino al 55% dei seggi. Al Senato il premio di maggioranza è su base regionale.
 Cosa produce tutto questo? Analizziamo la legge in base ai tre punti elencati all'inizio:
  • Si rispetta la volontà popolare?
    La legge attuale dà il 55% dei seggi alla coalizione che ha la maggioranza relativa, ma questo significa che anche una coalizione che abbia solo il 20% dei consensi può ottenere un "bonus" del 35% dei seggi, a patto ovviamente che le altre coalizioni arrivino al massimo al 19%.
    Questo ovviamente altera completamente il voto degli italiani, perché viene dato un opremio di maggioranza potenzialmente enorme alla coalizione più grande ma comunque minoritaria.
    Quel che è peggio, non c'è nessuna logica nel fissare la soglia al 55%. Cosa ha di speciale questo numero? Perché non al 51%? O al 59%? O all'80? Qual è il criterio democratico dietro questo gioco di numeri?
    Ovviamente nessuno: il voto degli italiani viene alterato come fosse carta straccia, dando seggi "bonus" per cui i cittadini non hanno mai votato.

    La volontà popolare è quindi calpestata completamente [1] ed un paio di figure possono aiutare a sincerarsene.
    Il grafico qua sotto rappresenta un caso ipotetico con 11 partiti idenficiati dal colore, in base alla percentuale effettiva di voti ottenuti (totale=100).






    Cosa si vede? Abbiamo 2 partiti minori, il blu col 2% dei voti ed il giallo scuro col 3%, gli altri 9 partiti sono tutti molto vicini tra loro tra il 10 e l'11%.
    Ora, il partito blu ed il partito arancio si apparentano tra loro e formano una coalizione: insieme fanno il 12% dei voti che è più di ogni altro partito presente, visto che al massimo gli altri partiti arrivano singolarmente all'11%.
    Questa qua sotto è la Camera dei deputati che otteniamo:






    Insieme arancio+blu fanno la maggioranza relativa (12%) dei voti ma col premio di maggioranza si ripartiscono ben il 55% dei seggi.
    In particolare, il partito blu che era il più piccolo in termini di voti effettivi (appena il 2%) diventa il secondo partito alla Camera con più del 9% dei seggi.
    Il partito arancio, che non era il primo partito in termini di voto popolare (10%) diventa il primo in termini di seggi con più del 45% dei seggi, un premio di maggioranza che fa aumentare la sua consistenza numerica del 350%.
    Di contro, il partito giallo scuro col 3% dei voti non entra in Parlamento (ma aveva più voti del partito blu che è diventato il secondo, per numero di seggi) ed i partiti che avevano l'11% dei voti (il massimo, erano 5 a parimerito tra loro) prendono appena il 6% dei seggi nonostante avessero ottenuto più consensi popolari del partito arancio che però è il più rappresentato alla Camera.

    In tutto questo, viene da chiedersi: la volontà popolare è rispettata?

  • Ma almeno, le maggioranze sono stabili?
    Neppure. Lo si è visto con l'esperienza del centrosinistra, che non ha avuto la maggioranza al Senato se non per due seggi.
    Come mai si crea instabilità nonostante il generoso premio di maggioranza?
    Perché se alla Camera il premio di maggioranza è nazionale, al Senato è dato su base regionale. Il che vuol dire che al Senato una coalizione può prendere il "bonus" in Lombardia ed un'altra prenderlo in Emilia, arrivando alla fine ad un risultato medio per le 20 regioni italiane che può essere molto diverso da quello della Camera.
  • Ma la frammentazione politica viene ridotta?
    E' stata ridotta, ma non grazie alla legge elettorale quanto per la volontà politica di Veltroni e Berlusconi nel 2008.
    Il "porcellum" infatti prevede una soglia di sbarramento di appena il 2% per i partiti apparentati in coalizioni. Si tratta di una soglia davvero molto bassa, meno della metà di quella presente nella legge elettorale tedesca (si tratta anch'essa di un proporzionale, ma ovviamente senza l'assurdo "premio di maggioranza") che è del 5%.
    La frammentazione politica si è effettivamente ridotta ma unicamente perché nelle elezioni del 2008 i due partiti maggiori (PdL e PD) si sono rifiutati di stringere molte delle precedenti alleanze lasciando i partiti minori fuori dalle loro coalizioni.
    Questo è quel che è avvenuto per decisione politica di Veltroni e Berlusconi, ma già adesso si sente ormai parlare di mega-coalizioni di centro-sinistra che vadano dai democristiani di Casini fino al comunisti radical-chic di Vendola: in questa eventualità la frammentazione politica tornerebbe a condizionare tutto.
Quindi in sostanza la legge "porcellum" voluta da Calderoli e Berlusconi sostanzialmente fa acqua da tutte le parti, non soddisfa nessuna delle richieste che una società democratica fa al suo ordinamento.
Perché è stata scritta così, allora?
Per varie ragioni, alcune "tattiche" (cioè per scopi immediati) ed altre "strategiche" (cioè per finalità di lungo periodo).
Tra le finalità "tattiche" nel 2005 c'era la necessità, per Berlusconi, di azzoppare la "probabile" vittoria del centro-sinistra. In realtà questa vittoria non era affatto "probabile" (la coalizione di Prodi vinse alla Camera per meno di 30000 voti, ed al Senato perse nel voto popolare) e comunque era già azzoppata di suo, contro ogni previsione della vigilia.
Lo scopo strategico, invece, era quello di minare il Parlamento come supremo organo rappresentativo dello Stato: uno scopo in gran parte raggiunto. Infatti, un Parlamento in cui siedono non più degli eletti bensì della gente "nominata" dai partiti è quanto di meno rappresentativo possa esistere: l'autorità democratica dell'attuale Parlamento è dunque ai minimi termini.
Anche l'assurdo premio di maggioranza non fa che deformare quello che è il voto degli italiani.
Inoltre, parallelamente alla destrutturazione della rappresentatività del Parlamento, c'è un rafforzamento dell'autorità democratica del premier [2] attuato però per vie a-costituzionali [3].
Mi spiego meglio: il fatto che le coalizioni debbano indicare il loro "candidato premier" è sostanzialmente incostituzionale, poiché il Presidente del Consiglio non è votato dagli italiani bensì nominato dal Presidente della Repubblica. Presentarsi alle elezioni con dei candidati già scelti dalle segreterie dei partiti significa forzare la mano al Capo dello Stato.
Questo rientra alla perfezione nello schema berlusconiano: un parlamento fatto di nominati (e non più di eletti) che rispondono solo agli "ordini di scuderia" ed un premier  che di fatto è elettivo, che come tale ha una investitura democratica de facto maggiore del parlamento stesso.
Una simile creatura non si è mai vista in nessun paese occidentale, ovviamente.



[1] Gli italiani hanno votato solo due volte con leggi che prevedessero il "premio di maggioranza": la prima fu nel 1924 con la legge Acerbo, che diede una maggioranza parlamentare schiacciante al Partito Nazionale Fascista (in quanto partito di maggioranza relativa) che arrivò ad ottenere oltre il 66% dei seggi alla Camera. Si sa poi come è andata a finire.
La seconda fu nel 1953, quando la Democrazia Cristiana promulgò una legge che dava il 65% dei seggi al partito che raggiungeva la maggioranza assoluta (quindi 50% +1). Il premio non scattò mai perché nessun partito raggiunse detta soglia.
Ovviamente la legge Calderoli del 2005 è più simile alla legge Acerbo del '24 che a quest'ultima, in quanto anche con la legge Calderoli il premio di maggioranza (comunque più modesto che con la legge Acerbo) viene assegnato alla lista di maggioranza relativa, quand'anche questa maggioranza relativa sia in realtà in termini assoluti piuttosto modesta.


[2] Ci sarebbe anche da discutere sull'uso del termine "premier": in Italia, banalmente, un "Primo Ministro" di stampo britannico non esiste.
Generalmente al Primo Ministro nei regni del Commonwealth britannico sono dati dei poteri che il nostro "Presidente del Consiglio dei Ministri" non ha (ad esempio, non può far dimettere i ministri del suo stesso esecutivo, né chiedere al Capo dello Stato di tornare alle urne). Continuare a riferirsi a Berlusconi come "premier" è una forzatura linguistica cui ormai si è fatta l'abitudine ma che è costituzionalmente scorretta ed alla lunga genera incomprensioni.



[3] Berlusconi ed il suo avvocato Niccolò Ghedini parlano al riguardo di una fantomatica "costituzione materiale", cioè (secondo loro) una serie di abitudini politiche consolidate che sono assurte al rango di norme costituzionali vere e proprie.
Ovviamente questo è falso: in 16 anni di cosiddetta "seconda repubblica" non c'è stata alcuna convenzione politica che si sia consolidata, visto che gli "strappi istituzionali" sono all'ordine del giorno.
Inoltre, la via per inserire nell'ordinamento italiano delle vere norme di rango costituzionale è chiara, e questa via non ha mai portato a nessuna vera riforma in questi ultimi 16 anni (a parte le modfiche al Titolo V della Cost. nel 2001 ad opera dell'allora maggioranza di centro-sinistra).

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