lunedì 2 agosto 2010

Mamma, mamma! Voglio fare ricerca in Italia!

Voglio qua descrivere il percorso tipico di chi vuole fare ricerca in Italia.
En passant, una panoramica del mondo universitario visto dal lato dello studente.

(0) Premettiamo che il sistema scolastico italiano non fa alcuna selezione: buona parte dei diplomati di 18/19 anni che escono dalla scuola e si tuffano nell'Università sono semianalfabeti.
Non lo dico io (io sono un signor nessuno), lo dicono le statistiche ed i giornali: 1, 2.
Diciamo quindi che questi baldi giovani non sono stati sottoposti ancora a nessuna seria selezione, di alcun tipo.
Tutti bravi, tutti eccellenti: peccato però che se sono tutti uguali, allora per definizione sono tutti "mediocri" nel senso letterale del termine.
Se, inoltre, sono poveri (dalla regia mi dicono che devo dire "in famiglie a basso reddito"), lo stato garantisce loro pure una borsa di studio completamente slegata dai vostri meriti o demeriti scolastici.
Prego accomodatersi, l'Università vi aspetta col tappeto rosso e lanci di petali di rose al vostro cammino!


(1) I baldi giovani arrivano all'università e già qui si suddividono in base alla voglia di fare.
Quelli che guardano più al futuro cercano di entrare a Ingegneria e Medicina: tanti provano, pochi ci riescono. Gli scarti che non riescono a passare il test di Medicina tipicamente si iscrivono ad altre facoltà di serie B tipo Biotecnologie o roba del genere, per sperare di passare il test l'anno dopo (cosa che non avviene).
Quelli che già in partenza alzano bandiera bianca e dichiarano di non voler far niente si precipitano subito ad affollare facoltà senza sbocchi lavorativi come Lettere, Scienze Politiche e Psicologia.
Ovviamente, ci sono quelli senza voglia di far niente che vanno a Medicina e ci sono ragazzi pieni di voglia di fare che fanno Scienze Politiche: ma diciamocelo, sono una netta minoranza entrambe le categorie.

(2) Sostanzialmente, dopo 5-7 anni un 30% del totale degli studenti si ritira.
A fare cosa non si sa, visto che a 23-25 anni con solo il diploma di scuola superiore si è già fuori dal mercato del lavoro.
Il restante 70% arriverà a finire il percorso di studi (formalmente 3+2) in un lasso di tempo medio compreso tra 5 e 10 anni, con votazioni tra il 105 ed il 110&Lode.

(3) Ovviamente, il fatto che passino tutti con voti alti significa che il merito vero non è premiato: tutti eccellenti vuol dire in realtà tutti mediocri.
In questo modo, però, ciascuno si sente legittimato a voler intraprendere una carriera accademica: "guarda mamma, sono passato con 108 a Scienze delle Relazioni Internazionali del Katanga, è un voto alto, voglio dedicarmi alla ricerca accademica".
Assistiamo qui ad un interessante fenomeno: l'assenza di selezione induce aspettative eccessiva in gente mediocre.

(4) Qua però la cosa inizia a farsi problematica: per procedere nella catena dell'istruzione, serve un dottorato di ricerca.
I dottorati di ricerca non sono dati in base a criteri meritocratici (come nulla in Italia), ma sono difficili da ottenere anche grazie a conoscenze, parentele e leccate perché sono oggettivamente pochi.
Quindi qua il nostro baldo laureato o si accinge a leccare adeguatamente il suo docente di tesi sperando che gli sganci alla fine un posto di dottorato oppure prosegue la sua cosiddetta "formazione accademica" con un master a pagamento con annesso stàge da Auchan dove passerà sei mesi a scaricare casse in magazzino e poi gli daranno il benservito.

(5) Lasciamo qua lo studente di master a "masterizzarsi" ad Auchan e proseguiamo col lecchino che riesce ad avere il suo dottorato di ricerca.
Tipicamente tramite un concorso truccato in cui chi deve vincere sa già con settimane di anticipo le domande che gli faranno.
Il dottorato consiste di tre anni durante i quali de facto non c'è alcun controllo su quello che fai e che puoi dedicare a quel che ti pare, stipendiato dallo stato a 1020 € netti il mese.
Ora, in un posto civile 1020 € netti il mese per fare seriamente ricerca sarebbero una presa in giro: fanno circa 6 € l'ora assumendo una settimana di ricerca di 40 ore.
Ma in Italia, dove non c'è controllo alcuno su quello che fai o non fai, significano 1020 € regalate per permettere al nostro baldo laureato di girarsi i pollici a casa o trovarsi un'altra attività più reminerativa.
Ad esempio, buona parte dei dottorandi in materie letterarie in realtà insegna o dà ripetizioni, attività in teoria vietate per un dottorando che dovrebbe dedicarsi a tempo pieno alla ricerca.

(6) Alla fine dei 3 anni il 99% degli studenti di dottorato prende il titolo indipendentemente da cosa ha fatto o non ha fatto.
Il baldo PhD ancora non è stato selezionato se non per la sua devozione al prof.

(7) Qui troviamo un ostacolo: per continuare nell'accademia serve una borsa post-Doc o un assegno di ricerca.
Per entrambe le cose però niente paura, più che le capacità basta mettersi sotto l'ombrello del professore giusto, che ha finanziamenti tali da poter regalare una borsa anche a noi.

(8) Trovare il prof. giusto non è facile, ma una volta fatto si può andare avanti di contrattino in contrattino con una produzione scientifica minima o inesistente.
Ovviamente siamo pieni di dottorandi e post-Doc che si fanno un mazzo quadro e pubblicano molto, ma allo stesso modo c'è gente che in 3,4,9 anni avrà scritto giusto tre righe sul "gazzettino filosofico dell'Università di Monculi", ovviamente in italiano, che non legge nessuno.

(9) Questo andare avanti di contratto in contratto può andare avanti virtualmente all'infinito, in generale termina verso i 40 anni.
A questo punto, quelli che hanno avuto la resistenza sufficiente e sono un minimo utili per la ricerca di qualche professore abbastanza potente, riescono ad avere il posto come ricercatore a 1200 € netti il mese.
Quegli altri, adieu!

(10) Ciò vuol dire che un buon 90% di questi "long term survivor" ultra-quarantenni si trova d'improvviso senza stipendio/borsa e senza alcuna esperienza del mondo produttivo.
Ovviamente, visto che in Italia il mondo produttivo ha in realtà scarsissima necessità di competenze tecnico-scientifiche avanzate.
La selezione, mafiosa e nepotistica come da tradizione italiana, è finalmente giunta, ma troppo tardi ed ora a 40 e più anni uno ha esigenze costose e non più un reddito.
Bello eh?


Questo è il risultato di due mancanze tra loro strettamente legate: la mancanza di meritocrazia che si accompagna alla mancanza di selezione, se non alla fine, quando il danno è fatto.
Infatti lo stato, la collettività e noi tutti spendiamo fior di quattrini per far studiare gente che, evidentemente, molto spesso non ha davvero nessuna intenzione di imprarae ed apprendere.
Quelle mandrie di studenti di scuola e università, svogliati e stanchi che si trascinano da un esame all'altro sono sanguisughe che prosciugano i soldi che servirebbero a dare istruzione a chi davvero la desidera e la metterà a frutto.
Ancora peggiore il dramma di quei post-Doc sbattuti fuori a 40 anni per ritardo di selezione: questo è proprio il colmo, molti di loro varrebbero pure, ma una selezione troppo a lungo rimandata fa saltare loro ogni possibile progetto di vita lavorativa.

A questo siamo arrivati perché ci piace dire che tutti sono bravi, tutti sono intelligenti e tutti meritano di studiare.
Se uno studente va male o è svogliato mica lo si boccia, no no, turberemmo il suo corretto sviluppo psicomentale: lo passiamo ugualmente alla classe dopo, perché sa, viene da una famiglia disagiata, bisogna essere comprensivi...
Questo vero e proprio "sterco ideologico" ha contaminato tutto il sistema dell'istruzione, ed è chiaramente uno dei tanti frutti avvelenati del '68, con il suo mefitico giustificazionismo catto-comunista.
Peccato però che il mondo del lavoro delle giustificazioni a buon mercato non se ne faccia niente: abbiamo creato una realtà "protetta" (la scuola, l'Università) ma là fuori il mondo si è fatto più cattivo e più si rimanda la selezione peggio è scontrarsi con la realtà. 
Ma questo non lo vuole capire nessuno perché non fa comodo ad alcuno dirlo apertamente.

Una volta c'erano contadini che recitavano Dante a memoria, ora è grasso che cola se un laureato l'ha mai sentito nominare.
Ed allora tutti all'Università e oltre, riempiendoci la bocca di parole come "ricerca" e "sapere" che in un paese di laureati (mediamente) analfabeti sono solo parole morte e vuote.

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