domenica 19 dicembre 2010

Gasparri Wright: Justice for all

Come sempre quando si abusa di un diritto deve scattare prima o poi una giusta repressione.

Ormai non c'è manifestazione (politica o sindacale) che non finisca con atti illegali: si va dallo spaccare le vetrine all'assaltare le forze dell'ordine al bloccare strade e stazioni abusivamente.
C'è gente che giustifica questi atti dicendo: "eh, ma sai, è l'unico modo per farci ascoltare".
A parte che non è vero (nessuno ascolta, si viene solo strumentalizzati dai Tg), secondo questa logica allora anche far esplodere un autobus è un modo per avere visibilità.

Ben venga il DASPO ed gli arresti preventivi di cui parla Gasparri: è in gioco non tanto il futuro democratico della nazione (come invece era negli anni '70) quanto la vivibilità di un paese in cui ogni due per tre c'è gente che paralizza le nostre città. E' ora di finirla.

domenica 12 dicembre 2010

Welfare jokes (2)

Il precedente post ha suscitato qualche polemica. Mi sento in dovere di puntualizzare alcune cose:
  • L'indebitamento privato è quello che fa fallire le nazioni, l'indebitamento pubblico è quello che fa sì che un ragazzo oggi si accolli le pensioni ricche di gente di 60 anni, quando sarà grasso se cola se a 75 anni vedrà il 40% dell'ultima retribuzione.
  • Il welfare funziona unicamente in quei paesi sottopopolati che hanno risorse da sfruttare, come il petrolio del mare del nord o della penisola arabica.
    Ma anche lì è una questione di tempo, le risorse naturali finiranno e poi ci sarà da ridere. Non è un caso se la destra si riaffaccia nel parlamento svedese e la prima cosa che vuole fare e tagliare il welfare.
  • La crisi ha mostrato a tutti che il welfare al primo incidente di percorso diventa insostenibile.
    Non è il welfare la causa della crisi, ma è il welfare un ostacolo alla ripresa.Il fatto che la crisi sia iniziata negli USA non può oscurare il fatto che in termini dei aumento del PIL i paesi più colpiti sono stati Europa e Giappone, ovverosia quei paesi dal welfare più generoso.
  • Mi è stato fatto notare che una delle colpe del welfare è essere diseducativo. E' perfettamente vero. Ogni politica assistenziale è intimamente diseducativa.
    Lo abbiamo visto anche in Italia con gli aiuti al Sud, che di fatto tengono il Meridione nella miseria da 60 anni.
    Ma anche gli aiuti all'Africa rientrano nella stessa logica: tenere sottosviluppato un continente.
    Del resto non è un caso che i paesi che stanno uscendo adesso dalla miseria (Cina, Vietnam, India, Brasile, Indonesia) lo stanno facendo in un modo solo: grazie al libero mercato.
    E non importa che siano governati dal democratico di sinistra Lula o dalla dittatura del partito unico, la soluzione è sempre e solo il libero mercato e regole certe per le imprese (l'unica cosa moderna e occidentale della legislazione cinese è quella che regola il diritto societario).
  • Il libero mercato, insomma, è il più grosso motore per produrre e redistribuire ricchezza.
    Questo può suonare sconvolgente per alcuni, ma è quello che sta succedendo: stiamo assistendo ad una redistribuzione della ricchezza a livello mondiale.
    Il problema (per noi), è che questa redistribuzione è dall'Occidente verso l'Asia, ma non deve farci dimenticare che complessivamente il mondo sta diventando più ricco, e che chi produce questo aumento di ricchezza è quella parte di mondo che fino a 20 anni fa faceva la fame.
    I socialisti dovrebbero essere felici di questo inaspettato (per loro!) prodigio del libero mercato.

sabato 11 dicembre 2010

Welfare jokes

Il grande inganno del welfare è uno solo: è sostanzialmente inutile.
Il welfare è lo stato che si sostituisce a ciò che dovrebbero e potrebbero fare i cittadini.
Per esempio,  non c'è alcun motivo per cui lo stato debba finanziare sussidi o pensioni che i lavoratori potrebbero finanziarsi da soli. Nessun motivo a parte l'idea bislacca di aiutare chi è rimasto indietro (tipo questo campione qua).

Peccato che aiutare chi è rimasto indietro abbia un prezzo, e sempre più alto. I bilanci disastrati delle finanze pubbliche europee lo confermano.

Di fatto, proprio ora in uno dei momenti economicamente più neri, il welfare europeo dovrà essere tagliato per far fronte a dei debiti immensi. Cioè verrà tagliato proprio adesso che sarebbe davvero utile (se non indispensabile) per molta gente.


Del resto, il famoso "modello sociale europeo" di fatto era tutto meno che un sistema stabile: ha scaricato sulle generazioni future le prestazioni welfare delle generazioni passate. Il risultato è che oggi chi ha meno di 30 anni pagherà la pensione (all'80% dell'ultima retribuzione) a chi è venuto prima di lui, ma quando verrà il suo momento si ritroverà probabilmente anche meno del 40%.


Chi difende il welfare generalmente si richiama a fumose istanze di "giustizia sociale". Ammettiamo pure, per amore di discussione, che tali istanze abbiano un loro fondamento.
Ebbene, che giustizia sociale c'è in un sistema che non può autosostenersi e che premia una generazione a discapito di un'altra?
Se i signori della sinistra mi facessero la cortesia di spiegarmelo gliene sarei grato.

giovedì 9 dicembre 2010

IDEAS vs IDEALS

La differenza sembra poca, ma in realtà è tanta, sebbene l'ortografia la nasconda.

Cos'è una "idea" in politica? Tipicamente è la soluzione a un problema contingente oppure il modo per realizzare un obiettivo strategico.
Ed un "ideale"? Un ideale è un obiettivo strategico da realizzare.


Esemplifichiamo: quando la Costituzione (art. 1) dice che "la sovranità appartiene al popolo" sta enunciando un ideale, un obiettivo strategico.
Del resto è uno dei principi fondamentali della Carta.
Viceversa, quando dice "La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto. Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero" (art. 56) sta dando delle chiare disposizioni per realizzare quell'obiettivo strategico.
Vale a dire, l'obiettivo strategico si concretizza grazie ad una idea per realizzarlo.

Da sempre, la fascia di popolazione più facile da plasmare con gli "ideali" è composta dai giovani, che sentono intimamente "giuste" certe prese di posizione su questioni di principio.
Possono essere sia di destra che di sinistra, non è questo il punto. Il punto è che ai giovani vengono trasmessi degli ideali [*].

Un problema serio, però, è che gli ideali tendenzialmente una volta interiorizzati non si discutono: diventano cioè dei dogmi di fede, con cui giustificare ogni cosa.
Si pensi ad esempio alle frange di estrema destra, che si fanno scudo degli ideali di Patria, Nazione e via dicendo per riproporre in pratica la solita minestra del Ventennio.
Ma si pensi anche alla sinistra italiana: quel che sa fare è essenzialmente dire "no", fare resistenza. "Resistere, resistere, resistere", come diceva Borrelli anni addietro, richiama ai valori della Resistenza e bla bla bla. Richiama a "ideali" nobili, alti e bla bla bla in base ai quali diventa lecito, per chi è animato da essi, prendere sacchi di merda e svuotarli davanti alla casa di un Ministro della Repubblica [**].

Cosa significa questo, dunque? Significa che abbiamo zeppato i ragazzi di ideali ma non di idee.
Li abbiamo zeppati degli ideali del '68, ormai vecchi e stantii, coi professori ex-68ini che hanno preso le cagate ideologiche cui credevano in gioventù per ripropinarle ai propri studenti.
Magari oggi nessuno agita più il Libretto Rosso di Mao (andrebbe trattato come il Mein Kampf) e pretende di illustrarlo in classe per far vedere le meraviglie del socialismo reale, ma solo perché nel frattempo il socialismo reale è morto [***].
Li abbiamo zeppati di ideali, ma senza dare loro uno straccio di idea: nessuna idea su cosa fare, cosa organizzare, cosa studiare. Nulla. Solo ideali.

Questo del resto si riallaccia a ciò che dicevo in post precedenti (link): il predominio della strategia sulla tattica. E' verissimo che le guerre si vincono sul piano strategico.
Ma va anche detto che di "strateghi" ne servono molti di meno che di "tattici". La gente invece questo non sembra capirlo, perché in questo paese tutti credono di essere al centro del mondo e di avere nelle mani le redini di chissà cosa.
Niente di più falso.
La maggioranza di noi non ha in mano manco le redini della propria vita (quel che abbiamo in mano, semmai, è il telecomando per decidere se vedere le Tv di Berlusconi o la Rai che è di Berlusconi uguale).

Questo spiega le scelte del paese: sul piano politico, l'esplodere degli estremismi che puntano tutto sugli ideali strategici ma poi si risolvono nell'idea "tattica" di portare merda a sacchettate.
Sul piano economico, il credere che la produzione possa spostarsi in Asia senza portarsi via dietro una fetta importante della richezza prodotta.

Sul piano personale, il credere che una laurea in Mediazione Geostrategica dei Conflitti sia davvero un viatico a quel tipo di carriera.

Tutta strategia di alto livello, ma nessuna idea concreta.

Tutti questi errori sono figli dello stesso inganno duplice.
Aver messo da parte l'intelligenza e la fatica dello spremersi quotidianamente le meningi per cavare fuori nuove idee per far funzionare le cose.
Per fare spazio a cosa? Ad affermazioni di principio, le quali, fatte una volta a 20 anni, restano quelle per tutta la vita.
I mediocri si trincerano sempre dietro gli ideali, perché chiunque può umanamente aderire a dei principi. Ma le buone idee ce le hanno in pochi.


[*] O meglio, vengono trasmessi ideali a quei giovani che non si rispecchiano nella famosa frase di Lucio del GrandeFratello4: "Io 4 valori c'ho: materialismo, macchine, cavolate, soldi, carte di credito, champagne, puttane e tutto il resto".

[**] Questo normalmente farebbe sorridere i più: i partigiani avevano un fucile in mano e richiavano di farsi scannare dalla Wehrmacht che occupava l'Italia. Questi studenti "idealisti" sono al quindicesimo anno fuoricorso di cazzologia applicata, e si muovono a volto coperto consci di godere di una sostanziale impunità. 
Che coraggio!
Degli eroi!

[***] Un professore sindacalista delle mie parti, oggi nell'amministrazione comunale della mia città di merda, nell'89 spiegava in classe agli studenti (che gli chiedevano lumi sull'attualità, che errore!) che i manifestanti di Piazza Tiananmen volevano più comunismo. Questo tanto per dare l'idea.

Deregulation is the way!

C'è una metà buona d'Italia che ha deciso di non rispettare le regole.
Ma perché ha deciso di fare così? Perché l'Italia è uno dei paesi più oppressivi d'Europa sotto una infinità di punti di vista: dal fisco alla burocrazia, in Italia spadroneggia l'attitudine catto-comunista a colpire, penalizzare e smerdare chi fa soldi.
Col risultato che si costringe oggi chi vuole fare i soldi ed ha le qualità, il merito e le competenze per farne ad agire in modo spesso illegale.
Questa Italia si riconosce in Silvio Berlusconi, perché rappresenta uno di loro, incarna quel che loro vorrebbero dallo stato: meno burocrazia, meno tasse, meno regole.

Su alcune cose questa gente ha ragione: pensate alla legislazione sulla sicurezza sul lavoro.
Abbiamo la legislazione più rigida d'Europa in questo campo, addirittura un imprenditore è tenuto a garantire la sicurezza dei suoi dipendenti con ogni mezzo tecnologicamente disponibile.
Capite che questo significa due cose: o un datore di lavoro queste norme le rispetta davvero, e quindi chiude dopo due settimane, oppure se ne catafotte del tutto rischiando e facendo rischiare ai suoi dipendenti.
Ovviamente quest'ultimo caso è quello diffuso sul territorio, tant'è che l'Italia è uno dei paesi col più alto numero di incidenti e morti sul lavoro.

Ma se ne potrebbero fare altre decine di esempi: pensate ad un imprenditore che sulla carta deve pagare un buon 50% di tasse sui suoi guadagni, che però sono solo sulla carta perché magari i suoi clienti non lo pagano.
Lui deve pagare le tasse su guadagni che non ha perché lo stato non è abbastanza intelligente da capire che se i clienti non lo pagano lui a sua volta non può pagare lo stato.
La soluzione? Ovviamente fare in nero ed evadere.
Oppure fare bancarotta e mandare a casa i dipendenti.

Ma ancora, la legislazione sul lavoro: l'Italia dà delle garanzie mai viste ad un dipedente con contratto di lavoro subordinato.
Praticamente l'azienda se lo sposa e non è in grado di liberarsene neppure se questo non fa un cazzo, perché le cause di lavoro sono lentissime e prima di licenziare ci devono essere settecentomila ammonimenti verbali e scritti.
Risultato?
Che o lavori in nero o ti fanno uno stàge o un co.co.pro.

Considerate bene queste esempi, perché sono indicativi.
L'Italia è al top per legislazione sulla sicurezza del lavoro, tasse e garanzie del posto di lavoro.
Risultato: morti nei cantieri a iosa, evasione fiscale e precariato perenne.

L'eccesso di regolamentazione produce mostri.
L'elettorato di Berlusconi lo sa ed è per questo che si affida a lui.

Ed il giorno che Berlusconi non ci sarà più il suo elettorato rimarrà comunque, ed avrà bisogno che qualcuno dia delle vere risposte che, inevitabilmente, dovranno scontentare i catto-comunisti amanti della burocrazia e delle tasse.

Is Academia reform at hand?

La risposta alla domanda è: "si, bho, forse, ma anche no".

La cosiddetta "Riforma Gelmini" ha retto alle proteste di piazza di studenti fuori corso, centri sociali, baroni e chi più ne ha più ne metta.

Questi campioni dello "smerdo" sono arrivati a portare sterco fin sotto casa del ministro, per dimostrare la mondo intero (casomai ce ne fosse stato bisogno) di che pasta sono fatti e quanto sono civili.
Hanno occupato le stanze di una camera del Parlamento per dimostrare quanto rispetto hanno delle istituzioni democratiche della nazione.
Eppure, inconcepibilmente, la Riforma Gelmini ha retto a tutto questo ed è a un passo dall'approvazione.

Eppure è appesa ad un filo.

Il filo non sono le proteste di piazza dei casinari di professione. E', banalmente, la tenuta del governo Berlusconi IV. L'approvazione finale della Riforma al Senato, infatti, è stata calendarizzata dopo il voto di fiducia.

Ergo, se il Berlusconi IV viene sfiduciato la Riforma viene praticamente seppellita.
Lì dove non è riuscita la merda degli studenti potrebbero riuscire Fini & Casini, la strana coppia che non si sa cosa voglia dalla vita: prima dicono che Berlusconi è il problema e deve andare a casa, poi che può dimettersi ma loro gli assicurano un reincarico lampo, poi non sanno più manco loro che dire.
Tempo qualche giorno sapremo che fine farà questo governo e la Riforma dell'Università.

La quale, pur con tutti i suoi difetti [*], è forse l'unica cosa che questo esecutivo ha fatto negli interessi del Paese e non in quelli personali del Presidente del Consiglio.


[*] Primo tra tutti, l'abnorme numero di regolamenti che dovranno essere emanati da governo e parlamento per rendere esecutiva la riforma.
In secondo luogo, l'assenza di garanzie sull'immissione in ruolo dei meritevoli. Che il governo dia dei numeri, purché li dia: va bene anche dire "solo l'1% di chi si fa i 3+3 anni da ricercatore a tempo determinato diventerà professore associato, il restante 99% va a casa". Almeno uno a 27-28 anni, finito il Ph.D., sa quali sono le sue chances e pianifica la sua vita in base a dei numeri certi.
Ora come ora c'è la possibilità che per anni interi non possa essere bandito alcun posto di ruolo.

Driving forces in monotheistic religions

Consiglio vivamente questo link: è scritto dall'amministratore di una delle principali comunità web islamiche italiane, e contiene già esso diversi spunti su come i maomettani intendano il loro rapporto col mondo.
In particolare la guida a come picchiare le mogli in accordo con la rivelazione del profeta (la pace sia su di lui).

Vorrei ora prendere spunto da questo cumulo di idiozie su riportato, per discutere una delle caratteristiche fondamentali delle religioni abramitiche: l'aspetto comunitario della religione.


Chiunque abbia un minimo di buonsenso, ha notato che oggi essere un fedele integralista di una di quelle religioni significa sostanzialmente legarsi le braccia dietro la schiena e camminare saltellando su una gamba sola: islam e cristianesimo de facto chiedono questo oggi ai propri fedeli.
Che si tratti di astenersi dal sesso fuori dal matrimonio, di fare 4 preghiere rituali, di non mangiare maiale, di coprirsi i capelli con il velo o di prendere a pietrate le adultere, il senso è lo stesso: le religioni chiedono sacrifici che danno uno svantaggio competitivo ai propri adepti rispetto a chi, banalmente, di tutte queste sciocchezze se ne frega.
Maomettani e cristiani integralisti ovviamente percepiscono di stare tarpandosi le ali da soli: a loro viene chiesto di correre i 100m a piccoli balzelli saltellando su una gamba sola quando tutti gli altri corrono normalmente.
Quindi, se fossero isolati, si chiederebbero: "ma che cosa cazzo sto facendo?"
Non sono stupidi: se fossero gli unici a seguire alla lettera hadith, corani o vangeli, dopo poco la farebbero finita non volendo (giustamente) fare la parte degli scemi del villaggio globale.
Ma c'è un ma.
Non sono soli e non sono unici: quando escono di casa vedono altra gente che si muove con le braccia legate dietro la schiena saltellando su una gamba sola.

Ecco spiegato il mistero: un comportamento stupido per sopravvivere ha bisogno che esistano comunità più o meno chiuse di persone che mettano in atto quel comportamento.
Altrimenti il fedele inizia a porsi dei dubbi sulla sensatezza di quello che fa e immancabilmente smette di fare stronzate.

Questo spiega anche lo sforzo profuso nel cristianizzare o islamizzare il prossimo: indurre un altro a camminare anch'egli con le braccia legate e su una gamba sola è una riprova per il fedele integralista che nelle stronzate che sta facendo c'è davvero un seme divino: altrimenti chi sarebbe così stupido da fare cose del genere?
E allah è il più sapiente.