sabato 22 gennaio 2011

Democratic Party: what a mess!

Secondo me sbaglia chi crede che la crisi del PD sia principalmente "di immagine".
Non è così.
Non è (solo)un problema di comunicazione.

E' una crisi prima di tutto di idee. Il PD non è mai uscito dalla "fabbrica del programma" di prodiana memoria, che impiegò anni a stendere un lenzuolo di più di 100 pagine che non venne mai realizzato.

Giusto oggi (22/01/2011) su RaiNews24 c'era una non-stop di Bersani in cui non diceva assolutamente niente: "Berlusconi se ne deve andare, tra una settimana faremo le nostre proposte per risollevare il paese".
Tra una settimana? Cristo, sono 3 anni che state all'opposizione e rimandate di settimana in settimana le vostre proposte, ma come è possibile?

Quando io accendo la Tv vedo Berlusconi che ha in testa una chiara idea di Italia.
Non mi piace, intendiamoci, ma vedo una persona determinata a realizzare le sue idee.
Quando vedo Bersani vedo della gente che non ha alcuna idea per questo paese.
Non è un caso che il PD tema l'assalto di Vendola: con tutto il male che se ne può dire, il pugliese con l'orecchino e la lisca sicuramente è una persona che trasmette e fa intendere una chiara idea di Italia (che mi piace quanto quella di Berlusconi).

Il PD invece non trasmette nessuna idea perché non ne ha nessuna.
In questo è non una crisi di comunicazione ma anzi un eccesso di comunicazione, un eccesso di sincerità politica: "Salve, rappresentiamo il niente, per favore votateci, ve ne prego...".

Se domattina il PD avesse una maggioranza di governo, cosa farebbe?
La disoccupazione giovanile è al 30%, cosa intende fare?
E per le pensioni dei precari che non supereranno i 6000€ l'anno?
Su Mirafiori che posizione ha? Vuole estendere il contratto FIAT o no? Inseguire Landini che parla di "reddito di cittadinanza" o seguire Pietro Ichino che ha inventato il lavoro interinale?
Cosa vuole fare dell'Università ora che la Riforma Gelmini è legge?
Come intende ridurre il debito pubblico? Non crederanno davvero che la proposta Veltroni di mettere la "tassa sui ricchi" possa far altro che far scappare gli investimenti dal paese, vero?
E sul federalismo, come lo vuole? Regionale, municipale... come? Le province le abolirà sì o no?
E la legge elettorale? Vocazione maggioritaria o ritorno al proporzionale? (link: andate al minuto 6:30 per avere il quadro della situazione)

Nessuno sa dare risposta a queste domande perché il PD non ha una linea ed i suoi esponenti dicono tutto d il contrario di tutto.

Per questo Berlusconi, nonostante gli scandali sessuali, i richiami di tutto il mondo civile e civilizzato continua a non perdere consensi (link).
Perché c'è una maggioranza di elettori che non vede nel PD una alternativa, non vede niente se non una accozzaglia di gente che non sa che pesci prendere.

Silvio's whores

La cosa divertente del parapiglia sul giro di prostituzione che ruota attorno ad Arcore, è che il PdL si scandalizza che Santoro mandi in Tv un video in cui una puttana mostra il numero di cellulare del presidente del consiglio e NON ci si chiede come sia possibile che una puttana abbia il numero di telefono del presidente del consiglio.

Qualcuno lo dica ai berluscones, per favore: se attaccano Santoro per aver mostrato quel numero di cellulare, di fatto stanno confermando che una troia possa contattare il capo del governo direttamente.
In un paese normale i berluscones direbbero: "quel numero è falso, non è il suo".
Invece in questa repubblica di magnaccia dicono: "non potete mandarlo in onda, è violata la sua privacy".

domenica 16 gennaio 2011

Northern League

Non è che la Lega non sia assistenzialista.
Tutt'altro.
E' solo che è assistenzialista su basi razziali. Gli aiuti solo ai discendenti di Thor.

Piccoli problemi di cuore

Per me non ha senso parlare di questo nuovo contratto senza capire che due sono i punti strategici:
  • LA PRODUTTIVITA'
  • LE RELAZIONI INDUSTRIALI FIAT-SINDACATI E FIAT-CONFINDUSTRIA


Su primo punto, la produttività: Marchionne ha stabilito che per restare competitiva sul mercato, Fiat deve produrre certi volumi di auto l'anno.
Con produzioni elevate si innescano certi meccanismi di scala che abbattono i costi e permettono quindi di vendere nei mercati emergenti.
Non sta a noi discutere se questo sia vero o meno, fatto sta che Marchionne si è convinto di questo, ed andando a trattare coi sindacati ha posto loro il seguente dilemma: "Io se volete resto in Italia a produrre, ma voi assicuratemi che i lavoratori queste auto le produrranno davvero". E' un discorso normalissimo che in qualunque paese del mondo sarebbe scontato: un manager investe in una fabbrica e si attende che l'investimento renda. Se il manager scopre che i lavoratori si assentano un venerdì sì e l'altro no o che quando gioca la nazionale la catena di montaggio si interrompe, allora c'è un problema. E in FIAT infatti c'era questo problema.
Marchionne ha fatto un accordo più o meno discutibile coi sindacati che sono stati disposti a seguirlo sul terreno della produttività. Si può criticare qualche punto nello specifico, ma si tratta di condizioni che verrebbero accettate in ogni parte del mondo, dal Canada alla Serbia.

Un sindacato non ha accettato di discutere la cosa in termini di produttività. La FIOM ha deciso che invece la questione di base sono i diritti.
Ovviamente per rinforzare la cosa, si è messa a sbraitare di diritti "costituzionali", quando in realtà la costituzione non parla affatto di pause, turnazioni o altro: la Carta rimanda tutto al codice del lavoro.
FIOM, agendo come un partito e non come un sindacato che tuteli i propri iscritti, ha deciso che guadagnare di più lavorando di più è sbagliato (certo, più sei povero più sei sindacalizzato) e che combattere i fannulloni in fabbrica è un attentato alla costituzione (certo, i primi a prendere permesso sono i sindacalisti che per riunioni di mezz'ora saltano giornate intere a stipendio pieno).


Con queste premesse, FIAT si è trovata a fare da avanguardia per il rinnovo delle relazioni industriali coi sindacati ma anche con confindustria.
I sindacati li ha sconfitti sul territorio della legge: i sindacati infatti non hanno mai accetato di farsi registrare come prevederebbe la Costituzione (della serie: la costituzione ci piace solo quando fa comodo a noi!). Registrandosi infatti dovrebbero contarsi ed adottare uno statuto democratico.
Se si registrassero, ad esempio, si scoprirebbe che CGIL non ha i numeri che millanta di avere, e dandosi uno statuto democratico FIOM perderebbe il diritto di veto all'interno di CGIL.
Allora Marchionne che ha fatto? Non potendo trattare con dei sindacati che gli diano dei numeri certi (perché non si sa quanti sono davvero i loro iscritti) ha indetto un referendum tra i lavoratori: più democratico di così si muore.
Non solo. Ha messo alla porta i sindacati che non firmano l'accordo. CGIL che non ha firmato ha gridato al colpo di stato, dimenticando che è lo Statuto dei Lavoratori stesso a prevedere una cosa simile.
Al referendum FIOM-CGIL e COBAS hanno perso dimostrando di non rappresentare la maggioranza dei lavoratori.
Le relazioni industriali sono state stravolte e CGIL ha perso.
Ha cominciato FIAT perché, essendo la realtà industriale più grande, è quella in cui i problemi della produttività sono più accentuati. Ma state pur certi che adesso le PMI inizieranno ad adottare questo tipo di contratto senza problemi.
Questo, tra l'altro, avrà anche un altro benefico effetto: l'ingresso dei sindacati nelle piccole aziende a patto che firmino una piattaforma di accordo. Che è un modo di dire che d'ora in poi i sindacati potranno entrare in azienda per fare il sindacato e non per fare politica, e che il loro operato sarà difendere i lavoratori e non combattere aprioristicamente "il padrone".

Sicché Marchionne ha dato una spallata a FIOM e CGIL, ma ha messo in crisi anche Confindustria (è una cosa di cui non parla nessuno però).
La newco infatti sta fuori da Confindustria (!): solo uscendo da Confindustria Marchionne ha potuto porre il problema della produttività. Che è un modo di dire che Confindustria a sua volta, come CGIL, non tutela gli iscritti bensì mira solo a fare politica.
Ora la Marcegaglia deve trattare coi sindacati il rinnovo dei contratti, e lo farà da una posizione indebolita. Marcegaglia deve infatti parlare anche lei di produttività, sennò le PMI col cazzo che restano in Confindustria, passerebbero tutte al contratto FIAT.

Marchionne ha terremotato CGIL ed ha rivogato una tremenda patata bollente a Confindustria. Solo lui lo poteva fare.
Solo FIAT ha il "peso economico" per fottersene degli equilibri politici con sindacati e partiti. Solo FIAT ha il "peso economico" per fottersene degli equilibri politici all'interno di Confindustria.
E in questo, solo uno che viene da fuori, un italo-canadese che se ne fotte delle tradizioni italiane di assistenzialismo e accordi sottbanco poteva spingere FIAT a fare da apripista per una delle prime vere iniezioni di libero mercato in un paese che sta affondando e da cui gli investitori scappano.

*  *  *

Alla luce di tutto questo, la solita propaganda vetero-comunista (che va da FIOM a Micromega, per capirsi, passando da Littizzetto ad Hack) ha cambiato terreno di scontro.
Ha parlato di "diritti" e "costituzione", quando quel che ha fatto Marchionne non lede alcun diritto costituzionale.
Ha parlato di "ricatto". Come se da sempre le relazioni azienda-sindacati non seguissero la logica del ricatto. La differenza è che stavolta non sono stati i sindacati ad usare il ricatto dello sciopero generale bensì FIAT a porre una semplice questione: "o mi assicurate la produzione o ce ne andiamo in paesi dove ci sono sindacati che ce la assicurino".
In qualunque paese normale si sarebbe trovato un accordo senza passare dal referendum. Qua è stato necessario lo psicodramma perché qualcuno ha montato la cosa per fini politici quando la questione era meramente economica.
Si è detto che FIAT vuole delocalizzare e imporci le condizioni lavorative del Burundi. Peccato che semmai avrebbe esposrtato la produzione in Canada, paese notoriamente schiavista e sottosviluppato.
La realtà è che il paese schiavista e sottosviluppato è il nostro, perché è ancora oppresso da regole che hanno negato il lavoro ad una generazione garantendo al tempo stesso il pasto gratis a quelle precedenti.
La propaganda ha parlato di "ragioni del cuore e ragioni della mente": cazzate signori, tutte cazzate e pure ipocrite. Qua si parla di lavorare e produrre.
Se vi piace, se siete degli idealisti, se seguite il cuore e il cuore vi dice che stare in catena di montaggio è bello, allora perché non lo fate gratis? Aha. E allora fatela finita di raccontarci degli ideali.
Non c'è alcun ideale, c'è solo contrattazione tra esigenze diverse. Combattere per avere la pausa cesso di 15 minuti anziché di 10 non è un ideale, non si tratta di "ragioni del cuore", a meno che il cuore non ce l'abbiate particolarmente basso e cachi merda. Nel qual caso fatevi vedere da un cardiologo di quelli bravi.


venerdì 14 gennaio 2011

Italy's future at the stake

In questo momento stanno scrutinando le schede del futuro di questo paese.
Se vincono i SI al referendum di Marchionne, l'Italia potrà avere un futuro di sviluppo industriale.
Se vincono i NO sarà la prova provata che non si può produrre in questo paese.

mercoledì 12 gennaio 2011

Sabbatical as a way to do nothing and bring stillness to your life

Sulla Repubblica di ieri 11 gennaio, pagina 25, c'è un interessante articolo sull'anno sabbatico.

L'anno sabbatico in genere è un anno di pausa che possono prendere professori universitari o comunque professionisti avviati per studiare ed informarsi, per ricominciare poi l'anno dopo a rilavorare con idee nuove.
Un anno di formazione (un po' come i MBA fatti bene, rivolti a chi ha già esperienza lavorativa in quel settore) per farsi venire idee nuove, insomma.

Nel mondo accademico (quello serio, quindi non in quello italiano) ha parecchio senso: tipicamente attorno ai 22-30 anni hai le idee più nuove, perché sei fresco di studi e nel complesso durante il PhD hai un minimo di tempo per studiare e approfondire qualcosa da te.
Poi negli anni seguenti sfrutti fino all'ultima goccia le idee che hai avuto pubblicando tutto il pubblicabile, ma alla fine ti servono idee nuove perché quel che pubblicavi su Nature a 25 anni adesso è così di routine che non va neanche sul Corriere dei Piccoli. E allora un anno di stacco per studiare ha senso.

L'Italia è un paese fantastico, invece: l'80% degli studenti di scienza della comunicazione, il 70% degli studenti di legge e il 52% degli studenti di scienze politiche vorrebbe fare un anno sabbatico.
Non si sta parlando di professionisti, eh, ma di studenti!
Ci spiega la solita sociologa (tale Chiara Saraceno): "è una moratoria psicosociale prima delle responsabilità della vita adulta".
Tradotto per i profani: è un ulteriore anno di cazzeggio pagato da mamma e papi che dopo 5(+fuoricorso) anni di università regalano ai propri figli un altro anno per grattarsi.
Sì, c'è magari chi lo mette a frutto, chi si dà da fare, chi se lo ripaga da sé e bla bla bla, ma si tratta di tre gatti statisticamente irrilevanti.

La realtà è che in questo paese c'è poca voglia di lavorare.
Quel che è peggio, la voglia di lavorare decresce con l'aumentare del titolo di studio.

La scarsità di offerte di lavoro per laureati è solo una parte del fenomeno: non basta a spiegare questa totale e completa disaffezione dal lavoro da parte di chiunque c'abbia uno straccio di pezzo di carta in mano.
La realtà è che l'università è diventata un parcheggio sociale, così come le carceri sono una discarica: in un università stazionano per un numero indefinito di anni persone che con minimo sforzo possono avere ed avranno un titolo di studio che una volta era una ragionevole garanzia di possedere delle competenze.
Ora le competenze sono spezzettate in decine di esami senza senso e completamente non formativi.
Un eterno presente foraggiato dalla ricchezza delle famiglie che hanno deciso che la laurea è l'unico modo per assicurare ai figli un futuro radioso. Tutti vogliono avere il figlio dottore in qualcosa, nessuno vuole avere il figlio manovale. Tutti sono convinti che il proprio figlio sia speciale, particolarmente dotato, eccellente in almeno una disciplina strategica che gli assicurerà di diventare top manager di qualcosa entro i 30 anni. Certo, come no.

Cosa ancora più grave, intere generazioni sono state cresciute con l'idea che le competenze siano inutili nella società moderna (questo lo dicevano negli anni '80), nel terziario avanzato (questo alla fine degli anni '90), nel web2.0 (questo negli anni 2000) e così via.
La cosa è del tutto falsa, ovviamente (come se facebook non abbia dietro pianificazione e competenze), ma i profeti del cazzeggio sono ovunque e tutti promettono la medesima cosa: "fai soldi se sei buono a nulla, perché tanto tu sei speciale dentro".
I media hanno coltivato questa idea perché fa presa, è utile per il marketing di qualunque cosa, e l'hanno anche contestualmente diffusa.
Nessuno vuole essere brutto e grigio come Marchionne, sa di fatica, di studio, di responsabilità. Poi quei maglioncini... brrr. Vogliamo tutti essere strafighi e tutti speciali, ci piastriamo i capelli e sogniamo la Mini e tutte le sere all'aperitivo e poi a ballare. Gente così fa girare l'economia e consuma ben oltre quel che può davvero permettersi.

Nessuno nasce con la voglia di farsi il culo, se possibile chiunque preferirebbe la strada più semplice. Un paio di calci in bocca assestati bene dalla vita entro i 20 anni aiutano a realizzare che invece farsi il culo è l'unico modo per continuare a sperare di rimanere a galla.
Purtroppo la società del benessere questi calci in bocca non li assesta se non quando è troppo tardi (quando la mentalità delle persone è già formata) perché la ricchezza diffusa o (in Italia) quell'ammortizzatore sociale che sono i risparmi di famiglia sono sufficienti a far vivere i giovani in un eterno presente almeno fino ai 25-30 anni.
Superata tale soglia che si fa? Ma è logico: si cerca di perdurare nell'eterno presente! Finiti 5 anni di parcheggio in ateneo? Ma prendiamoci un bel sabbatico!
Al ritorno perché non una seconda laurea, magari in "organizzazione di eventi"? O un bel master in "stilismo della moda"? Figo, eh!

L'Occidente è da 20 anni che sta vivendo al di sopra delle proprie possibilità (l'Italia da più tempo) e per anni a molta gente ha fatto comodo così.
Il problema è che alla fine della fiera il conto da pagare per aver perso tempo ed aver buttato intere generazioni sarà salato.

domenica 9 gennaio 2011

Limes Transalutanus

Per me quelli di Limes si inquadrano in due categorie:

  1. quelli che per continuare a giocare a Risiko a 50 anni devono darsi un tono inventandosi nuove cartine su cui schierare le armate;
  2. quelli che erano stati rimandati in italiano e che per protesta inventano nuove espressioni (gerussia, afpak, "prisma africano", "impero sudafricano", "lusosfera") che capiscono solo loro.


Algiers nights

Quel che sta succedendo ad Algeri in questi primi giorni del 2011 è una interessante cartina di tornasole dei rapporti di forza tra società civile e governi autoritari del Maghreb. Così dicono i soliti intellettuali "progressisti".
Ma della cosa, a noi occidentali, onestamente non ce ne deve fregare un cazzo.

Quel che ci deve interessare invece è trovare le analogie (se ce ne sono) tra la situazione di Algeri e la nostra, per trarre insegnamento da quel che sta accadendo.
Due begli articoli sulla Stampa di Torino (1 & 2) secondo me danno bene il quadro della situazione.

Disoccupazione e pasto gratis: il problema (comune all'Algeria come all'Occidente intero) e la soluzione che le masse di nuovi morti di fame desiderano (perché è la soluzione, per loro, meno impegnativa), rispettivamente.

La realtà è che l'Algeria ha i medesimi problemi del'Italia: una gioventù cresciuta nella bambagia con la convinzione che avrebbe ereditato (come per magia) un avvenire migliore di quello dei propri genitori.
Una gioventù poco dinamica, poco imprenditoriale, poco preparata e che in generale non si pone mai il problema "cosa so fare per guadagnarmi il pane?", bensì si aspetta come per magia che sia lo stato a far calare dall'alto il pane per tutti.
Il pasto gratis insomma.

In Algeria nel senso letterale del termine. In Italia col posto fisso, preferenzialmente in una Pubblica Amministrazione così si è liberi di non fare un cazzo.

L'Algeria ha i medesimi problemi italiani ma più in grande: se da noi questa gioventù è minoranza e si limita a mettere una bomba carta sotto agli uffici della Lega Nord o a fare casino per la riforma Gelmini, in Algeria è una maggioranza tale da portare a vere e proprie rivolte ed assedi ai quartieri della gente civile.