venerdì 30 dicembre 2011

Speaking truth about default

In un mio precedente post (link) rimarcavo l'esigenza per il governo Monti di operare le misure indispensabili a salvarsi (cioé scongiurare il default) nonostante queste stesse misure possanno poi in un secondo momento risultare di ostacolo.
Per i mercati questo secondo momento è difatti già arrivato. Metabolizzata nel giro di un paio di giorni la manovra, il dito accusatore si è spostato dall'elevato debito in termini assoluti alla bassa crescita (ed a breve decrescita, del 2012, stando a tutte le previsioni) che potrebbe comunque rendere insostenibili i rapporti deficit/PIL e debito/PIL.

Quindi? Cosa se ne deve dedurre, che la manovra di Monti è già un fiasco?

In realtà no, ma per capirlo è necessario conoscere la differenza tra debito e deficit. Entrambi favoriscono l'approssimarsi della bancarotta, ma in modo differente.
In soldoni, il deficit misura quanto sono sostenibili i tuoi conti hic et nunc, il debito racchiude la storia degli errori fatti anche in precedenza. Il deficit (o il suo opposto, ovverosia l'avanzo primario) è lo squilibrio tra entrate ed uscite al netto degli interessi sul debito. Il deficit crea debito, e sul debito si pagano gli interessi, e se i tassi di interesse crescono velocemente il debito diventa insostenibile e non si riesce più a finaziarsi: bancarotta.

Già in passato ho evidenziato che la bancarotta raramente sopraggiunge per l'aver raggiunto un livello di debito esorbitante. Per dirne un paio, Argentina ed Irlanda hanno fatto bancarotta nell'ultimo decennio con debito pubblici attono al 60% del PIL. Quesllo italiano attualmente è al 120% e quello giapponese è oltre il 200% del PIL, eppure allo stato attuale né Italia né Giappone hanno fatto bancarotta.

La verità è che anche con un debito medio-basso si rischia il default se il deficit è alto: un deficit alto rende l'amministrazione pubblica sempre più dipendente dai prestiti, e questo genera sospetto sulla capacità di lungo periodo di far fronte ai propri debiti.
Praticamente tutte le nazioni che nel corso della storia hanno fatto bancarotta, la hanno fatta arrivandoci con deficit altissimi e fuori controllo.

Per questo Monti fa bene a fare tutto il possibile per ridurre il deficit, perché già facendo questo si rende più improbabile la bancarotta.
Certo, è possibile che questo non possa bastare, perché anche in presenza di avanzo primario gli interessi sul debito italiano sono tali da poter obbligare il governo a fare nuovo debito per ripagare gli interessi sul debito preesistente. E' una possibilità, non si può negare.
Ma anche in questo caso è bene abbassare il debito, anzi, forse ne è la ragione principale.

Immaginiamo per un attimo lo scenario della bancarotta tipica: abbiamo un governo che non riesce a pagare gli interessi, e che non ha soldi in cassa per mandare avanti la machina pubblica senza chiedere in prestito altri soldi; soldi però che nessuno vorrà prestare perché, se non ti riesce di pagari i tuoi debiti oggi, figurarsi domani...
Ecco, azzerando il deficit questo scenario (tipico di quasi tutte le bancarotte viste fino ad oggi) non si avvererà. Perché se l'Italia azzera il suo deficit, anche se non riuscisse più a far fronte agli interessi sul suo debito, potrà comunque andare avanti da sola senza bisogno di rifinanziarsi. Se alla fine il bilanco tra entrate ed uscite (al netto degli interessi sul debito) è in pareggio, la bancarotta significa che domattina avremo ancora la macchina pubblica in funzione anche nel caso della bancarotta.

Non solo il deficit è una delle cause primarie della bancarotta, ma è anche ciò che, in caso di bancarotta conclamata, la rende ancora peggiore di quel che potrebbe essere.
Per questo è necessario arrivare al pareggio di bilancio il prima possibile. Chi non lo capisce non solo rende più probabile il nostro default, ma lo renderà anche più doloroso.

lunedì 12 dicembre 2011

Dialettica

Da sinistra mi è stato fatto di recente notare che "la realtà è dialettica" (in senso hegeliano). In un certo senso è vero: la realtà è dialettica per i sinistri, perché io credere ciò permette alle loro testoline di avere maggiore libertà di azione negando via via le varie parti della realtà che non vanno loro a genio.
Se ne hanno esempi a vari livelli, dal quotidiano alla geopolitica.

L'uso che si fa da sinistra della dialettica serve generalmente a due scopi: masturbare il proprio ego e schermarsi dai propri fallimenti.


Schermarsi dai propri fallimenti

Il secondo punto è il meno interessante, ma è il più semplice e lo affronto per primo:
  1. ho fallito nella vita;
  2. ma la realtà ("il sistema") fa schifo ed è ingiusto;
  3. eureka! quindi io sono tra i falliti, ok, ma solo per colpa delle ingiustizie intriseche della società.
E' ovviamente un uso disadattivo della dialettica, perché le condizioni ambientali erano note dall'inizio. Chi vuole andare controcorrente negando quelle condizioni ambientali e poi sorprendendosi che le cose gli siano andate male è un disadattato, un poveretto che sta male e deve nascondere a se stesso le proprie frustrazioni.
Peggio ancora, è anche un ipocrita, perché se oggi vuoi essere davvero controcorrente o ti fai missionario in uganda dove aver donato tutti i tuoi beni in beneficienza. Questi qua invece cercano comunque di cavarsela giocando allo stesso gioco di tutti gli altri (ma perdendo).
Disadattati, ipocriti, e perdenti: il peggio del peggio.

La discussione originaria ruotava attorno ad un volantino degli SS (=Studenti di Sinistra) che stigmatizzava la finanziaria-Monti perché penalizzava i consumi. Al che io feci notare che da 17 anni la sinistra si scaglia contro il consumismo, associandolo a Berlusconi ed a Mediaset (che per un sinistro sono il evil incarnate, ricordiamolo): "ebbene, ora si tira la cinghia, non è quel che volevate?".
"No" - fanno loro - "perché la realtà è dialettica". "Ah!"

Stronzate ragazzi: voi siete per la società dei consumi, ma contro i consumi degli altri. Volete che tutti siano degli sfigati/snob/radical-chic come voi. Non vi piacete e invidiate i comportamenti degli altri: per risolvere la situazione, tutti devono diventare come voi.
La realtà non è dialettica, siete voi che siete ipocriti e pieni di invidia: avete dato contro alla società dei consumi per 17 anni, ed ora che sta per andare a puttane per direttissima la rimpiangete.
Il che ci porta al punto centrale...



Masturbare il proprio ego

Acclarato che il sinistro è un rancoroso pieno di invidia, egli ambisce a masturbare il suo ego.
Il sinistro non sta tanto bene con se stesso, allora deve autoesaltarsi per qualche cosa e svilire l'operato altrui.
Il sinistro è al centro del mondo, nulla lo scuote da questa convinzione, e per estensione, ogni cosa dipende dalle azioni sue o di chi gli sta attorno.

Si arriva così a delle situazioni paradossali, come si è visto di recente a Milano: a Milano il sindaco comunista ha deciso che l'inquinamento si risolve mandando a casa le macchine. Per lui, infatti, l'inquinamento è causato da scelte individuali sbagliate, e coi blocchi del traffico mira a rieducare i concittadini per far abbassare l'inquinamento.
Peccato però che l'inquinamento non cooperi affatto (link). Cosa ci dice questo? Che sull'inquinamento agiscono altri fattori che sono o non antropici, o antropici ma non riducibili. In entrambi i casi si tratta di fattori su cui Pisapia non ha alcun controllo.
Ma a Pisapia, ed ai sinistri come lui, piace convincersi di avere controllo, piace convincersi che "tutto ruota intorno a te", come nella pubblicità dei telefonini. In un certo senso, sono le prime vittime della società dei consumi, visto che sono gli unici a credere di essere, come in una pubblicità i "masters of the universe".
Il negare la realtà (o meglio, l'imbrigliarla nel ruolo di antitesi dialettica anziché di pilastro di ogni possibile ragionamento) permette loro di credere che l'universo dipenda dalle loro puerili scelte.
Potremmo dire la medesima cosa del riscaldamento globale, al riguardo del quale non sussiste alcuna ragionevole prova che le attività umane stiano cambiando la temperatura del mondo (e già cosa significhi questo non si sa, ma vabbe') in modo inusuale per i normale cicli della Terra.

Questo credersi i signori del mondo li appaga: del resto, quando uno è insoddisfatto di sé, cerca occasioni di riscatto. Loro cercano occasioni di riscatto su larga scala (città, pianeta) perché amano combattere per battaglie ideali, così ideali che sono sconnesse dalla realtà.
Ovviamente questo, inutile negarlo, è disadattivo.
Un paziente di mia madre, rinchiuso in ospedale psichiatrico criminale, uccise l'intera famiglia sventrando moglie e figli. Dopo un atto simile, uno cosa fa, si suicida? Be', lui no, non si è suicidato: ha passato il suo tempo in manicomio per elaborare una sua teoria "ecologica" in base alla quale tutta la crosta terrestre deve essere completamente "dissodata" per rinnovarla e eliminare le "tossine" dal mondo ("teoria del manto terra", la chiamava). Vedete come funziona il suo cervellino?
L'ha fatta grossa e sa di averla fatta grossa, e per continuare ad andare avanti come se nulla fosse si reinventa salvatore dell'umanità: il massimo del disadattamento.

Ovviamente i sinistri non sono così disadattati, principalmente perché non si tratta di persone che possono scendere così in basso da trucidare moglie e figli. Ma la logica che sottende i loro (s)ragionamenti è identica a quella del malato mentale rinchiuso in cella.

Anzi, per la verità è un pelino più raffinata: perché essendo al contempo mossi dall'invidia, i sinistri aggiungono un ingrediente alla loro visione delle cose. Loro ci aggiungono "il colpevole".
La possibilità di individuare comportamenti e persone da colpevolizzare (antitesi) li assolve da ogni possibile responsabilità (fungendo da catalizzatore di "sintesi" hegeliana). Così all'improvviso chi a Milano prende la macchina diventa un "colpevole", un untore, uno cui dovrebbero togliere la custodia dei figli. Essendo il popolo di sinistra costituito per lo più da studenti, pensionati e statali, cioè comunque persone con un concetto molto flessibile ed elastico della parola "orario", è chiaro che per loro un blocco del traffico è qualcosa di pienamente gestibile.
I sinistri vogliono quindi che l'autorità pubblica cambi (per le loro puerili ragioni) le regole del gioco rendendo competitivamente più svantaggiate le persone diverse da loro.


La tattica del sinistro è quindi raffinata e mira ad ottenere cose tra loro interconnesse (esaltare se stessi, criminalizzare gli altri, schermarsi dai fallimenti), ma la sua strategia resta perdente.
Perdente perché nel lungo periodo il sinistro resta un infelice. Più è infelice e più si dissocia da mondo, e più lo fa più dovrà raccontarsela grossa la prossima volta per negare la spiacevole realtà.
Il sinistro ha perso prima di cominciare la battaglia più importante, quella con se stessi.

martedì 6 dicembre 2011

Giocare d'azzardo

Obama in politica estera è un giocatore d'azzardo. Questo può fare paura ad alcuni, me incluso, perché i giocatori d'azzardo quando perdono tendono poi a rialzare la posta per rifarsi delle perdite. Ma d'altra parte, se un giocatore d'azzardo vince non si può che decantarne le lodi.

Su Obama, allo stato attuale, non me la sento di sbilanciarmi in alcuno dei due giudizi. Solo che gli piace rischiare.
Certo, rischiando ha ottenuto alcuni successi, è innegabile. Ordinando l'attacco al "compound" di Abbottabad ha fatto uccidere Bin Laden. Ha condotto con successo una guerra in Libia col minimo dispendio di forze, al punto che mesi fa su questo blog prlavo di serio rischio di sconfitta militare.
Obama si è accollato alcuni rischi ed ha vinto, indubbiamente.
D'altra parte, però, si tratta solo di vittorie tattiche e non strategiche.

E per Obama non può che essere così, poiché Obama non ha una strategia complessiva per il Medio Oriente. Non sa veramente cosa fare, come gestire quella regione nel lungo periodo, sa come gestire le singole emergenze (con una significativa eccezione di cui parlerò a breve).
Nel 2009, mai scordarlo, Obama si presentò al Cairo per tessere le lodi di leader "saggi e moderati" come Mubarak. Lo stesso Mubarak che ora è trascinato in catene in un'aula di tribunale in attesa di una probabilissima condanna a morte.
La visione d'insieme di Obama, insomma, o non c'è ho è andata completamente a puttane dopo appena due anni dal suo insediamento, il che ai fini pratici è esattamente la stessa cosa.

Allo stesso modo, vincere in Libia per il rotto della cuffia è solo una vittoria tattica: hai rovesciato Gheddafi che era la merda del mondo, ok, ma se non hai modo di insediare dopo un governo che non sia anti-occidentale è completamente inutile.
La vittoria o comunque la rivincita degli islamisti in Libia, Tunisia ed Egitto è un problema strategico e l'Occidente, di cui Obama è comunque alla guida, deve trovare una risposta strategica a questo problema. e vincere singoli confronti (anche militari, come nel caso libico) non è la risposta adeguata.

C'è poi un problema che è sia tattico che strategico, e si chiama Iran. L'Iran sta puntando ad un confronto diretta con l'unica democrazia liberale della regione (Israele) e pone quindi sia il problema di come contenere l'Iran adesso, sia di come affrontare l'Iran nel lungo periodo.
La risposta di Obama a questo problema è stata finora del tutto insufficiente: siamo davanti a rapportui dell'AIEA che mostrano come sia inequivocabile che l'Iran si stia dotando di armi atomiche, in totale disprezzo ai trattati che l'Iran stesso ha sottoscritto. C'è materiale a sufficienza per giustificare qualunque genere di intervento, nel caso limite anche di usare la bomba, visto che l'Iran minaccia un giorno sì e l'altro pure di cancellare dalla faccia della terra 3 milioni di ebrei (ed i 4 milioni di palestinesi lì attorno, visto che le armi atomiche non faranno distinzioni etniche quando pioveranno dal cielo).

Obama, cui piacce giocare d'azzardo, si trova quindi davanti ad una scelta che non è opportuno rimandare, visto che ogni giorno che passa l'Iran è sempre più vicino alla bomba atomica.

Questa totale inazione americana, tra l'altro, sta facendo venire dei dubbi alla (pessima) leadership israeliana: "ma stai a vedere che Obama in realtà vuole creare un mini-equilibrio del terrore tra Iran ed Israele proprio come quello tra Pakistan ed India?".
E' un dubbio che sta venendo a molta gente, e che da una parte chiuderebbe la questione iraniana, perlomeno a livello tattico (nessun attacco sarebbe più possibile), sacrificando però il destino dell'unica democrazia liberale della regione.
Se la scelta di Obama sarà veramente questa, c'è da sperare che arrivi presto un nuovo inquilino alla casa bianca.

lunedì 5 dicembre 2011

Il dilemma dell'isola deserta

Il dilemma dell'isola deserta funziona così: la vostra nave ha fatto naufragio, siete da soli su un'siola sperduta, avete dell'acqua ma non avete niente da mangiare.
State morendo di fame, e trovate infine una noce di cocco.
Ora, se vi prendeste cura della noce di cocco potreste sperare che divenga una palma e possa sfamarvi in futuro. Ma voi state morendo di fame ora, ed è improbabile che riusciate a sopravvivere quel tanto che basta per godere dei frutti della futura palma.

Quindi cosa fate? Pensate al presente e decidete di magiare la noce di cocco subito, sperando che vi dia energie quel tanto che basta perché qualcuno, da fuori, venga a salvarvi?
Oppure correte il rischio di morire di fame per rendere però più sostenibile nel lungo periodo la vostra permanenza sull'isola, nell'ipotesi che tanto nessuno verrà a cercarvi?

Bene, le polemiche attorno alla manovra finanziaria del neonato governo Monti ruotano attorno a questo dilemma ed alle scelte che comporta.

C'è chi accusa Monti di non avere visione strategica, ovverosia di lungo periodo, e di stare solo pensando a non fare affondare la barca senza badare a dove sta andando.
Questo genere di critica ha un nocciolo di verità: le misure di Monti sono cicliche, quindi, in questo caso, depressive per l'economia. Non stimoleranno la crescita economica, anzi, la penalizzeranno.
Su questo blog mi capitò mesi fa di dire che il debito pubblico non si taglia tanto (o non solo) con i tagli alla spesa, quanto con gli stimoli alla crescita.
Per cui capisco benissimo questo genere di critiche.
Ma c'è un "ma".
Quando scrivevo quelle cose, non eravamo ancora al dilemma dell'isola deserta, ovverosia non eravamo ancora sull'orlo della morte per fame.
Addebitare a Monti la scarsa propensione allo sviluppo è ingeneroso: Monti, proprio come il naufrago del dilemma, non ha alcun margine di manovra in queste condizioni. Può solo mangiare la noce di cocco, anche se questo nel lungo periodo non farà che peggiorare la sua situazione.
Ma se non lo fa, non ci sarà nessun lungo periodo.
Quando scrivevo che bisognava stimolare la crescita, il governo allora in carica (il Berlusconi IV, con Silvio all'apice della sua popolarità) aveva ampio margine di manovra per agire: se sei pieno di provviste, puoi permetterti di rinunciare ad una noce di cocco oggi per far crescere una palma domani. Berlusconi poteva, quando ha trovato un debito pubblico al 105% del PIL, puntare su riforme anticicliche che favorissero lo sviluppo. Non lo ha fatto, ha preferito sperperare soldi pubblici in ammortizzatori sociali, i quali hanno spinto il nostro debito ai livelli insostenibili di oggi e che ora semplicemente sono insostenibili.
Ha sprecato tempo quando la situazione offriva margini di pianificazione a più lunga scadenza, ed ora Monti si trova a gestire una situazione da "morte imminente" bersagliato di critiche di gente che lo accusa di non avere una visione strategica delle cose.

Chi muove queste accuse, dovrebbe capire che la strategia si fa da vivi, quando sei morto potevi essere pure un novello Napoleone, ma resti morto.