lunedì 9 agosto 2010

Panebianco e la "democrazia plebiscitaria"

Angelo Panebianco in un editoriale sul Corriere della Sera (link) analizza lo scontro politico degli ultimi 20 anni come una lotta tra tre idee di democrazia:
  1. la "democrazia plebiscitaria" incarnata da Berlusconi sulla scia di De Gaulle;
  2. la "democrazia acefala" voluta dal centro-sinistra e dai custodi della "tradizione" (secondo Panebianco: intellettuali e magistratura);
  3. la "democrazia federalista" voluta dalla Lega.
Come sempre questi discorsi fumosi appaiono molto sensati fino a quando non ci si mette un attimo a pensare e si va a vedere se questi giudizi hanno davvero una corrispondenza con i fatti, che sono l'unica cosa che conta.
Hanno corrispondenza coi fatti?
A parer mio no, e vediamo perché.

Che Berlusconi avesse in mente un rafforzamento dei poteri dell'esecutivo è un falso: ne ha avute svariate occasioni, non ultima la famosa Bicamerale di D'Alema, e le ha volutamente fatte fallire tutte (perché in quel momento al governo non c'era lui).
La realtà è che Berlusconi non ha alcun interesse al presidenzialismo di per sé.
Di volta in volta ha cambiato opinione in modo da adattarsi al suo proprio successo elettorale: ad esempio, dalle elezioni che ha vinto nel 2008 fino ad oggi, con 100 onorevoli di maggioranza parlamentare, il tema del presidenzialismo è stato bandito. Perché questo? Ma è semplice: perché Berlusconi con una maggioranza parlamentare così schiacciante non ha più avuto bisogno di rafforzare l'esecutivo, cioè sé stesso.
Tutta l'azione di Berlusconi è volta a garantire potere per sé, non per la carica che rappresenta.
Quando il generale De Gaulle divenne Presidente di Francia volle rafforzare i propri poteri esecutivi davanti alla manifesta incapacità del sistema parlamentarista della Quarta Repubblica di risolvere la questione algerina. E lasciò la politica a metà del II mandato, nel '68, dopo una schiacciante investitura popolare (che Berlusconi, in Italia, non ha mai avuto).
Questo marca la differenza tra uno statista (che lascia una eredità politica alla sua nazione) ed un approfittatore (che prende quel che può lasciando il vuoto dopo di sé).

Altrettanto vacui mi sembrano le questioni sulla "democrazia federalista": la Lega Nord è stata al potere, finora, per grosso modo 10 anni, e quel che ha saputo partorire è giusto una legge sul federalismo fiscale, una legge ordinaria che qualunque futura legislatura potrà abrogare con una semplice votazione a maggioranza.
Decisamente poco per salvaguardare gli "interessi del Nord": la realtà è che la Lega Nord non ha alcun interesse nel federalismo vero e proprio, perché se venisse realizzato diventerebbe manifesto il vuoto di idee di quel partito.

Ed anche identificare il centro-sinistra con l'araldo della "democrazia acefala" è abbastanza discutibile: chi se non D'Alema era favorevole al premierato? E chi ha azzoppato quella riforma se non Berlusconi?

Il cantastorie Panebianco racconta una fantasia che diverge dalla realtà, come i fumetti di supereroi.

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