martedì 21 giugno 2011

Pride and Prejudice

Riscopriamo il valore del pregiudizio!
O meglio, discutiamo del perché esiste.

Il pregiudizio è un tentativo di anticipare una realtà che incombe. A che scopo anticiparla? Per precauzione, per sopravvivenza. Il pregiudizio nasce semplicemente da questo: prevedere una eventualità per cautelarsi.
Capita in questi giorni che sia Repubblica che il blog di Uriel Fanelli trattino (a modo loro) di pregiudizi, più o meno discriminatori.
Uriel Fanelli calca la mano col concetto di "responsabilità collettiva". La Repubblica coi soliti piagnistei benpensanti.
Entrambe le posizioni mi paiono inadeguate ad un contesto sociale.

Le colpe collettive di per sé non esistono: la legge dice chiaramente che la responsabilità è individuale. Uno come Uriel Fanelli, che si lamenta delle leggi non scritte ("leggi nere") che hanno oppresso la sua vita in Italia, dovrebbe essere il primo a non ricorrere a queste misure sommarie da tribunale sovietico.

La Repubblica, d'altra parte, nega le ragioni che stanno dietro al pregiudizio, bollandolo semplicemente come becero razzismo.
La realtà è che può benissimo non essere così.

Ognuno prende decisioni basate sulla propria conoscenza ed esperienza.
La conoscenza si fa e si disfa a seconda delle letture e delle opinioni che mutano. Le esperienze invece non cambiano, semmai si accumulano, ma il nostro passato non può essere cancellato.
Entrambe le cose concorrono a prendere delle precauzioni quando ci si trova davanti a situazioni di pericolo. Quanto pericolo? Be', anche minimale.
Quando è in gioco un rischio personale, nessuno ama correre rischi. Ci va bene correre il rischio più basso possibile, ma non ci sta bene correrne uno maggiore senza motivo.

Da qui casi di apparente discriminazione che altro non sono che l'applicazione del principio di cautela.
I Napoletani ignoranti/incompetenti/farabutti potranno anche essere uno sputo percento della popolazione di Napoli.
Ma Napoli e la sua gente si sono fatti comunque una certa fama.
Di Napoli si è parlato, di esperienze con Napoletani ne hanno avute tutti, e ciascuno ha tratto i propri pregiudizi.
Anche se fosse dimostrato che la stragrande maggioranza dei Napoletani è "perbene", è chiaro che nessuno desidera assumersi un rischio maggiore del minimo possibile assumendo un Napoletano al posto di, chessò io, un Bergamasco.
Chi glielo fa fare?
Per fare contenti i benpensanti? No davvero.
E' il pregiudizio all'opera: viene fatta una previsione e si agisce per minimizzare il rischio.

Ma se fosse dimostrato e dimostrabile che la previsione fatta in base al pregiudizio fosse sbagliata?
Non importa.

Questo è il punto fondamentale, che Uriel Fanelli centra e Repubblica omette.
Non importa affatto che la previsione sia giusta.
Basta che metta al riparo da rischi inutili.
La previsione pregiudizievole potrà pure essere falsa nel 90% dei casi e vera solo nel 10%, ma nessuno ha voglia di rischiare neppure quel 10%.
Ed è inutile nascondersi dietro un dito, perché così facciamo tutti. Lo facciamo perché è un comportamento che massimizza le possibilità di sopravvivenza.
Quando attraversiamo sulle strisce sappiamo che le auto ci devono dare la precedenza e che nella maggioranza dei casi ci verrà data. Ma non so voi, io non mi ci butto a corpo morto, perché voglio minimizzare il rischio di finire morto (per l'appunto). Io controllo prima di attraversare. E' un pregiudizio? Certo! Finalizzato a massimizzare le possibilità di sopravvivenza.

Perché quando siamo in gioco noi, nessun rischio è accettabile se non il rischio minore possibile.

It's just one ride, man.

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