domenica 3 aprile 2011

Deliri di onnipotenza

Settimane fa ero da un mio amico a cazzeggiare, quando irrompe il padre (ricercatore di Lettere nel più elitario ateneo italiano) che ci annuncia: "il Fatto Quotidiano titola: Siamo in Guerra!".
Ne nacque una discussione sulla guerra in Libia.
Io feci cortesemente notare che senza un intervento terrestre i semplici bombardamenti avrebbero potuto non bastare a cacciare Mr. Gheddafi dalla sua poltrona.
Lui (il prototipo dell'intellettuale di sinistra, molti ideali e pochi fatti concreti) rispose che la superiore potenza bellica dell'Occidente sarebbe bastata: era contrario all'intervento, ma si aspettava che i missili ed i raid dell'uomo bianco bastassero a sbaragliare quattro beduini ed il loro ridicolo leader.

Bene, due settimane e svariati raid dopo direi che siamo esattamente al punto di partenza.
Misurata è ancora contesa, il golfo della Sirte pure e anche la posizione di Bengasi è abbastanza precaria.
Quale lezione si deve trarre da questo?
  1. L'Occidente non è onnipotente.
    Questo, per la verità, lo si doveva capire già dall'esito delle missioni americane in Somalia, Afghanistan e Iraq. Ma ad alcuni di noi fa comodo negarlo, perché in questo modo ogni colpa può essere addossata all'onnipotente imperialismo americano.
  2. Per vincere una guerra la si deve voler vincere.
    Il che significa che per vincere una guerra ci deve essere la volontà politica di impegnarsi a fondo per portarla a termine in modo vittorioso.
    Credere che i raid aerei da soli facciano vincere conflitti asimmetrici come quelli che combatte l'Occidente da 20 anni a questa parte è pura utopia. I conflitti si devono combattere anche a terra per essere vinti.
    E combattere a terra non significa mandare un corpo di spedizione di 5000 marines di professione a fare il lavoro sporco, significa mandarcene centianaia di migliaia e se serve ripristinare anche il servizio di leva. Significa impegnare tutte le risorse dello stato per vincere il conflitto.
  3. Credere il contrario, paradossalmente, significa credere che Francia, Regno Unito e USA oggi possano mettere in atto le stesse politiche coloniali viste nell'800.
    Be', come dire, la situazione è cambiata e se secoli fa un corpo di spedizione di qualche migliaio di uomini bianchi bastava a soggiogare mezza Africa oggi basta a stento a riprendersi Falluja.
    In questo senso, il mondo oggi è molto meno "razzista" di quanto lo fosse secoli fa.
  4. Voler vincere una guerra significa anche violare le ridicole risoluzioni ONU che sulla carta limiterebbero questo e quello.
    Diciamocelo: all'ONU siedono le dittature accanto alle democrazie. Per quale motivo uno stato democratico debba vedere la sua sovranità (incluso il diritto di muovere guerra) limitata dal voto di una autocrazia nessuno può dirlo, in punta di diritto. E in consiglio di sicurezza hanno diritto di veto Cina e Russia, che quanto a repressione dei diritti umani (e conseguente violazione della carta dell'ONU) non sono seconde a nessuno.
    Del resto, già in passato inteventi "illegali" dal punto di vista dell'ONU sono stati "autorizzati" ex-post da un nuovo voto del consiglio di sicurezza che prendesse atto della "situazione di fatto". Non sarebbe una novità.
  5. Voler vincere una guerra significa che tutti gli alleati intendono raggiungere quello scopo.
    Mettere di mezzo la NATO (che ha la Turchia e la Germania tra i suoi membri) significa lanciare il sasso, ritirare la mano e lasciare che vada tutto nella mani di gente che la guerra non la vuole combattere e farà di tutto per sabotarla.
  6. Quali sono le conseguenze di fare una guerra che non si vuole combattere? Che il medico pietoso fa la piaga puzzolente. Ci saranno più morti civili di un intervento a metà che di un intervento deciso. Ma alcuni governi se ne lavano le mani.

1 commento:

  1. Note added in proof:

    http://www.repubblica.it/esteri/2011/04/07/news/libia_risorse-14646107/

    ROMA - "Gli Stati Uniti hanno ritirato dalle operazioni in Libia quasi 100 aerei: qualcuno dovrà sostituirli, altrimenti questa guerra si perde di sicuro". Un militare coinvolto nella pianificazione della guerra in Libia parla con freddezza del bilancio di queste prime settimane di operazioni aeree della Nato: e soprattutto conferma che dall'altro ieri SHAPE, il comando militare supremo della Nato, ha chiesto a tutti i paesi dell'Alleanza di offrire più risorse per fermare l'avanzata delle truppe di terra di Gheddafi verso la Cirenaica e verso Bengasi.



    Finalmente si inizia a dire la verità e parlare di sconfitta.

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