domenica 24 ottobre 2010

L'imbarazzante silenzio dei sindacati

Anche i quotidiani di area catto-eco-comunista si stanno rendendo conto che i giovani precari di oggi (che saranno i vecchi di domani) non avranno pensione (link).
Nello specifico, se andiamo a vedere i numeri, si parla grosso modo di pensioni comprese tra i 5000 e gli 8000€ l'anno per gente che abbia lavorato 12 mesi l'anno (niente ferie ovviamente, un co.co.pro. non ne ha diritto) per almeno 40 anni [*]. Cioè meno di quello che è oggi la pensione sociale erogata a chi non ha mai mosso un dito in vita sua per lavorare.

Ed anche i quotidiani d'area non capiscono bene perché il sindacato, che non fa che sfilare e protestare e minacciare in difesa della classe operaia più fannullona del continente, taccia davanti a questa macelleria sociale che si sta delineando.

Che questi quotidiani (e tutta l'accozzaglia intellettuale che si trascinano dietro) non capiscano è evidente: la loro ideologia impedisce di vedere la semplice realtà dei fatti.
Noi che, si spera, non siamo affetti da nessuna fede o ideologia, possiamo invece dare una spiegazione molto razionale del fenomeno.
  • I sindacati hanno avallato tutto questo già ai tempi della riforma del lavoro di Treu.
    Il mercato del lavoro in quegli anni (1996-1998) era al collasso e le soluzioni erano due: o liberalizzarlo in qualche misura per tutti oppure garantire il posto fisso ai vecchi e scaricare tutti gli oneri sui giovani.
    "La seconda che hai detto" è stata la risposta del mitico trio CGIL-CISl-UIL.
    I sindacati hanno venduto il futuro (lavorativo) dei giovani per salvaguardare i privilegi dei vecchi.
Il perché di questa scelta è ovvio: i sindacati, come vado ripetendo da svariati post, non sono affatto i difensori "dei lavoratori". Assolutamente no.
I sindacati difendono i lavoratori iscritti al sindacato. E stop.
I sindacati amano ammantarsi di un'autorità che non hanno, ovverosia quella di rappresentare tutti coloro che "faticano", ma non è affatto così.
Quindi non ci dobbiamo stupire se essi hanno sottoscritto accordi per salvaguardare i propri iscritti svendendo il futuro dei giovani che, in quanto ai margini del mercato del lavoro, non sono iscritti.

Inoltre il precariato riguarda più di tutti i laureati, gente con un minimo di cultura in più della media (solo un minimo, eh, ma basta quello a fare la differenza) e che tendenzialmente non amma accontentarsi: tutta gente che in quanto più istruita e consapevole crea problemi a tutti, sindacati inclusi [**].

Certo, nel lungo periodo questa si rivelerà anche per i sindacati stessi una scelta miope: difendendo il passato a discapito del futuro hanno posto le basi per un crollo di iscrizioni.
Ma si tratta di un futuro remoto e la dirigenza sindacale, fatta per lo più da funzionari interessati a salvaguardare i propri interessi personali, non ha certo interesse nel futuro degli altri.

Ovviamente la sinistra catto-eco-comunista non ha nessuno strumento culturale per capacitarsi di questo, perché uno dei dogmi incrollabili della fede post '68 è che la CGIL è infallibile (un po' come il Vescovo di Roma per i cattolici).

Sicuramente questa sinistra radical-chic e con la erre moscia impiegherà svariati anni a dibattere ancora del problema nei suoi "salotti buoni", quando la soluzione più semplice e che spiega più cose (quindi, in base al rasoio di Occam, quella più aderente alla realtà) è chiaramente al di là della sua prospettiva culturale.

La speranza è che questa gente, se proprio vuole riempire le piazze, continui a non essere rappresentata a livello legislativo.



* Ovviamente supporre che un "precario a vita" riesca sempre a lavorare in modo continuativo per 35-40 anni è pura utopia. Vorrebbe dire che appena scade un contratto o un progetto immediatamente ne trova un altro, del tutto irrealistico visto che la disoccupazione giovanile è oltre il 25%.
Quindi le pensioni in realtà saranno ancora più basse.


** Non può sfuggire ormai la correlazione che c'è tra istruzione e bassa sindacalizzazione.
Del resto il sindacato da tempo trae forza da povertà, miseria e ignoranza, esattamente come la Chiesa Cattolica.

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